Scoglio dei frati. Laddove il tempo si è fermato

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Scoglio dei frati. Laddove il tempo si è fermato

Si chiama Isola Veruda, ma il nome è poco più che lettera morta: in realtà, l’isoletta che chiude il Canale di Veruda, ma anche la vicina insenatura di Soline, tra Punta Verudella e Bagnole, è nota per il suo nome popolare di Scoglio dei frati, dovuto alle colonie francescane che lo abitarono in tempi remoti. Una delle curiosità dell’isola sta nel fatto che, pur essendo molto amata dalla popolazione locale (l’attaccamento a volte sfocia in vera e propria venerazione), la sua storia è rimasta quasi completamente inesplorata e per molti versi sepolta dagli eventi. Di ricerche e letteratura scientifica nemmeno l’ombra: nessuna pubblicazione, nessuno studio, nessuna dissertazione a cui affidarsi. Completamente ignorata dalla passata e dalla recente storiografia, si suppone tuttavia che l’isolotto avesse un insediamento nell’età del bronzo e forse una villa in epoca romana, mai studiati, anche perché le costruzioni posteriori hanno sotterrato ogni traccia delle precedenti e nessuno si è mai ricordato di ispezionarle.

La storia dell’isola

Di costruzioni rintracciabili e sicure abbiamo soltanto la minuta chiesa intitolata a Maria Vergine col tetto in cemento-amianto, accanto alla quale sono conservati in minima parte i resti del Convento francescano, fondato nel lontano 1690 per volontà del Senato della Repubblica di Venezia. Il Convento ebbe anche una funzione civile oltre che religiosa: sotto la direzione dei francescani, sull’isola venne istituto un posto di blocco marittimo per i velieri sulla rotta tra Pola e Venezia: quelli in entrata dovevano approdare per forza sull’isola, esibire i documenti di viaggio, e soltanto in seguito ad avuta autorizzazione potevano proseguire il viaggio in direzione di Pola o di altri porti della costa occidentale. Sull’isola avevano, dunque, dimora fissa il frate “guardiano” e altri due religiosi dell’ordine francescano, due laici e un servo. Probabilmente questo tipo d’ordinamento dell’isola durò fino alla fine del Settecento. In seguito alle conquiste di Napoleone, nel 1806 il convento venne chiuso e l’isola rimase disabitata.
L’Impero austro-ungarico ci costruì un rifugio sotterraneo quale parte del monumentale sistema fortificatorio polese durante la Prima guerra mondiale. Dopo la Grande guerra i francescani ritornano a Pola, ma non anche sullo Scoglio dei frati, che difatti rimase disabitato benché saltuariamente visitato dalla popolazione locale.

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Il turismo povero

L’attività turistica propriamente detta si sarebbe sviluppata solo in un secondo tempo e comunque ben dopo la Seconda guerra mondiale. Lungi dall’aver trovato le vie per diventare una località di villeggiatura elegante, per lo Scoglio dei frati è stata la povertà delle infrastrutture a decretare la povertà dei servizi e l’assenza di guadagni. Anche oggi l’immagine del turismo “povero” in contrasto con le quattro stelle del vicino Park Plaza Histria è motivo di vanto per i polesi che credono così di avere conservato una piccola parte dell’anima della città contro lo strapotere del grande capitale e delle ferree leggi dell’economia di mercato.

Tutto è rimasto com’era

Lo Scoglio dei frati è una proprietà della Città di Pola e quest’ultima ha deciso di non farne mai oggetto di commercio, per dare ai polesi un centro di villeggiatura praticamente gratuito. L’isola, come il leggendario bar-palafitta e la pizzeria di Bonarina sulla terraferma sono gestiti dalla Società a responsabilità limitata “Fratarski”, fondata dall’amministrazione municipale e dal cantiere navale (il pacchetto di maggioranza è comunque in mano all’ente locale) per convincere la cittadinanza che l’area insulare e il porticciolo sarebbero stati risparmiati dal turismo di massa. E così sull’isola tutto è rimasto come fu nei secoli e come probabilmente sarà insaecula saeculorum perché, primo, i ricavi non bastano nemmeno a coprire le spese dell’acqua e del personale (e quindi non consentono alcun margine di guadagno) e, secondo, senza investimenti nelle infrastrutture, che nessuno è in grado di sostenere con una gestione che sa di socialismo e autogestione, nessun progresso reale è possibile e lo statu quo si prolunga in eterno come se il tempo stesso non esistesse.

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In compenso, però, i polesi fanno campeggio, escursioni e gite fuori porta praticamente a costo zero. Le spese sono effettivamente assurde: 10 kune per un viaggio in battello, 20 kune per tirar su la tenda e 20 a persona al giorno la permanenza sull’isola. Altroché glamping e “notti” da 200 euro con tutti gli agi della civiltà a cominciare dall’antenna satellitare a Internet, riscaldamento incluso. Sullo Scoglio dei frati c’è soltanto l’acqua potabile, che sarà calda unicamente se i pannelli fotovoltaici recentemente montati sulle tettoie dei servizi igienici avranno assorbito abbastanza energia solare durante il giorno. Sull’isola non c’è corrente elettrica, non ci sono i frigoriferi (ad esclusione di quelli alimentati con generatori di corrente), si cucina ancora con i fornelli e le bombole del gas, ma si cucina effettivamente poco: i pasti sono generalmente a base di verdura, frutta, pasta, riso, pane e scatolette di tonno e di paté. La settimana al mare costa quindi pochissimo, e questa è la ragione per cui intere famiglie decidono di trasferirsi sull’isola anche per un mese o due. Ci sono anche i furbi che affittano casa e poi dormono in tenda oltremare. Moltissimi polesi hanno finito per arrangiarsi e arrotondare i magri salari di fabbrica proprio in questa maniera e la tradizione continua.

Spiaggie e pineta

Le presenze oscillano tra le 20.000 e le 25.000 all’anno (nel campeggio), più le visite giornaliere che sono circa 2.000 per stagione, come ci fa notare il direttore Vjekoslav Jozanović. Poca cosa, e non potrebbe essere diversamente. La superficie dell’isola è di appena 192.000 metri quadrati, i posti tenda sono limitati, il sentiero pedonale non conta che 2 chilometri, mentre la distanza aerea tra le due estremità dell’isola non supera il mezzo chilometro. Scoglio dei frati è appena un po’ più grande di Scoglio Olivi e di Santa Caterina nel porto di Pola, ma è pur sempre un gioiello. Le spiagge sono bellissime e la pineta ha un potere ristoratore impareggiabile. Se mai è la folla dei bagnanti che appesantisce l’atmosfera e trattiene lontani i visitatori amanti della solitudine. Ma gli ospiti assidui se ne infischiano: a loro piace proprio così com’è. E nessuno vuole che cambi.

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