Rewilding: a Fiume c’è Onda verde

Lo sviluppo biofilico delle città, in un equilibrio delicato tra istituzioni e comunità, raccontato da due organizzatrici del programma Includiti realizzato nell’ambito di CEC 2020 e da una coppia di consulenti che ha lavorato con i volontari nel Ri-Hub

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Rewilding: a Fiume c’è Onda verde

L’Europa si è impegnata in un’agenda che ha come l’obiettivo il raggiungimento della neutralità del clima entro il 2050, il che significa il raggiungimento dell’equilibrio tra le emissioni di carbonio e la quantità immessa. Le associazioni e i movimenti ambientalisti hanno fatto notare come l’agenda europea del “Green Deal”, per essere credibile e mitigare l’attuale emergenza climatica ed ecologica, debba prestare attenzione al recupero degli ecosistemi su larga scala come gli oceani o le foreste, ma anche ridefinire “un profilo verde” delle città. L’idea è stata recepita, in modo esemplare, nel Regno Unito e pare che l’ispirazione sia arrivata dalla città svedese di Malmö. Le autorità cittadine hanno coinvolto negli ultimi due anni anche privati cittadini e associazioni con programmi duraturi di sostegno al “rewilding” o rinaturazione. In tutto il Regno Unito, alcune specie di predatori sono state reintrodotte, i fiumi sono stati riorganizzati, i cigli delle strade seminati con fiori selvatici nativi. Nella magnifica tenuta Knepp nel Sussex, ad esempio, gli erbivori al pascolo sono stati creano degli habitat dinamici e non sono più tenuti entro delle recinzioni.

 

 

La City si tinge di verde
Londra, secondo le ambizioni del sindaco Sadiq Khan, diventerà la città verde più grande del mondo. Già nel 2018, nell’ambito del Piano di sviluppo, è iniziato un processo di introduzione di un sistema di spazi verdi, l’attività continuerà come “programma verde” in concomitanza con le elezioni di maggio 2021. Il “fattore di spazio verde” nel Piano di sviluppo prevede che i distretti implementino pratiche di rinverdimento urbano e di colture verticali idroponiche. Sui tetti cresceranno ortaggi senza bisogno di terra, ci saranno i cosiddetti “muri bio”, che potranno essere installati negli uffici, nei grattacieli e intorno alla capitale. Prenderanno così vita i tetti e i muri ricoperti di piante, ci saranno delle foreste urbane, orti urbani e “parchi tascabili” tra gli edifici. Questo renderà la città un posto più pulito e più sano per vivere, lavorare e investire.

La realtà quarnerina
Anche a Fiume nel 2019 con la campagna Includiti, lanciata nel contesto di Fiume CEC, è iniziata una selezione di progetti chiamati Iniziative dei cittadini e Onda verde. Quest’ultimo ha creato nuovi orti, giardini e abbellimenti verdi. L’attenzione non è stata rivolta solo ai risultati puntuali dei progetti, ma anche a una nuova consapevolezza, a un patrimonio di conoscenze e di buone pratiche tra partecipanti in sinergia con l’amministrazione locale. Ne abbiamo parlato con due delle organizzatrici e coordinatrici della campagna “Includiti”: Iva Lulić e Marija Katalinić, nonché con Sherif Rushdy e Shaku Raniga, una coppia di consulenti invitata a preparare la base comunitaria di volontari nello spazio di Ri-Hub, fino alla consegna dei progetti, per la successiva realizzazione, nelle mani del “Consiglio dei cittadini”.

Un parco pop-up in Delta

Da progetti a programmi
Qual è stato il vostro ruolo nella campagna Includiti per CEC. In particolare, per i progetti di Onda verde?
Marija e Iva: Siamo state coinvolte nella gestione e nell’organizzazione del programma partecipativo nell’ambito di Rijeka 2020 – CEC. Il programma partecipativo ha incoraggiato il coinvolgimento attivo dei cittadini nel plasmare uno spazio comune più bello e più sano, ma anche la vita sociale complessiva della città. Fino a marzo del 2020, ovvero fino allo scoppio della pandemia da coronavirus, eravamo di base al RiHub, dove abbiamo coordinato lo schema di sovvenzioni minori per le quali la comunità locale ha potuto fare domanda. La decisione sulla selezione dei progetti da realizzare nelle aree pubbliche della città di Fiume è stata presa dal Consiglio dei cittadini, un organo volontario e consultivo. L’obiettivo del programma Onda verde, nello specifico, era quello di coinvolgere attivamente i cittadini nel rendere il paesaggio urbano più verde, migliorare il microclima, la sostenibilità e la biodiversità e di sviluppare la consapevolezza ambientale attraverso programmi educativi e azioni in uno spazio pubblico urbano.

Sherif e Shaku: Ci siamo occupati per Ri-hub di fornire una formazione a tutti i borsisti del programma sulla visione, le attitudini e le competenze sulla costruzione della comunità. Un concetto fondamentale del programma è stato che i singoli progetti sono utili per portare alcuni cambiamenti visibili nelle comunità, ma che dovrebbero diventare veicoli per una trasformazione sociale molto più profonda. La costruzione della comunità è vista come un processo che comprende molti cicli di progetti, dove “i facilitatori” devono imparare a migliorare la consapevolezza, costruire l’unità, stimolare la partecipazione e costruire le capacità, in modo che il processo possa continuare in modo indipendente una volta avviati i progetti.

Partecipazione collettiva
Quale progetto realizzato dai partecipanti nella prima campagna vi ha colpito di più? Come procede la seconda campagna in termini di realizzazione di “progetti verdi”?
Marija: Ci sono state due tornate di richieste di sovvenzioni. Sono stati presentati progetti su iniziativa di gruppi locali di cittadini o delle ONG, che hanno visto l’opportunità di creare nuove attività per la socializzazione e per implementare interventi ecologici e “verdi” negli spazi pubblici. È davvero difficile individuare quali progetti siano stati i più incisivi, dato che tutti hanno avuto il loro pubblico e le loro località specifiche. Tuttavia, per quanto riguarda il primo turno di applicazione, citerei il progetto intitolato Serate danzanti di Fiume per gli anziani, un’opportunità di incontro per persone che sono spesso isolate e che non hanno molte possibilità di socializzare. Anche la seconda tornata di candidature ha avuto molto successo. Alcuni, purtroppo, a causa della pandemia hanno dovuto cambiare i loro piani e posticipare le attività.

Iva: Nella prima campagna realizzata nel corso del 2019 ho amato due progetti realizzati dallo stesso gruppo, Kvart za 5, entrambi in pieno centro. Il primo è stato il progetto Ginko, che ha consentito ai cittadini di realizzare panchine e casette per uccelli sugli alberi, coinvolgendo i bambini della vicina scuola elementare e i residenti. Si è rivelato un progetto di grande successo con una dimensione ambientale ed educativa. Il secondo progetto non ha avuto lo stesso successo, ma ha mostrato la necessità di una cooperazione strutturale, trasparente e continua tra la comunità e le autorità locali. L’iniziativa Hazelnut Pocket Park si è occupata dell’area verde cittadina nel centro storico, che è stata trascurata per anni. Era stata trasformata in discarica di rifiuti urbani e in deposito temporaneo di una parte della città medievale e l’obiettivo era farla diventare un piccolo parco urbano. Sfortunatamente, l’idea di trasformare l’area ha incontrato ostacoli a causa di una questione non risolta sulla proprietà.

Sherif e Shaku: Se dovessimo fare una valutazione di quali progetti hanno avuto successo, i nostri criteri non sarebbero dettati dal loro completamento, ma dal livello di partecipazione e condivisione dei risultati tra i membri della comunità, dal coinvolgimento nell’utilizzo, nella cura e nello sviluppo di ciò che è stato realizzato e dalla spinta data alla comunità per intraprendere anche altre attività, ovvero per affrontare i problemi in modo collettivo. Un progetto dovrebbe essere visto come l’inizio di un processo di sviluppo. Dobbiamo passare da una mentalità puntuale di “progetto” a una mentalità di “processo”. Molti dei problemi affrontati nella prima campagna sono stati evitati nella seconda. Questo perché i dipartimenti tecnici sono stati coinvolti fin dall’inizio nella revisione e nell’approvazione dei progetti proposti.

Piante aromatiche per rendere più verde la città

Il rapporto con le autorità
Qual è il ruolo dell’autorità locale nella realizzazione di progetti proposti da iniziative civiche? Come garantire il mantenimento di quanto realizzato?
Marija: Ciò che il programma partecipativo ha mostrato è che la comunità non è sempre consapevole del complesso sistema burocratico che la governance locale deve seguire (piani, leggi, ecc.). Coinvolgere la comunità in questo procedimento ha permesso una migliore comprensione delle cose. Perché i progetti rimangano in vita si è realizzata, per quanto riguarda Onda verde, un’intesa con la governance locale riguardo al sostegno nella realizzazione e nel mantenimento degli interventi urbani. Ora il compito ricade in capo alle iniziative locali dei cittadini e alle ONG e spero che i risultati siano buoni. È una questione di responsabilità, apprendimento e perseveranza della comunità, visto anche il coinvolgimento emotivo manifestato.

Iva: La volontà del governo locale di stimolare la partecipazione dei cittadini e garantire un bilancio partecipativo è vitale per aumentare il livello di coinvolgimento dei cittadini nella politica locale. Nell’ambito di CEC abbiamo visto uno sforzo in più da parte dei dipartimenti cittadini per l’urbanistica e la gestione della proprietà comunale, per rispondere alle proposte dei cittadini nonostante il sistema non disponga di meccanismi per trattare e includere realmente i singoli nella governance. Il pesante carico di protocolli amministrativi e burocratici con cui lavorano i servizi pubblici non è ancora di facile accesso. Un certo livello di trasparenza è stato raggiunto a Fiume. Si tratta di un passaggio necessario perché la partecipazione dei cittadini funzioni.

Sherif e Shaku: In via generale la politica considera queste iniziative meno importanti rispetto ai grandi progetti edilizi, che catturano l’attenzione con i loro grandi budget. Questi piccoli progetti comunitari non hanno bisogno di grandi investimenti, ma di una strategia chiara pensata per sostenerli, di continuità, di incoraggiamento, di impegno e di processi appropriati. Senza questi, è altamente improbabile che la buona volontà e gli investimenti fatti possano bastare.

I problemi e i benefici
Quali benefici derivano alla città dai programmi partecipativi?
Marija: Se il governo statale vuole includere i cittadini in misura maggiore in un processo decisionale i programmi partecipativi potrebbero rivelarsi uno strumento straordinario per costruire una società più stabile e sana. Basta guardare l’elenco delle città indicate come i luoghi più idonei per vivere: Vienna, Madrid, Zurigo e Berlino. Questi esempi mostrano che lì dove la connessione tra la governance locale e i cittadini è forte c’è la possibilità di rispondere al meglio alle necessità di tutti a beneficio dello standard di vita.

Iva: Credo che il beneficio principale di questo programma pilota sia il fatto che i cittadini di Fiume hanno avuto la possibilità di accertarsi che è possibile proporre e realizzare progetti comunitari, partecipare a processi decisionali partecipativi e soddisfare bisogni che nascono dall’intelligenza collettiva. Il programma partecipativo di Fiume CEC 2020 ha offerto un’apertura unica e ha proposto meccanismi decisionali democratici al suo interno. Ciò è stato possibile grazie all’approccio orizzontale attraverso il Consiglio dei cittadini.

Sherif e Shaku: A nostro avviso per Fiume questa è stata un’esperienza molto utile. Alcune delle principali differenze tra questo esperimento CEC e i programmi già esistenti come Piccole azioni comunali o i Programmi di partenariato locale, sono l’istituzione del Consiglio dei cittadini per selezionare i progetti, la flessibilità dei progetti e le modalità di finanziamento. Inoltre, nel RiHub è stato creato uno spazio dedicato alla formazione, al networking e allo scambio di esperienze. Tutti questi sono elementi utili da considerare anche per migliorare i programmi esistenti. Le esperienze di Onda verde e le iniziative civiche, devono essere valutate in termini delle competenze acquisite e del loro sfruttamento per migliorare e ampliare i programmi cittadini.

Piante aromatiche per rendere più verde la città

Coinvolgere i cittadini
In termini di aree verdi e biodiversità, dopo CEC, quali vantaggi ci saranno per la città?
Marija: Fiume ha una bellezza e un fascino unici. C’è un’abbondanza di opportunità per sviluppare ulteriormente questa bellezza, in particolare per quanto riguardo gli spazi post-industriali. Ci sono alcune persone molto creative che lavorano nelle aziende locali, il cui lavoro si concentra sul mantenimento e l’arricchimento delle superfici verdi di Fiume. C’è bisogno tuttavia di una capacità più “sciolta” di intervenire nel sistema. Anche il denaro è un fattore importante nello sviluppo e nel mantenimento della biodiversità, così come nello sviluppo di superfici verdi ben progettate e costruite. Per quanto piccoli siano stati gli interventi fatti, oggi Fiume ha un paesaggio leggermente diverso in termini di biodiversità e superficie. Il vero impatto in questo senso è sulle persone; nuove conoscenze, pratiche e apprendimento congiunto gratuito, a cui sono stati esposti i cittadini durante le attività del progetto.

Iva: Dal mio modesto punto di vista, Fiume chiede di ridefinire i propri valori dall’interno, culturalmente ed economicamente. Perdendo la sua identità industriale, la città sta cercando una nuova direzione di sviluppo. Mi sembra che la rigenerazione verde possa essere la risposta giusta all’attuale status quo. Rinverdire le città post-industriali non porta solo benefici estetici, ricreativi ed ecologici, ma può anche soddisfare obiettivi di sviluppo infrastrutturale ed economico. CEC lascerà in eredità alcune nuove piccole oasi urbane in cui riposare e giocare, si tratta di esempi di una possibile migliore governance. Tuttavia lo sfruttamento di questo potenziale dipende dal senso di responsabilità verso gli spazi pubblici, sia da parte delle autorità che dei cittadini. Si è scoperto che in questo senso c’è ancora da lavorare onde abituare i cittadini all’idea che possono prendere parte attiva nella cura delle aree verdi condivise.

Sherif e Shaku: Per noi, Fiume è ancora all’inizio di un percorso di acquisizione della consapevolezza sulla necessità di passare a un percorso di sviluppo più verde e più sostenibile. Del resto Fiume è nata come città industriale e anche CEC ha sottolineato queste origini. L’onda verde e altri programmi simili hanno segnato un primo passo del percorso riguardante la diffusione della coscienza sociale e ambientale. Dopo CEC Fiume è leggermente diversa, ma ci vorranno ancora molto impegno per percorrere tutto il cammino. Sarebbe opportuno coinvolgere di più un gran numero di bambini e studenti per iniziare un vero cambiamento.

Favorire il benessere
Il rapporto tra la governance e i cittadini nel riprogettare la città favorendo il benessere e contrastando il cambiamento climatico…
Marija: La gente comune dovrebbe avere molta voce in capitolo quando si tratta di ridisegnare le città in cui vivono. Sono i cittadini che giorno per giorno vedono le cose e sanno dove è necessario intervenire per migliorarle; in particolare per quanto riguarda gli spazi verdi. Se e quando saranno stabiliti una comprensione e il sostegno reciproco tra il governo locale e i cittadini, il processo decisionale sarà più democratico e si saranno aperte le porte a un’opportunità immensa in termini di vita più sana, quindi più verde, nelle città.

Iva: Rinverdire le aree urbane appare più fattibile quando i progetti sono basati sulla proprietà comune e sulla cooperazione della comunità. RiHub e il programma partecipativo hanno avuto un ruolo di mediazione tra il pubblico e le autorità. Abbiamo imparato molto e abbiamo dimostrato l’importanza di questo dialogo che coinvolge le parti interessate, inclusi i vari livelli di governo, i proprietari terrieri, le aziende private, le organizzazioni no–profit e i cittadini. Ci dovrebbero essere politiche costanti di coinvolgimento dei cittadini nei vari programmi, così come sarebbe opportuno un cambiamento di mentalità quando si tratta di intervenire negli spazi comuni.

Sherif e Shaku: È essenziale riconoscere che la responsabilità ambientale è solo una parte del processo e non può essere realizzata se mancano gli altri due elementi dello sviluppo sostenibile: la giustizia sociale e l’inclusione economica. Gli obiettivi di sviluppo sostenibile richiedono una profonda trasformazione degli individui, delle comunità e delle istituzioni, ovvero dei tre protagonisti del progresso. Ma bisogna intervenire anche sulla natura stessa delle relazioni che li legano tra loro e con l’ambiente. La comunità locale è la prima linea di questa trasformazione. Nei circoli dello sviluppo è ormai ben compreso che l’area di cambiamento più produttiva e creativa è l’interfaccia tra le istituzioni locali e la comunità. Mi riferisco ai Comitati di quartiere, ai quali vanno assicurati una grande attenzione e il supporto dei dipartimenti cittadini. I Comitati di quartiere devono acquisire una nuova visione del loro ruolo per permettere alla comunità di agire per migliorare l’ambiente; devono acquisire la capacità per farlo e devono avere accesso a fondi e competenze tecniche necessarie per sostenere i progetti avviati. Se ci si muoverà in questa direzione, allora CEC avrà lasciato una meravigliosa eredità. Per quanto riguarda le autorità, dovrebbero definire dei piani strategici capaci di fornire sostegno politico e tecnico, ma anche mezzi economici sufficienti. Inoltre, le procedure andrebbero modificate in modo da sostenere efficacemente questi processi. Gli individui e le comunità hanno potere, ma non possono attuare un’azione coordinata costruttiva senza poter contare sul sostegno delle istituzioni. Nessuno dei due può andare avanti senza l’altro, va pertanto instaurata una relazione matura tra la comunità e le istituzioni. I progetti delle comunità locali sono un’arena dove imparare a cambiare questa relazione e sono quindi essenziali per lo sviluppo sostenibile. Le persone devono imparare a diventare cittadini attivi, assumendosi la responsabilità per il benessere delle loro comunità; al contempo le istituzioni devono imparare a liberare il potere delle comunità, a sostenere le loro iniziative e a guidare i loro sforzi.

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