Raduno degli albonesi esuli e rimasti: una tradizione lunga quasi cinquant’anni

Alla 49ª edizione dell’incontro presentato il libro «Sono morti inutilmente» del prof. Tullio Vorano

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Raduno degli albonesi esuli e rimasti: una tradizione lunga quasi cinquant’anni
Daniela Mohorović e Stefano Ghezzani. Foto: TANJA ŠKOPAC

Pure il 50º Raduno degli albonesi si terrà, molto probabilmente, ad Albona. Lo ha confermato Giulia Millevoi, presidente della Società operaia di mutuo soccorso (SOMS) “Onorato Zustovich”, associazione degli esuli albonesi con sede a Trieste, durante il programma tenutosi nei giorni scorsi nel Teatrino della Comunità degli Italiani “Giuseppina Martinuzzi” nell’ambito della 49ª edizione dell’incontro. Quest’ultima si è conclusa ieri e ha compreso, nel corso del fine settimana, pure una visita dei partecipanti ad Arsia e al percorso dell’ex miniera Carlotta aperto alle visite turistiche.

Risale al 2012 la prima edizione del Raduno tenutasi ad Albona, che da allora, conformemente a una tradizione instaurata dagli organizzatori dell’evento annuale, la CI e la SOMS, ospita l’appuntamento ogni due anni. La stessa “regola” vorrebbe che il prossimo anno il Raduno si tenesse in Italia, ma ciò, a giudicare da quanto è stato detto nei giorni scorsi ad Albona, non sarà il caso. “Noi qua siamo a casa e ci sentiamo a casa”, ha detto la presidente della SOMS “Onorato Zustovich” durante la serata tenutasi nel Teatrino della CI, sottolineando l’amore che pure i discendenti degli albonesi che lasciarono Albona a metà dello scorso secolo nutrono per questa parte della Regione istriana. La Millevoi si è rivolta ai presenti dopo i saluti della presidente della CI albonese, Daniela Mohorović, la quale ha parlato, tra l’altro, pure delle varie sezioni del sodalizio, compresi i minicantanti, che diretti dalla Maestra Sabrina Stemberga Vidak, si sono esibiti all’inizio del programma svoltosi nel Teatrino. Nel presentare i progetti importanti per il futuro della CI, la Mohorović ha menzionato pure il rinnovo del Teatrino, ma anche quello del resto della sede del sodalizio, che, dopo i preparativi dei giorni scorsi, dovrebbe iniziare questa settimana.

I minicantanti con la Maestra Sabrina Stemberga Vidak.
Foto: TANJA ŠKOPAC

Almeno 695 deceduti
È seguita la presentazione del nuovo libro del professor Tullio Vorano, storico e presidente della Giunta esecutiva della CI, il quale presiede pure il Consiglio della minoranza italiana della Città di Albona. Intitolato “Sono morti inutilmente”, il volume comprende, come si legge anche nel complemento del titolo, l’elenco dei 695 minatori morti in miniera nella zona albonese dal 1785 al 1999, ossia durante l’attività continua nei pozzi del territorio, conclusasi nell’anno in cui l’ultima miniera dell’Albonese, quella a Tupliaco, chiuse i battenti. L’editore è l’Unione Italiana, ovvero la Comunità degli Italiani “Giuseppina Martinuzzi” di Albona, il coeditore la SOMS “Onorato Zustovich”, l’autore e il redattore Tullio Vorano, mentre a occuparsi della revisione è stata Giulia Millevoi, presidente della “Onorato Zustovich”. L’opera è scaturita da una relazione presentata dall’autore nel 2021 nell’ambito del convegno “Labinski kulturno-povijesni susreti”, Incontri storico-culturali albonesi, ed è stato stampato dalla ditta “Despot infinitus” di Zagabria. È stata pubblicata con il contributo dell’Unione Italiana e dell’Ufficio per i diritti dell’uomo e delle minoranze nazionali del governo croato.
“Si calcola che durante l’attività continua delle miniere nella zona albonese, dal 1785 al 1999, siano state scavate circa 40.000.000 di tonnellate di carbone, con almeno 695 deceduti: in media ogni 57.636 tonnellate di carbone estratto hanno provocato il decesso di un minatore. È stato pagato un enorme, non quantificabile, prezzo per la produzione conseguita, perché il valore di una vita umana è inestimabile”, ha detto Vorano nella parte introduttiva, sottolineando in seguito che “il diritto al lavoro non avrebbe mai dovuto significare anche il diritto alla morte”. “A prescindere dal modo in cui sono morti, ossia qualsiasi sia stata la causa del loro decesso, errore personale, forza maggiore o qualcos’altro, come, per esempio, l’ambiente di lavoro, si giunge alla mesta e spietata conclusione che tutti loro sono periti inutilmente, superfluamente, senza alcun scopo e senza nessuna giustificazione”, ha aggiunto, ricordando alcune delle cause delle tragedie collettive del 1940 e del 1948, di cui la prima avvenne per una serie di manchevolezze e la negligenza da parte della dirigenza e la seconda perché “avevano fatto brillare le mine mentre i minatori erano ancora in miniera” dopo le pressioni da Belgrado di produrre quanto più possibile, perché lo Stato aveva bisogno di valuta estera. Come sottolineato da Vorano, si trattava sempre di produzione forzata secondo il principio “costi quel che costi”. Per quanto riguarda le morti individuali, l’autore ha notato nella sua ricerca che, soprattutto nel periodo jugoslavo, molti persero la vita per sbadataggine, tra cui molti giovani “che venivano a lavorare in miniera con pochissima esperienza e che magari prima avevano lavorato in campagna”.

Tullio Vorano.
Foto: TANJA ŠKOPAC

Lacune da colmare
“Poi, c’era una fluttuazione straordinaria, sia nel periodo italiano che in quello jugoslavo, e tutto ciò si rifletteva sul numero degli incidenti”, ha aggiunto l’autore, confermando che l’elenco fornito nel libro non è completo anche a causa delle liste dei morti del periodo jugoslavo, in cui venivano inseriti quelli che morivano sul posto di lavoro o prima di essere trasportati fino al Pronto soccorso, ma non anche quelli che morivano dopo. Secondo Vorano, si trattava molto probabilmente di uno stratagemma per non pagare i contributi alla famiglia. “Tuttavia, speriamo che il libro trovi il suo pubblico e che qualcuno sia disposto a fornire dati nuovi per colmare le lacune”, ha detto Vorano, il quale ha ringraziato pure Marino Fonović, per le informazioni che gli hanno permesso di ottenere una lista più completa dei minatori che persero la vita nel periodo jugoslavo, anche grazie a un fascicolo di Milan (Mario) Vojić. Tra le fonti menzionate, pure un contributo di Desa Persi e le pubblicazioni di Rinaldo Racovaz.
Vorano si dice grato pure alle addette dell’Ufficio anagrafico di Albona, e specialmente a Vesna Gobo, agli addetti dell’Ufficio anagrafico di Sospirolo, al personale dell’Archivio croato di Stato di Zagabria, dell’Archivio di Stato di Pisino, del Museo popolare di Albona e della Biblioteca universitaria di Pola. “Un ringraziamento a parte va alla professoressa, poetessa e scrittrice, di provenienza arsiana, Isabella Flego, che mi ha autorizzato a pubblicare due sue poesie”, si legge nell’introduzione del libro, la cui versione in croato sarà pronta tra qualche settimana.

Daniela Mohorović, Giulia Millevoi e Luca De Marin.
Foto: TANJA ŠKOPAC

Il ritratto di Giuseppina Martinuzzi
Vorano si è soffermato pure sulla sciagura del 28 febbraio 1940, riportata alla luce grazie all’iniziativa e agli sforzi della CI albonese e del Circolo di cultura istroveneta “Istria” di Trieste, che nel 2007 avevano avviato una commemorazione dedicata ai 185 minatori periti. I partecipanti al Raduno hanno avuto modo di vedere ad Arsia la campana Alma Mater Dolorosa, collocata nella piazza principale della cittadina, dedicata agli stessi minatori e realizzata grazie all’iniziativa del professor Michele Maddalena.
Nel corso della serata il pittore Stefano Ghezzani, di Vicopisano, ha regalato alla CI un suo ritratto di Giuseppina Martinuzzi. A far conoscere Albona all’artista è stata Cesira Batini, figlia dell’ingegnere Augusto Batini, che negli anni ‘30 dello scorso secolo ricoprì la funzione di direttore generale delle miniere dell’ARSA. Come detto, nei mesi autunnali sarà presentato ad Albona un libro della Batini e la presentazione dovrebbe essere accompagnata pure da una mostra dei lavori di Ghezzani. Il 49.esimo Raduno degli albonesi, il cui partecipante più giovane giunto dall’Italia era Luca De Marin, si è concluso ieri con una messa celebrata nella chiesetta di Rabaz (Porto Albona) e un momento conviviale. Durante l’incontro è stata pure deposta una corona di fiori ai piedi della lapide dedicata agli esuli morti lontano da Albona, situata nel cimitero albonese.

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