Bruno Paladin. Cinquant’anni di infinito estro creativo

A colloquio con l'artista connazionale il quale celebra quest'anno, con una mostra retrospettiva al Padiglione artistico «Juraj Šporer» di Abbazia, cinque decenni di ininterrotta attività artistica

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Bruno Paladin. Cinquant’anni di infinito estro creativo
Bruno Paladin nel suo atelier. Foto: GORAN ZIKOVIC

L’artista connazionale Bruno Paladin non ha bisogno di presentazioni. Attivo sulla scena artistica fiumana, nazionale e internazionale da diversi decenni, le ha segnate con il suo estro creativo e l’inclinazione a esplorare diverse tecniche artistiche. Anno dopo anno, ha continuato a cercare modi sempre nuovi di dare voce alla sua creatività giungendo così anche al cinquantesimo anniversario di attività artistica, che l’artista ha celebrato recentemente con una mostra retrospettiva al Padiglione artistico “Juraj Šporer” di Abbazia, che si può visitare fino al 14 luglio prossimo.

Euforia e felicità
“Giunto al traguardo dei cinquant’anni di carriera mi sento ancora come se fossi all’inizio del mio percorso – ci ha riferito Paladin –. Per tutta la vita sento l’euforia e la felicità di essere libero di fare ciò che voglio: l’arte mi permette di godere della mia libertà. Mi occupo di pittura, scultura, ceramica, grafica… mi interessa tutto. Amo ancora sperimentare ed esprimermi in diversi materiali e tecniche, anche con materiali nuovi quali polistiroli, poliuretani, ecc. che mi permettono di realizzare diversi progetti. Qualche anno fa, per esempio, ho realizzato la scenografia per lo spettacolo ‘La bella e la bestia’, allestito nella sala ‘Vatroslav Lisinski’ di Zagabria, con un materiale che non conoscevo affatto. Si tratta di esperienze nuove, di un’avventura. E poi vedere il risultato di questo lavoro è una grande soddisfazione, qualcosa di impagabile. Si tratta di un lavoro che richiede diverse competenze, in quanto uno scenografo deve essere pittore, scultore, falegname, tappezziere, ecc.”.

In occasione di un anniversario così importante, è consueto ricordarsi dei propri inizi. Come ha deciso di divenire artista?
“Avevo deciso di occuparmi di arte già nella scuola elementare. Desideravo frequentare il Liceo (oggi Scuola Media Superiore Italiana) e prepararmi per andare a studiare arte figurativa. La mia famiglia, però, non aveva la possibilità di farmi studiare fuori da Fiume a un’accademia, per cui decisi di andare a navigare con l’idea che lavorando avrei raccolto i fondi necessari per andare a studiare arte. Avevo però fatto male i conti, in quanto all’età di 20 o 21 anni preferivo divertirmi e uscire con gli amici, per cui mi iscrissi al corso di cultura artistica della Facoltà di Pedagogia di Fiume, che all’epoca durava due anni. Successe, però, che mentre ancora navigavo mi trovai in Florida a bordo di una petroliera: lì acquistai le prime tele e i primi colori a olio e mi misi a fare ritratti dei miei colleghi a bordo. Così, senza una preparazione vera e propria, iniziai a fare arte.
Alle elementari, il mio maestro di arte figurativa era il nostro grande Romolo Venucci, mentre successivamente frequentai per un breve periodo il corso di pittura nel Circolo (oggi Comunità degli Italiani). Nel 1973 decisi di fare una mostra dei miei lavori e nel 1976 mi misi ‘in gioco’ come artista. All’epoca si facevano mostre di pittori dilettanti e io decisi di presentarmi con tre tele. In quell’occasione venni premiato. Si è trattato di un grande stimolo per me, che mi spronò a continuare su questa strada. Successivamente iniziarono ad arrivare sempre più spesso inviti a partecipare a colonie artistiche in Istria, Slovenia e in altre località, come pure a simposi nazionali e internazionali d’arte, con il tempo anche in Cina e in Brasile e in diverse parti d’Europa. Queste occasioni mi hanno permesso di fare tantissime amicizie con artisti provenienti da diversi Paesi e a partecipare e realizzare numerosi progetti. Questo ritmo intenso non è mai venuto meno, ma fa parte della mia vita e vuol dire libertà totale”.

Com’è stata concepita la sua mostra celebrativa ad Abbazia?
“Siccome lo spazio del Padiglione artistico ‘Juraj Šporer’ è troppo piccolo per ospitare una mostra di grandi proporzioni, ho concepito il percorso espositivo come una carrellata nella mia carriera artistica dalla fine degli anni Settanta fino a oggi. La galleria abbaziana non può accogliere più di trenta opere, per cui ho dovuto fare un’accurata selezione dei lavori”.

Celebrerà l’anniversario anche a Fiume con una mostra? Forse al Museo civico?
“Al Museo civico avevo realizzato una mostra nel 2019 in seguito a un accordo della Comunità degli Italiani con il Museo civico. In quell’occasione avevo presentato le opere realizzate negli ultimi trent’anni di attività e l’allestimento era stato curato da Ema Makarun. Si è trattato di una bella soddisfazione, anche perché quell’anno avevo pure ottenuto il Premio della Città di Fiume per la promozione dell’arte e della cultura. Quest’anno, invece, sono stato invitato al Palazzo Costanzi di Trieste, dove presenterò la mostra attualmente allestita ad Abbazia. Questo progetto espositivo è organizzato dalla Biennale giuliana d’arte, alla quale ho partecipato diverse volte”.

Ha fatto il conto delle mostre alle quali ha partecipato negli anni?
“Sono state davvero numerose. Ho partecipato a più di mille mostre collettive e a un’ottantina di personali”.

Qual è l’aspetto più appagante e più bello del fare arte?
“All’inizio, quando intrapresi questa carriera, per me voleva dire molto fare parte di un qualcosa di più grande. Dapprima, con la partecipazione al Concorso d’arte e cultura ‘Istria Nobilissima’, poi come membro dell’Associazione nazionale degli artisti visivi (HDLU). Un altro ‘gradino’ è stato quando divenni membro della Comunità degli artisti della Croazia e di conseguenza ottenni lo status di libero professionista. Come membro di questa associazione ho ottenuto il diritto all’assicurazione sanitaria e alla pensione. Con questo voglio dire che tutti questi ‘passi’ mi hanno aiutato a diventare autonomo e ad appartenere a una comunità.
La partecipazione a ‘Istria Nobilissima’ è stata sempre importante per me, ma mi dispiace che diversi artisti connazionali non vi prendano parte. Perché non essere sempre presenti e non mostrare a tutti di essere costanti e di continuare a lavorare? Personalmente, considero la partecipazione a questo concorso come una conferma che ciò che faccio sono sempre cose nuove, per cui se mi trovo tra i premiati vuol dire che sono sulla buona strada. Si tratta anche di una vetrina per gli artisti, in quanto il mercato d’arte in Croazia è molto modesto, mentre a Fiume, ad esempio, non ci sono gallerie con le quali un artista può collaborare e assicurarsi un’esistenza decente vendendo i propri lavori. Un artista oggi deve ricoprire tutta una serie di ruoli e deve essere un imprenditore per poter vivere di arte. Alle volte, ho difficoltà a fare tutto. I galleristi sono quelli che dovrebbero piazzare e promuovere le opere dell’artista con il quale collaborano e creare un mercato. Per fortuna, collaboro con gallerie fuori dalla Croazia, il che mi permette di vivere degnamente. Qualche anno fa sono riuscito a realizzare pure il sogno di acquistare una casa a Grisignana e questo mi riempie di orgoglio.
Tornando al discorso di ‘Istria Nobilissima’, ritengo che il concorso dovrebbe aprirsi di più ai giovani sloveni e croati che studiano alle accademie di belle arti italiane. I loro professori sono italiani, per cui studiando con loro ognuno di questi giovani volente o nolente acquista una parte della cultura italiana. Ritengo che sarebbe un bene inserire una categoria per artisti giovani e bravi che non sono connazionali al concorso ‘Istria Nobilissima’. Allo stesso modo, ci sono artisti affermati come Dalibor Laginja, Zdravko Milić, Bojan Šumonja e Miljenka Šepić, per fare qualche nome, che hanno studiato con grandi pittori italiani quali Emilio Vedova o Carmelo Zotti. Vuol dire comunque promuovere la cultura italiana.
Per quanto riguarda la mia attività artistica, mi piace essere indipendente e avere a disposizione tutti gli attrezzi che mi servono. Di conseguenza, in entrambi i miei studi regna il disordine. Mi piace fare tutto da solo, mi piace la manualità”.

Nell’arco di cinque decenni di attività, ritiene di aver realizzato tutti i suoi sogni e ambizioni?
“Ho due figli dei quali vado molto fiero. Entrambi seguono in un certo senso la mia strada e credo di essere un esempio per loro. Nel campo artistico, invece, ho lavorato con il vetro, la ceramica, il bronzo e altri metalli, ho fatto grafica, pittura, scultura, ho realizzato burattini, maschere e mi sono occupato anche di design. Mi sembra di aver fatto tutto ciò che volevo. Ultimamente ho scoperto che mi piace cucinare, per me è una gioia. Molto spesso invito i miei amici qui nello studio e ci divertiamo”.

Che cosa augurerebbe a sé stesso?
“Creatività, serenità, salute e tante buone persone attorno a me”.

Dinanzi alle sue opere.
Foto: GORAN ZIKOVIC

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