Ciacavo, la lingua da cui tutto iniziò

Chiacchierata con Cvjetana Miletić, castuana, ma lauranese d’adozione, appassionata scrittrice (per diletto) di opere di vario tipo nel dialetto del suo luogo di nascita. Per la cura del «ča», è stata insignita nel 2013, da parte del Comune di Laurana, del premio opera omnia

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Ciacavo, la lingua da cui tutto iniziò
Cvjetana Miletić. Foto Goran Žiković

La lingua croata è composta da tre continuum dialettali: ciacavo, caicavo e stocavo, i cui nomi derivano rispettivamente dai pronomi interrogativi “ča”, “kaj” e “što”. Nello stocavo il pronome si presenta come “što” (ma anche “šta”), nel caicavo come “kaj” (ma anche “kej”, “koj”, “kuj” e “ke”), mentre nel ciacavo come “ča” (ma anche “ća”, “ca”, “če”, “čo” e “co”). I continuum dialettali sono suddivisi, a loro volta in dialetti, i dialetti in gruppi di parlate e i gruppi di parlate in parlate locali.
Dopo avere affrontato, nei precedenti due numeri del nostro inserto, le lingue seianese e valacca, idiomi istrorumeni a forte pericolo d’estinzione, intervistando per la prima il prof. Robert Doričić e per la seconda Viviana Brkarić (i quali ne hanno parlato dal punto di vista emotivo e non in qualità di esperti in linguistica), ora andremo ad analizzare il dialetto ciacavo, precisamente quello rientrante nella famiglia dialettale ecava. Dobbiamo ammettere che non è stato facile trovare un interlocutore che se la sentisse di parlarne con cognizione di causa. Dopo alcuni no, detti non per maleducazione, bensì per il timore di non essere all’altezza, ci è stato proposto il nome di Cvjetana Miletić, vera a propria autorità, seppure non una linguista, per quanto riguarda il ciacavo, con cui ha un forte legame affettivo e del quale (e nel quale) ha scritto opere di vario tipo. Tra queste, anche una raccolta di poesie haiku intitolata “Merlići suncen naštikani” e un Dizionario della parlata castuana dal titolo “Slovnik kastafskega govora”, che ha deciso di realizzare per “andare a colmare un capitolo vuoto, che necessitava di venire riempito”, come ha spiegato nella sua recensione del volume, la prof.ssa Sanja Zubčić. Per la sua cura del dialetto ciacavo e la forte affezione verso questo idioma, nel 2013 il Comune di Laurana (dove vive), ha insignito Cvjetana Miletić del Premio Opera omnia.
Nativa di Castua, la nostra interlocutrice vive da oltre metà della sua esistenza a Laurana, dove è membro della locale Cattedra del Sabor ciacavo, come pure di quelle di Abbazia e di Ronjgi, mentre è simpatizzante di quella di Moschiena, seguendo con interesse le varie attività portate avanti da quest’ultima. Il nostro piacevole colloquio si è svolto a casa sua, di fronte a una ricchissima biblioteca composta quasi esclusivamente da volumi in ciacavo o che parlano di questo dialetto, che Cvjetana stessa ha definito “per il momento non in pericolo d’estinzione, ma tutto dipende da noi e da come ci comporteremo verso lo stesso”.

Una lingua antica

“Il ciacavo è una vera e propria lingua, da cui tutto è iniziato – ha esordito –, soltanto che ai tempi degli Illiri e della loro rinascita è stato proclamato dialetto, per il semplice motivo che si è voluto creare una lingua standard che potesse essere d’uso ufficiale in tutto il territorio del Paese. La medesima sorte è toccata al caicavo e allo stocavo, ma in realtà essi, assieme al ciacavo, sono le lingue croate più antiche. Che ciò sia vero, lo si evince da alcune delle più importanti opere croate, come ad esempio la splendida ‘Judita’, poema epico scritto nel 1501 dal padre della letteratura croata, Marko Marulić, appunto in ciacavo. Un altro esempio è dato dalla Lapide di Bescanuova (Bašćanska ploča, nda), uno dei più importanti monumenti di queste terre, con scrittura in glagolitico e viva testimonianza dell’esistenza del ciacavo (oltre ad essa, anche il Codice di Vinodol, lo Statuto di Segna e lo Statuto di Tersatto, nda). Se andate a chiedere a qualsiasi persona anziana che vive in queste nostre aree in che lingua parli, vi sentirete rispondere: ‘Ma è ovvio, parlo il croato, il ciacavo, come tutti gli abitanti del mio luogo’. Per cui, il ciacavo per noi è una lingua. In essa parliamo, scriviamo, leggiamo, possiamo fare ciò che vogliamo, qualsiasi cosa ci passi per la testa. Volendo, è possibile realizzarci anche un lavoro di ricerca scientifico e coloro che sostengono non ci siano parole sufficienti, in realtà non lo sanno scrivere. Perché se nel 1400 è stato possibile stilarci addirittura una legge, chi può affermare che ciò non si possa fare e che il ciacavo sia povero di termini? È ricco di parole, con l’unica differenza che queste non possiedono tanti sinonimi come la lingua standard, ma ciascuno di questi sinonimi lo potete comunque dire in ciacavo traducendo la prima parola ed esprimendo le altre tre o quattro in chiave descrittiva. Come possiamo vedere, nel ciacavo la ricchezza del linguaggio non manca di certo, ma il linguaggio è una forma viva e cambia a seconda di come cambia l’uomo. Ecco, direi che il linguaggio è come l’uomo, nasce, vive, cresce, si sviluppa e muore”.

Differenze

Alla nostra domanda relativa a quanto differiscano le parlate e le cadenze del ciacavo tra un posto e l’altro, Cvjetana Miletić ha riposto che la differenza cresce proporzionalmente alla distanza tra i luoghi, ma che è percepibile anche tra due località limitrofe. “C’è un detto che in ciacavo recita: ‘Svaka vas svoj glas’ (letteralmente ‘A ogni paese la sua voce’), che significa che esistono varie sfumature di ciacavo, piccole o grandi, tra un posto e l’altro. Una leggera differenza la si percepisce ad esempio tra le parlate di Mattuglie e Castua, seppure siano vicinissime in termini di chilometri. La spiegazione è semplicissima. In passato tra le due località c’era il confine italiano, il che ha portato il ciacavo castuano a contenere in sé moltissimi italianismi, mentre quello mattugliese ha mantenuto maggiormente i croatismi. A Castua il ciacavo ha adottato in tal misura determinati termini in italiano che non sbaglierò affermando che gli stessi si siano in un certo senso ‘ciacavizzati’ sposandosi con la nostra lingua e diventando parte imprescindibile di essa e di noi stessi. A volte non ricordiamo neanche a che lingua appartenevano determinati vocaboli”.
“La lingua è come l’elastico – ha proseguito la nostra interlocutrice –, è flessibile e riesce ad accogliere qualsiasi cambiamento, facendolo proprio. È successo e sta succedendo tuttora con le piccole o grandi migrazioni della gente. Quando le persone migrano e si spostano dal proprio luogo natio per andare a vivere altrove, portano immancabilmente con sé la propria cultura, le proprie abitudini e la propria lingua. Come vi capirete ad esempio con un vostro nuovo vicino di casa giunto da un’altra realtà? Cercherete in tutti i modi di farlo, a costo di assimilare alcune sue parole e invitandolo a fare lo stesso. È un meccanismo con cui il linguaggio cambia nel tempo, reinventandosi più volte e dando prova di tutta la sua versatilità. Tre parole tu, tre parole il tuo vicino, ed ecco che i rispettivi vocabolari si arricchiscono di nuovi termini. Questo fenomeno ha portato, concretamente, il ciacavo ad avere tante varianti quanti sono gli abitati in cui esso si parla. Io, personalmente, sono di origini castuane e il mio ciacavo ha la cadenza del Castuano, ma questa mia parlata si differenza da quella di Laurana, dove vivo. Possiede termini diversi, come sono diverse le parole del ciacavo che si parla a Viškovo, Ronjgi, Jurdani e via dicendo. Il bello è che tutte queste località fanno parte di un un’unica area, che è il Castuano. Ha detto bene Ivo Jardas (insegnante ed etnografo croato, nato a Marčelji nel Comune di Viškovo, nda), che il Castuano si estende fin dove si sente il suono delle campane della chiesta di Sant’Elena a Castua. Da una parte ci sono, così, gli abitati di Zvoneća, Rukavac e altri di quel versante e dall’altra c’è Viškovo o San Matteo, come lo chiamavamo noi una volta. E tutti loro hanno le proprie peculiarità dal punto di vista dialettale. Per fare un esempio, noi a Castua la farfalla la chiamiamo vešća, mentre a Bersezio questa parola significa strega. Usandola in questi due modi, le cose cambiano drasticamente. È una cosa curiosissima e interessantissima. Il ciacavo che si parla nel Castuano e nella Liburnia appartiene alla famiglia ecava, come anche quello del Grobniciano, mentre in Kirija (l’area che si protrae dal Vinodol fino a parte della Lika, nei pressi di Plitvice, nda), ma già dalle parti di Buccari e dintorni, ha la cadenza icava. L’Istria, dal canto suo, ha il ciacavo suddiviso in ecavo e icavo, dipendentemente dal luogo. In quanto ai pronomi, nelle aree liburnica, castuana e grobniciana sentirete soltano il ‘ča’, mentre sulle isole, come ad esempio in alcune parti di Veglia, oltre al ‘ča’, si usano anche il ‘čo’, il ‘če’ e il ‘ca’. A Dobrigno sentirete il pronome ‘čo’ e a Verbenico il ‘če’, nonostante li separino una decina di chilometri, per dire”.

Il futuro c’è

Quando Cvjetana Miletić ha acquisito la lingua standard, il croato? “A scuola. Fino alla prima elementare parlavo soltanto il ciacavo. Oggi posso dire di saper parlare perfettamente due lingue anziché una”, ha risposto. In riferimento all’ipotetico pericolo che un giorno il ciacavo sparisca del tutto, una domanda d’obbligo è proprio questa: è possibile che esso si estingua nel tempo, come probabilmente succederà con il seianese e il valacco, di cui abbiamo già scritto? Quanto interesse c’è nei giovani a mantenerlo, a parlarlo, a scriverlo, a usarlo nel loro quotidiano? Che cosa si fa a livello di istituzioni scolastiche per salvaguardarlo? “Dipenderà tutto da noi e da quanta tenacia e, soprattutto, da quanta volontà ci sarà nel tutelarlo e curarlo. Per il momento andiamo bene. In singole scuole elementari si lavora in questo senso con gli alunni e ci sono gruppi di attività libera in cui lo si studia, ma più che studiarlo, lo si vive nel linguaggio quotidiano e nella scrittura. Esistono così anche gare letterarie di ciacavo, sia nel Quarnero che in Istria, a cui partecipano tantissimi bambini. È qui che si capisce che l’interesse e la volontà non mancano, sia da parte degli insegnanti che degli scolari. Il problema nasce una volta passati alle scuole medie superiori, dove queste attività extrascolastiche, invece, non ci sono. Qui si crea un vuoto, che in piccola parte viene poi colmato con alcuni di quegli stessi bambini, che una volta cresciuti, tornano a scrivere in ciacavo, poesie, racconti, brevi romanzi, saggi, articoli di giornale, lavori di ricerca e altro. Devo dire che un grande contributo nella salvaguardia della lingua è dato dal Sabor ciacavo, istituito a Gimino nel 1969 dal noto scittore e accademico Zvane Črnja, nato in Istria, ma vissuto a Zagabria. Già l’anno successivo è stata fondata la prima Cattedra del Sabor ciacavo ad Abbazia. Negli anni ne sono state aperte diverse e oggi ne contiamo una trentina tra l’Istria, il Quarnero, le isole, la Lika e fino alla Dalmazia meridionale. Il loro scopo è curare e promuovere la cultura e la scienza in ciacavo laddove esso si parla, ma anche collaborare con i parlanti e gli amanti del ciacavo all’estero”.
Ci sembra di capire che il ciacavo abbia, dunque, un futuro. “Ripeto. Tutto dipenderà da noi stessi. Dobbiamo smettere di adattarci agli altri nell’assunzione di vocaboli che non sono i nostri, dipendentemente da chi abbiamo davanti. Facciamo valere la nostra lingua, trasmettiamola al prossimo, coccoliamola. Solo così non potrà mai estinguersi”.

Una vita spesa in poesia e prosa

Cvjetana Miletić è nata a Castua e si è laureata in pedagogia a Fiume. Ha lavorato per quasi tutta la sua vita come insegnante di classe e per una decina di anni come redattrice del foglio “Opatijska komuna”. Ha scritto per le trasmissioni radiofoniche “Mantinjada z mužikun” e “S primorske poneštrice” (Radio Fiume) e per la trasmissione “Naši krajevi u riječi i glazbi” (Radio Zagabria). Ha pubblicato nei giornali e riviste “Galeb”, “Liburnijski Novi list”, “Tarsatika” e “Sušačka revija”, mentre ha collaborato all’inserto “Beseda” del Novi list, di cui per due anni è stata anche redattrice. Nel 2001 ha pubblicato per i tipi della Casa editrice “Adamić” il volume “Pet pitanja za…”, che contiene oltre cento interviste con “gente nostra”, parlanti del ciacavo. È sua anche la raccolta “Liburnijski luštrin”, contenente un centinaio di suoi editoriali usciti nel quotidiano Novi list, edita congiuntamente dalla “Adamić” e dalla Cattedra del Sabor ciacavo di Abbazia. La sua prima raccolta di poesie intitolata “Senjali od zlata” risale al 2006 ed è uscita grazie all’interesse dell’Associazione “Ivan Matetić Ronjgov” di Ronjgi. Quattro anni dopo, nel 2010, è uscita la raccolta in prosa “Dve suzi smeha”. Nel 2012 ha contribuito alla pubblicazione del volume “Lovran i Lovranci: judi, delo i užanci. Na raskršću dva milenija”, nel quale sono contenute 215 interviste con persone dell’area lauranese. A pubblicarlo è stata la Cattedra del Sabor ciacavo di Laurana. Troveremo i versi di Cvjetana Miletić anche nelle raccolte “Pul Matetićevega ognjišća” (numeri 4, 5, 6, 7, 8 e 9), “Kada vruja zavruje” e “Ćeš me, nećeš me”, la sua prosa nel volume “Književno pero” pubblicato dalla Società letteraria croata di Fiume, in quello intitolato “Književna Rijeka” della Società di letterati croati di Fiume e le sue poesie nella raccolta “Verši na šterni”. Continua a scrivere e a pubblicare nel suo ciacavo. La sua raccolta di versi “Merlići suncen naštikani” uscita nel 2014, è scritta in forma haiku, “perché ho scoperto che il ciacavo vi si presta benissimo”.

 

 

 

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