Discriminazione positiva e lotte ideologiche

Milorad Pupovac eletto alla presidenza della Commissione parlamentare per i diritti umani e della minoranze nazionali. Il vicepresidente del Sabor e deputato della CNI Furio Radin interviene in Aula chiarendo perché esistono i seggi garantiti, per stigmatizzare le ingiustizie del XX secolo e le logiche «grottesche» del Parlamento di Zagabria

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Discriminazione positiva e lotte ideologiche
Furio Radin. Foto Goran Žiković

“Il nostro Parlamento, il Sabor ha tante illogicità. Ne menzionerò due che non si riscontrano in alcun altra Assemblea legislativa in Europa, incluso il Parlamento europeo. La prima illogicità consiste nel fatto di ritrovarci con ventiquattro Commissioni – il che vuol dire quarantotto poltrone, e questo è un dato molto importante – che a parte forse una non decidono nulla. Potrebbero avere voce in capitolo qualora venissero loro riconosciute le medesime prerogative delle quali si avvalgono gli organismi corrispettivi nei parlamenti che funzionano. In altre parole avrebbero un peso qualora gli emendamenti presentati in sede di Commissione venissero integrati nelle proposte di legge. Funziona così in tutti i parlamenti tranne che nel nostro. Non hanno voluto cambiare le cose né il centrosinistra né il centrodestra perché il sistema in vigore favorisce chi è al potere”, ha dichiarato il vicepresidente del Sabor e deputato della Comunità Nazionale Italiana al Parlamento croato, Furio Radin, parlando di una situazione “grottesca”. “Un sistema – ha proseguito il decano dei parlamentari in Croazia – nel quale la funzione delle Commissioni parlamentari si riduce a garantire degli stipendi”.
Radin ha affrontato l’argomento in seduta plenaria sollecitato anche delle polemiche insorte sull’elezione di Milorad Pupovac (SDSS) alla presidenza della Commissione parlamentare per i diritti umani e i diritti delle minoranze nazionali. Una nomina, quella di Pupovac, osteggiate da alcune forze politiche anche in seno alla maggioranza, a iniziare dal Movimento patriottico (DP). “Mi domando per quale motivo, a fronte delle tante illogicità con le quali siamo costretti a fare i conti, dobbiamo trasformare in un problema l’elezione del presidente di una delle ventiquattro Commissioni parlamentari? Nessuno mi convincerà che quanto successo non è dovuto al fatto che a essere stato candidato è un serbo”, ha affermato il parlamentare della CNI. “Il problema – ancora Radin – è insorto perché si tratta di un serbo e perché l’SDSS è un partito serbo”.

Voto trasversale

Grazie al voto traversale di una parte della maggioranza e dell’opposizione, tuttavia, oggi (venerdì 21 giugno 2024) il Sabor ha stabilito che a presiedere la Commissione per i diritti umani e i diritti delle minoranze nazionali del Sabor sarà proprio Pupovac, candidato a questo incarico dal Gruppo parlamentare delle minoranze nazionali (presieduta da Vladimir Bilek). A favore della sua elezione, come pure alla nomina della sua vice, Boška Ban Vlahek (SDP) nonché degli altri membri della Commissione in oggetto si sono espressi 109 deputati, a fronte di 20 contrari e un astenuto. Oltre a Pupovac e a Ban Vlahek faranno parte della Commissione nella veste di membri anche: i deputati eletti nella XII circoscrizione (minoranze nazionali) Furio Radin, Armin Hodžić, Veljko Kajtazi, Robert Jankovics, Vladimir Bilek e Dragana Jeckov (SDSS), nonché i parlamentari Ive Ćaleta – Car (DP), Ivana Kekin (Možemo), Barbara Antolić Vupora (SDP), Sanja Bježančević (SDP), Mihael Zmajlović (SDP), Ljubomir Kolarek (HDZ) e Miro Totgergeli (HDZ).

Rispettata la prassi

Il deputato Pero Ćosić (HDZ), che ha presentato la proposta di nomina di Pupovac e degli altri membri della suddetta Commissione a nome del Comitato per le elezioni, le nomine e gli affari amministrativi del Sabor, ha osservato, rispondendo a una replica della deputata Marija Selak Raspudić (indipendente), che hanno diritto a essere rappresentate nella Commissione tutte le minoranze nazionali alle quali è riconosciuto il diritto a un seggio garantito al Sabor e che di regola il presidente della medesima è indicato dal Gruppo parlamentare delle minoranze nazionali. A sua volta Furio Radin (che in passato ha presieduto in più occasioni la Commissione parlamentare per i diritti umani e delle minoranze nazionali, nda) ha rilevato di essere lieto che anche in questa legislatura la maggioranza ha rispettato una prassi lunga 24 anni, ponendo alla guida della Commissione il candidato proposto dal Gruppo parlamentare delle minoranze nazionali. “E non è nostra la colpa se il nostro Gruppo è composto sia da deputati della maggioranza che all’opposizione”, ha puntualizzato Radin, il cui intervento è stato preceduto da uno scontro tra Nikola Grmoja (Most) e Igor Peternel (DP), con i due che si sono rinfacciati reciprocamente di mancanza di coerenza. A seguito dello scambio di accuse incorso tra i due la vicepresidente del Sabor Sabina Glasovac (SDP) li ha poi ammoniti entrambi.

Un polverone politico

L’elezione del presidente della Commissione parlamentare per i diritti dell’uomo e dei diritti delle minoranze nazionali – si ricorda – ha sollevato un grosso polverone, mettendo in bilico la maggioranza a causa del veto imposto in un primo momento dal Movimento patriottico (DP) all’affidamento dell’incarico a Pupovac o ad altre persone indicate dall’SDSS. Gli esponenti del partito presieduto da Ivan Penava erano giunti al punto di minacciare la loro uscita dalla maggioranza nel caso l’incarico fosse stato affidato a Pupovac. A gettare acqua sul fuoco è stato successivamente il premier Andrej Plenković (HDZ), che evidentemente è riuscito a individuare e a far accettare ai suoi interlocutori una soluzione di compromesso.

Discriminazione positiva

Tornando al ragionamento articolato da Radin relative alle illogicità che oberano l’operato del Sabor, il deputato della CNI ha indicato come una peculiarità del Parlamento di Zagabria pure i meccanismi di scelta dei sostituti dei deputati. “I parlamentari che per vari motivi non possono più esercitare il loro mandato non vengono sostituiti dalla persona che nella loro stessa lista elettorale ha ottenuto il maggior numero di voti preferenziali o che lo segue nell’elenco dei candidati alle elezioni. No! A designare il sostituto è la leadership del partito. In altre parole la scelta del deputato si trasforma in una decisione di natura privata”, ha notato Radin. “E a fronte di queste illogicità che mutano la struttura stessa del parlamentarismo noi consideriamo un problema la scelta del presidente di una delle ventiquattro Commissioni parlamentari. Perché? Perché appartiene a un’etnia particolare, perché si tratta dell’SDSS. L’unico partito attorno al quale si concentra unicamente il voto dei serbi”, ha detto Radin, che poi si è soffermato sul concetto della discriminazione positiva delle Comunità nazionali e sul diritto ai seggi garantiti contestati nel corso della seduta da Miro Bulj (Most) che ha parlato di parlamentari eletti con “una manciata di voti” e di “etno businessman”. Radin ha notato che non vi è altro modo per garantire la rappresentanza delle minoranze nazionali in quanto in caso contrario queste di regola non avrebbero i numeri per eleggere i propri rappresentanti. Riferendosi al caso della CNI, ha osservato che i numeri non ci sono perché gli scontri ideologici avvenuti nel XX secolo hanno spinto tante persone, inclusi numerosi connazionali ad abbandonare le proprie case, mutando così il quadro demografico del territorio. E replicando alle contestazioni sollevate nell’Emiciclo dalle sue parole Radin ha ribadito di essere italiano, come la sua famiglia. “Ma tutti noi abbiamo sangue misto. Uno dei miei antenati, il fratello di mio bisnonno, era il più grande croato d’Istria. Mi riferisco al signore che era raffigurato sulle banconote da 10 kune (il vescovo Juraj Dobrila, nda)”, ha osservato il vicepresidente del Sabor e deputato della CNI mettendo a tacere i contestatori.

Una questione di riconoscenza

Nel corso del suo intervento Radin ha inoltre spiegato i motivi che lo hanno spinto ad aderire oltre che al Gruppo parlamentare dei deputati delle minoranze nazionali anche a quello della Dieta democratica istriana. “Non ha logica – ha affermato – che i deputati delle minoranze nazionali possano fare parte di due Gruppi parlamentari. Tuttavia a sancire questa regola non siamo stati noi. Ci è stato imposto negli anni ’90. I motivi li conoscono unicamente le persone chiamate a risolvere la situazione insorta dopo la caduta di Stjepan Mesić, di Josip Manolić e di altri (in seguito alla loro scissione dall’HDZ e alla creazione nel 1994 del partito dei Democratici croati indipendenti/HND, nda). Lo ribadisco non lo abbiamo preteso noi, ma ora queste sono le regole e io sono legittimato ad avvalermi di questo diritto sancito dalla legge”. “Non partecipo alle riunioni del Gruppo parlamentare della Dieta, né partecipo alle loro attività. Sono semplicemente riconoscente alla Dieta per aver sostenuto negli anni ’90 le modifiche allo Statuto (della Regione istriana, nda) che sanciscono i diritti dei quali oggi possiamo (la CNI) avvalerci in Istria. E chi non si dimostra riconoscente nei confronti di chi gli ha fatto del bene in passato non ha diritto a un futuro di serenità. È questo il motivo per il quale sono solidale con loro. Sono solidale anche perché desidero che si possa udire la voce degli istriani che in caso contrario al Sabor non si sentirebbe”, ha detto Radin.

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