Come in un «romanzo» di pietra

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Come in un «romanzo» di pietra

COVRI (VERTENEGLIO) | Una storia affascinante sembra avvolgere in questi giorni la piccola località di Covri, nei pressi di Verteneglio. Un ambiente incontaminato, in cui si ha l’occasione di imbattersi in innumerevoli tracce del passato, lasciate dall’uomo durante i secoli, riscoprendo quelle sensazioni genuine ormai dimenticate, vero e proprio tonico contro lo stress della vita moderna e luogo ideale per ricreare e rinvigorire il corpo e lo spirito.

Pestilenze e colonizzazioni

Il più antico riferimento documentario della località risale al 1234 e si presenta in un atto di confinazione tra i territori di Cittanova e S. Giorgio, castello medievale alla foce del Quieto. Nella seconda metà del XVI secolo Verteneglio faceva parte delle parrocchie soggette a Cittanova, diventata poi autonoma il 27 gennaio 1580 con la visita apostolica del vescovo Agostino Valier. Come si legge negli atti d’archivio (1630-1631), anche questa, come le altre località istriane, ebbe a soffrire un’ulteriore epidemia. Strettamente legato alla peste è il problema della colonizzazione intrapreso dalla Repubblica di Venezia per ridare vita all’agricoltura e all’economia in generale, in quanto decimò la popolazione del luogo riducendola da 587 a 326 abitanti.

I nuovi coloni

La Serenissima fa insediare nella zona nuovi coloni, che arrivano dalla Dalmazia e dal Montenegro. Sono i Barnabà, i Da Lesina (Delesina), i Doz e i Covra. Quest’ultimi, con il loro arrivo da Curzola, che li vide approdare nel piccolo porto di Carigador, diedero vita alla località di Covri. Una famiglia nobile e benestante, che una volta insediatasi diede vita a ben dieci generazioni. Proprietari di diversi terreni, tra i quali anche quello dove oggi si trova il camposanto, donato poi al Comune con la condizione di essere sepolto lì. Difatti, le ossa dell’antenato Covra, che cedette il terreno anche per la costruzione della chiesetta, si trovano nella cripta posta all’interno di essa.

La prosperità, poi il deserto…

Vissero in prosperità, con ben venti ettari di terreno fertile, numerosi capi di bestiame e una grande villa. Tutto questo fino al Trattato di Pace del 1947 dove l’Italia perse vasti territori dell’Istria e della fascia costiera, e circa 300mila persone scelsero, davanti a una situazione dolorosa e complessa, di lasciare le loro terre natali destinate a non essere più italiane. Non è difficile immaginare quale fosse il loro stato d’animo, con quale e quanta sofferenza intere famiglie impacchettarono le loro cose lasciandosi alle spalle le case, le città, le radici. Davanti a loro difficoltà, paura, insicurezza, e tanta nostalgia dovendo abbandonare lavoro, casa, tombe, amicizie, ricordi per andare verso l’ignoto con i propri cari affrontando l’esodo con determinazione fredda e responsabile, determinazione nata da una esigenza di sopravvivenza, di libertà, un bisogno di continuare a vivere nello spirito della civiltà latina, di praticare la religione dei padri, di educare i figli nelle tradizioni venete, un onesto e generoso amor di Patria. In poco tempo la gente scappò, spopolò i paesi, abbandonò le coltivazioni. All’improvviso i paesi si ritrovarono deserti, senza più abitanti, senza più nessuno che esercitasse i mestieri, facesse il pane o il barbiere, senza più nessuno che coltivasse i campi.

«Di chi sarà adesso?»

Anche i Covra se ne andarono, quasi in punta di piedi. Oggi abbiamo conosciuto il figlio Tullio Covra che ricorda: “Mio padre è partito per Trieste tra i primi in questa zona. Mi chiedete perché? Semplicemente non c’erano altre soluzioni. Eravamo una famiglia molto ricca, ma quando Tito arrivò al potere metà dei nostri averi furono nazionalizzati e per l’altra metà ci fu dato qualche spicciolo. Mio padre, non vedendo prospettive, decise di partire per Trieste, dove ha aperto una pregiata macelleria, ancora oggi ben funzionante. In tutti questi anni, quando tornavo in Istria, passavo soltanto davanti alla villa. Non mi sono mai avvicinato, la guardavo da lontano così diroccata, sola, e mi chiedevo ‘Di chi sarà adesso? Cosa ci sarà dentro?’. Non avrei mai pensato che un giorno sarei tornato là. Poco tempo fa ho ricevuto un messaggio da Nataša Kraljević, che oltre a invitarmi a venirla a trovare nella villa, diceva di aver conosciuto mio padre 33 anni fa assieme a sua madre e suo fratello Nenad, in una visita a Trieste nella quale, con l’innocenza dei bambini, quali erano quella volta, gli hanno promesso di avere cura della Villa Covri e di restituirgli un giorno il vecchio splendore”.

«Una storia sensazionale»

“Mi ricordo quel lontano 1946 – continua il suo racconto – quando caricavamo tutte le cose nel camion per poi partire per Trieste. Tutti ci salutavano. I Covra hanno lasciato dietro di sé una storia scritta da ben dieci generazioni. Oggi la stessa casa ha assunto la sua forma, ma sulle basi e fondamenta di quella originale del 1801. Prima dell’esodo, in questa casa vivevo con mia sorella, madre, padre, nonno e nonna. Subito vicino si trovava pure la casa della servitù che ha vissuto nella casa, dopo la morte dei miei nonni, avvenuta a dieci anni dalla nostra partenza, fino a quando non è stata acquistata dalla famiglia Kraljević. A Trieste, all’inizio vivevamo in un piccolo appartamento vicino alla macelleria, ma poi ci siamo arrangiati. Noi tutti che in quel periodo tragico della storia siamo partiti, ora abbiamo a Trieste un’Associazione delle comunità istriane che conta fino a 2mila membri. Ci riuniamo spesso e tutti sanno che la famiglia Kraljević mi ha contattato. L’ho pubblicato anche sui social network. Le reazioni sono state fantastiche, sono stati molti i giornalisti che mi hanno contattato definendo questa una storia sensazionale”, ha concluso Tullio Covra, oggi ottantatreenne, molto in gamba e con il grande desiderio di comperare una casa a Verteneglio.

Qualcosa di particolare

Questi avvenimenti sono stati un ulteriore impulso per Nataša e Nenad di dare il meglio di sé nella ristrutturazione di questa villa, nella quale un tempo sono stati girati anche due film. La famiglia Kraljević ha acquistato la Villa dal Comune di Verteneglio nel 1989 e oggi, dopo trent’anni, possono dire di aver mantenuto la promessa. “Era sempre un grande desiderio mio e di mio fratello rinnovare questa bellissima casa in modo speciale. Il giorno prima dell’inizio dei lavori, mio fratello mi ha chiamato per un incontro con Boris Ružić, conosciuto arredatore istriano al quale dopo la sua proposta e progetto abbiamo affidato questo compito, in quanto sapevamo che avrebbe creato qualcosa di particolare”, racconta Nataša.

Lo spirito antico

Il valore della casa è stato riconosciuto anche da Dailo Volmut, proprietario della piattaforma digitale per l’affitto di ville di lusso, che la colloca tra le migliori ville per storia e design, in quanto nel rinnovarla si è rispettata la continuità degli eventi storici, cosa importante per rafforzare l’identità dell’Istria. Questa casa, secondo l’esperto, è diventata una testimonianza della storia in quanto nessuna casa ha una storia simile, che assomigli a un romanzo. Ogni casa in Istria merita di essere decorata in modo tale, per raccontare la tradizione istriana, per essere autentica. Un anno sono durati i lavori di ristrutturazione che hanno dato nuova vita al casale, mantenendo sempre quello spirito antico, famigliare e caldo, che testimonia il vissuto delle generazioni precedenti dei Covra. Molti gli oggetti antichi della villa, custoditi accuratamente in tutti questi anni, che oggi fanno parte dell’arredamento.

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Una veste a cinque stelle

Oggi Villa Covri ha una nuova veste, è diventata una cinque stelle di lusso, residence per famiglie benestanti, che testimonia pienamente la tradizione di questa famiglia. Il 26 maggio scorso, rappresenta il grande momento emozionante del ritorno. Il varco della soglia della porta dopo tutti questi anni, Tullio lo ha vissuto assieme al figlio Gianni e ai nipotini gemelli. Forti i sentimenti traspariti attraverso lo sguardo che trasmettevano l’amore per la sua terra d’origine. Ad aspettarli Nataša col fratello Nenad, quei bambini di trent’anni fa che oggi si dicono molto emozionati e felici di poter ospitare la famiglia Covra in questo ambiente che emana un’atmosfera speciale, rilassante, di pace e regala giorni e notti rigeneranti. Un incontro nel quale sono nate nuove amicizie unite dal destino e da una vecchia bellissima casa.

Gli scherzi del destino

Dopo una visita alla Villa, nella quale si è subito notato il vecchio pavimento in pietra, le erte di una volta e il tipico ballatoio istriano, si sono riuniti tutti a cena, dove oltre a gustare le pietanze autoctone del territorio di oggi e di ieri, si è parlato della storia di questo popolo e degli scherzi che a volte riserva il destino. I più piccoli, figli di entrambe le famiglie, hanno trascorso momenti di allegria e conoscenza nella piscina posta in giardino. Da quell’incontro è nata l’idea di creare un progetto che documenterà tutto il vissuto di Villa Covri. Tullio e il figlio Gianni hanno portato in dono oggetti appartenenti una volta alla Villa, le prime pentole a pressione austro-ungariche, una risalente al 1827, le più costose del periodo. È stato donato anche un dipinto che raffigura il caseggiato com’era una volta, una vecchia foto del nonno durante il servizio nell’esercito austro-ungarico, una foto della nonna, un albero genealogico della famiglia Covra risalente al XVI secolo e la foto del nobile stemma nel quale traspare un cuore al centro in quanto il nome Covra deriva dall’appellativo veneziano che sta per cuore. In dono anche un ampio recipiente in legno nel quale un tempo si impastava il pane.

Una nuova pagina…

“È un oggetto speciale che desideravamo facesse di nuovo parte della casa. Lo usavamo a Trieste, ma soltanto per le grandi occasioni, quando mia madre impastava in esso il pane e tutti ci ricordavamo dell’Istria e del nostro paese natio”, ricorda il figlio Gianni, entusiasta del nuovo aspetto della casa. “Quando siamo partiti, noi come altre famiglie del posto, è rimasta soltanto molta amarezza. Ma oggi non vogliamo parlare di questo, vogliamo simbolicamente voltare una nuova pagina, riconciliare le cose, essere in grado di venire nella Villa senza rancori e congratularmi con i nuovi proprietari per aver ristrutturato così bene la nostra proprietà evidenziando con essa la storia della mia famiglia”, racconta Tullio, il quale ricorda molto bene il distacco forzato dalle proprie radici, anche se all’epoca aveva soltanto dieci anni. Tullio, dopo tanti anni, su invito di Nataša e Nenad, potrà trascorrere un breve periodo tra quelle grosse mura di pietra della casa che lo hanno visto nascere, fare i suoi primi passi, versare le sue prime lacrime, giocare e divertirsi, facendo un tuffo nel mare dei ricordi, ancora ben impressi nel suo cuore.

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