Le donne più potenti dell’antico Egitto

Possedevano uno status che contrasta in modo significativo con la condizione della donna in molti Paesi moderni. Veniva assegnata loro una fetta di potere sociale e politico che non possiamo riscontrare in tantissime società dell’età contemporanea

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Le donne più potenti dell’antico Egitto
Il famoso busto della regina Nefertiti al Museo egizio di Berlino. Foto Shutterstock

Mentre la primavera si apprestava a sbocciare, in tutto il mondo (o quasi…) veniva celebrata la Giornata internazionale dei diritti delle donne, un giorno in cui si ricordano l’importanza dei diritti delle donne e le conquiste sociali, politiche ed economiche ottenute, ma in cui si richiama anche l’attenzione sulle disuguaglianze di genere ancora esistenti, sugli stereotipi e le discriminazioni, sulla violenza subita da donne e bambine, sui carenti diritti riproduttivi, e via dicendo. Oltre all’8 marzo abbiamo anche la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (25 novembre), come pure la Giornata Internazionale delle Donne e Ragazze nella Scienza (11 febbraio), istituita per porre l’attenzione sul significativo e persistente divario di genere che caratterizza la partecipazione femminile nelle cosiddette discipline STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica).
L’uguaglianza di genere è stata da sempre un tema di centrale importanza per le Nazioni Unite. Sin dalla sua fondazione, infatti, l’ONU ha riconosciuto la parità e l’emancipazione femminile come contributi cruciali allo sviluppo economico globale, sottolineando come l’uguaglianza non è soltanto un diritto fondamentale, ma anche una condizione imprescindibile per un mondo più prospero e sostenibile. Non è nostra intenzione, in questo contesto, discutere dei diritti delle donne, bensì di fare un viaggio con la macchina del tempo andando a ritroso diversi millenni.
Le donne sono state spesso discriminate in molte culture del mondo che riconoscevano loro capacità e ruoli limitati alla procreazione e alla cura della prole e della famiglia. In un primo momento nelle civiltà mesopotamiche (Egitto, Persia, Assiria, Babilonia) la donna aveva una posizione molto elevata all’interno della società. In questi luoghi è stato presente anche il matriarcato ma poi, con l’ascesa delle monarchie militari, persero di prestigio e si iniziarono a formare i ginecei, dai quali le donne non potevano uscire e dove non potevano vedere nessun uomo ad eccezione degli eunuchi e del proprio marito.

Senza barriere

Noi ci limiteremo a parlare dell’antico Egitto, dove le donne possedevano uno status che contrasta in modo significativo con la condizione della donna in molti Paesi moderni, in quanto occupavano e veniva assegnata loro una fetta di potere sociale (anche politico) che non è consentito loro avere in un buon numero di società dell’età contemporanea. Anche se gli uomini e le donne in terra d’Egitto avevano poteri tradizionalmente distinti all’interno della società civile, non sussisteva alcuna barriera insormontabile davanti a coloro che volessero deviare da un tale modello di separazione dei ruoli.
La società egizia riconosceva non l’uguaglianza sociale dei sessi, bensì la complementarità essenziale nei compiti a cui erano destinati rispettivamente uomini e donne. I doveri a cui era chiamata la popolazione femminile del Paese erano soprattutto rivolti alla buona riuscita della vita nell’ambiente familiare, quindi alla prosperità della famiglia e alla buona salute e crescita dei figli.
La maggior parte delle donne apparteneva alla classe contadina. Tra le classi superiori della società la donna solitamente non aveva un’attività lavorativa al di fuori dell’ambito domestico. Era addetta, invece, alla supervisione e al controllo del lavoro svolto dai servitori, oltre ad occuparsi dell’educazione primaria dei figli. Svolgevano diverse attività. Spesso lavoravano pertanto come profumiere, ma venivano impiegate anche nei tribunali e all’interno dei templi in qualità di danzatrici, cantanti e musiciste. Le nobildonne potevano inoltre essere anche collegate alla casta sacerdotale, al servizio di uno specifico dio o di una dea. Alcune donne potevano infine stare a capo di un’azienda, oppure svolgere la professione di medico.
Nell’antico Egitto alti funzionari femminili non erano rari, ma ci sono state anche donne che hanno ricoperto il più alto ufficio possibile, quello di faraone. La successione dinastica, in assenza di eredi maschi diretti del faraone, era assicurata facendo sposare al nuovo faraone una figlia o una parente prossima del faraone defunto. Le donne faraone più conosciute e di cui gli storici sono più certi sono Nefrusobek (XII dinastia egizia), Hatshepsut (XVIII dinastia egizia) e Cleopatra (dinastia tolemaica). Anche molte tra le grandi spose reali hanno avuto l’occasione di rivestire ruoli piuttosto importanti, come ad esempio Nefertiti, moglie di Amenhotep IV, il futuro Akhenaton (conosciuto come “il faraone eretico”) e Nefertari, moglie del grande Ramses II. Andiamo a conoscere queste donne.

Il carattere deciso di Nefrusobek

Nefrusobek (XII dinastia), conosciuta anche come Sobekneferu o “Bellezza di Sobek”, è la prima regina egizia che gli storici ufficiali hanno classificato, plausibilmente, come regnante dell’antico impero. Il termine accettato per convenzione per riferirsi a una regina egizia è donna-faraone o regina-faraone. Come ogni persona che governa e guida il suo popolo e, soprattutto, come ogni donna che assume un ruolo altrimenti unicamente attribuibile a un uomo, la vita di Nefrusobek fu ricca di sorprendenti e potenti avvenimenti che ci servono da fonte di ispirazione.
Le furono necessari anche una forte personalità, determinazione, intelletto e abili capacità tattiche per governare un impero, così prospero e complicato e fino ad allora nelle sole mani dei faraoni. Fu la più giovane delle figlie di Amenemhat III. Sua sorella maggiore, Neferuptah, sembrò mostrare interesse per il potere prima di Nefrusobek e sebbene fosse destinata a occupare il trono, morì prima del padre senza mai ereditarlo.
Gli egittologi attribuiscono a questa imperatrice un regno della durata di tre anni e dieci mesi. In questo tempo, la regina ottenne successi relativamente importanti relazionati all’architettura della sua nazione: estese enormemente il complesso funerario di Amenemhat III (oggi conosciuto come il Labirinto di Meride) e promosse rilevanti costruzioni a Eracleopoli (anche Heracleopolis Magna).
Dai registri del suo regno perdurati si evince che si trattava di una donna dal carattere deciso e irremovibile. La sua forte indole, il suo coraggio e, soprattutto, la sua intelligenza e attenzione verso il regno le permisero di passare alla storia come una delle regine più degne di nota dell’Impero Egizio.
Cosa rese speciale questa regina? Tra le caratteristiche principali di Nefrusobek ricordiamo il suo coraggio e la sua devozione che fecero di lei una regina onorevole e rispettata in un universo di sovrani uomini. Risaltò anche il suo grande anticonformismo nei confronti dei canoni di genere del momento. Nonostante le polemiche generate dalle rappresentazioni di Nefrusobek con indosso indumenti maschili, la prima regina egizia non smise mai di usare suffissi femminili nei suoi titoli, scelta con cui, come vedremo, non erano d’accordo tutte le regine egizie. Nel tentativo di normalizzare il ruolo della donna nel livello più alto del potere e per equiparare in potestà i simboli di femminilità e mascolinità, sono vari i ritratti e le statue che la mostrano con indumenti e accessori propri del potere (corone e scettri) altamente inusuali.

L’ambizione di Hatshepsut

Hatshepsut (XVIII dinastia) fu la prima donna sovrana dell’antico Egitto a regnare come maschio con la piena autorità di faraone. Anche Tuthmose II ebbe dalla moglie soltanto figlie femmine e un figlio maschio nato da una concubina. Alla sua morte questi fu proclamato re con il nome di Tuthmose III, ma, essendo ancora molto giovane, fu Hatshepsut a tenere la reggenza. Questa reggenza si trasformò in un vero e proprio regno e Hatshepsut, relegando suo nipote non si sa bene dove, rimase sul trono per ventidue anni.
Mentre Tuthmose II era ancora vivo, Hatshepsut portava i titoli di “figlia del re, sorella del re, sposa del dio e grande moglie del re”. In quel tempo essa non era che una regina di primo rango come le altre che l’avevano preceduta, e non era neppure immaginabile per lei l’onore di una tomba nella valle solitaria e maestosa che proprio allora incominciava a essere riservata ai faraoni. Ma l’ambizione della regina non era appagata e dopo non molti anni la spinse all’importante decisione di cingere lei stessa la Doppia Corona. Già due volte nella storia dell’Egitto una regina aveva usurpato il trono, ma era un fatto del tutto nuovo che una donna assumesse vesti e atteggiamenti mascolini. Il cambiamento non avvenne all’improvviso e senza esitazioni, perché esiste per lo meno un bassorilievo in cui ella compare come re dell’Alto e Basso Egitto, ma ancora in abbigliamento femminile. Però, in altri luoghi, particolarmente a Karnak, Hatshepsut è raffigurata in abiti maschili e precede Tuthmose III, a sua volta rappresentato come sovrano, ma solo correggente. In molte iscrizioni ostenta tutti i titoli faraonici, benché sui suoi monumenti e su quelli dei suoi cortigiani si usino talvolta per lei pronomi femminili o nomi con la terminazione femminile. Sembra che il clero abbia giocato un ruolo importante in questo contesto.
Il regno di Hatshepsut fu tranquillo dal punto di vista militare, o perché la regina non aveva fiducia nell’esercito, o perché non avrebbe comunque potuto comandarlo, e le spedizioni militari furono rimpiazzate da quelle commerciali nei paesi del Punt. Questo periodo è anche molto importante sul piano artistico: il tempio funerario della regina, a Deir-el-Bahri, costruito dal suo architetto favorito, Senmut, è un capolavoro d’audacia e di misura. Non si sa in che modo sia morta, ma è certo che Tuthmose III cominciò subito a cancellarne il nome dovunque lo trovasse. Lasciò dietro di sé numerosi monumenti, ma nessuno nell’Egitto settentrionale tranne che nel Sinai.

Nefertiti, icona di bellezza e potere

Nefertiti (XVIII dinastia) è una delle più carismatiche, intriganti e misteriose figure femminili legate all’antico Egitto, una Regina con la erre maiuscola, che ha letteralmente fatto la storia. Icona di bellezza e potere, la moglie del faraone Akhenaton trovò in lui non soltanto un uomo al quale legarsi per una questione prettamente politica e di governo, ma anche e soprattutto un alleato con una visione complementare. Nonostante non ci siano moltissimi documenti scritti su di lei, la fama di Nefertiti è arrivata fino a noi per via del suo indiscutibile intelletto, del suo ingegno e, innegabilmente, anche dalla sua bellezza che la rese, ai tempi, una delle donne più desiderate al mondo. Scoperto nel 1912, il celebre busto della regina Nefertiti rappresenta come nessun’altra opera il modello di bellezza femminile che trionfò durante il periodo di Amarna, dove venne trasferita la capitale da Tebe.
Nefertiti non è sempre stata una Regina, ma una cosa è certa: doveva davvero essere bellissima, perché il suo nome intero è Neferneferuaton (ossia Meravigliosa è la bellezza di Aton) Nefertiti (ossia Bella). Visto che divenne la Gran Sposa Reale di Akhenaton (ossia la sua consorte principale e la più importante), è quasi certo che avesse origini nobili, aristocratiche o che comunque fosse una donna di buona famiglia. Nefertiti è stata indubbiamente la sposa di Akhenaton, ma la data e le modalità delle loro nozze non sono giunte a noi. Il marito fece comunque erigere diversi templi, di cui uno dedicato proprio a lei.
C’è chi dice che Nefertiti sia stata la vera autrice di quella che fu il segno distintivo di Akhenaton, ovvero la rivoluzione religiosa che cercò in qualche modo di imporre il culto dell’unico dio Aton. Nefertiti e Akhenaton sono in effetti riusciti per un periodo, definito come “eresia amarniana”, a instaurare una nuova religione di stampo enoteistico che ebbe un impatto di grandissimo rilievo e provocò, a lungo termine alcuni disordini politici. Di fatto non è possibile essere certi che sia stata davvero lei l’iniziatrice della rivoluzione, ma sicuramente ebbe un enorme ruolo decisionale. La sua influenza sul faraone è evidenziata anche dal fatto che, quando fece commissionare il proprio sarcofago, Akhenaton volle che agli angoli ci fosse il volto di Nefertiti e non quello delle quattro dee che si riteneva vigilassero e proteggessero le mummie (Iside, Nefti, Selkis e Neith). La morte di Nefertiti è ancora oggi avvolta nel mistero. La mummia della Regina non è mai stata trovata o formalmente identificata. Ciò significa che archeologi ed egittologi la stanno ancora cercando.

La maestosità di Nefertari

Nefertari (XIX dinastia) era la moglie e la regina di Ramses II, il grande faraone che resse le sorti dell’Egitto durante il regno nuovo per ben 67 anni, dal 1292 al 1225 a.C., morendo all’età di 93 anni in un’epoca in cui l’età media era di circa 40 anni. Ha vissuto durante il periodo del Nuovo Regno ed era un membro della XIX dinastia egiziana. La biografia conosciuta di Nefertari inizia dopo che suo marito è diventato il sovrano egiziano. Il suo nome, Nefertari Merytmut (che significa La Bellissima Compagna, Amata da Mut), incarnava la maestosità e la statura della regina Nefertari. Alla giovane età di 13 anni sposò il 15enne Ramses II, che sarebbe diventato famoso come Ramses il Grande. Nefertari era probabilmente una nobildonna, ma non un membro della famiglia reale. Usa i titoli associati a una nobildonna, ma nessun titolo si definisce figlia di un re. I documenti dicono che Ramses II e Nefertari erano sposati prima di salire al trono. Ramses II ebbe sette regine diverse, la prima delle quali fu proprio Nefertari. Il faraone generò, secondo le ultime stime, 96 figli maschi e 40 femmine. Nefertari era la madre di almeno quattro figli e due figlie.
A parte il fascino, Nefertari ebbe dalla sua un carattere e una determinazione inconsueti per le donne del suo tempo, avvezze sì a una certa indipendenza, ma tenute per lo più lontane dalla politica e dalle decisioni di corte. Fu lei invece la prima a prendere parte attiva alla lunga trattativa di pace con gli Ittiti, gli eterni nemici che insidiavano i confini dell’estesissimo Impero dei Faraoni in Asia Minore. E lo dicono senza ombra di dubbio i documenti dell’epoca giunti intatti sino a noi. Non erano tempi tranquilli quelli in cui la XIX dinastia, a cui appartiene Ramses II, giunse al potere. L’eco della tremenda tempesta religiosa voluta da Akhenaton si era appena spenta, ma i suoi effetti politici erano ancora ben visibili.
Il tempio di Abu Simbel, in Nubia, testimonia in maniera inconfutabile e imperitura il grande amore e l’immenso rispetto che lo legarono a Nefertari, la prima sposa reale, la “padrona” della stupenda tomba che i recenti restauri hanno permesso di riaprire al pubblico nella valle delle Regine, a Luxor.

Il fascino intramontabile di Cleopatra VII

Cleopatra VII fu l’ultima sovrana dell’Egitto prima che questo diventasse una provincia della Repubblica romana. Anche se probabilmente fu la regina egizia più famosa, Cleopatra era in realtà greca e faceva parte della dinastia tolemaica (323-30 a.C.) che governò l’Egitto dopo la morte di Alessandro Magno (356-323 a.C.). Nonostante fosse conosciuta per essere stata l’amante del generale e statista romano Marco Antonio (83-30 a.C.) e di Giulio Cesare (100-44 a.C.), Cleopatra fu una regina potente già ben prima di incontrare i suoi amanti ed è considerata la monarca più autorevole della tarda dinastia tolemaica.
Cleopatra – morì a soli 39 anni, dopo aver governato l’Egitto per 22 anni –, che aveva studiato matematica e geometria e parlava fluentemente 9 lingue, fu famosa per essere estremamente affascinante e un’abile diplomatica e amministratrice. Il suo coinvolgimento sia con Cesare che con Marco Antonio cominciò dopo aver già governato con successo e dopo aver guidato l’Egitto attraverso un periodo di difficoltà. La sua relazione con Antonio la portò in conflitto diretto con Cesare Ottaviano (più tardi noto come Cesare Augusto, r. 27 a.C.-14 d.C.), cognato di Antonio. Ottaviano avrebbe poi sconfitto Cleopatra e Antonio durante la battaglia di Azio del 31 a.C., ponendo fine al suo regno. Lei e Antonio si sarebbero entrambi suicidati l’anno successivo, con Ottaviano che avrebbe poi fondato l’Impero, relegando Cleopatra a un ruolo secondario nel passato di Roma.
Gli storici romani costruirono la figura della donna seducente venuta dall’Oriente che aveva minacciato Roma pagandone poi il conto. Questa immagine di Cleopatra, purtroppo, è rimasta attraverso i secoli e solo recentemente sono stati fatti tentativi di analizzarne la figura in una maniera più realistica e lusinghiera. Cleopatra ha continuato a incantare anche nel corso dei secoli successivi e rimane ad oggi la regina più famosa dell’intera storia dell’antico Egitto. Film, libri, spettacoli televisivi e teatrali si sono basati sulla sua vita e lei è stata raffigurata dalle opere d’arte di ogni secolo fino ai giorni nostri. È quasi universalmente ricordata come la donna che sedusse due potenti dell’epoca, piuttosto che per quello che fece prima di incontrarli.
Ciascuna di queste grandi donne avrebbe meritato senza ombra di dubbio uno spazio più ampio. Le loro storie sono incredibili e noi abbiamo cercato soltanto di sintetizzarle per trasmettere anche in minima parte la loro grandezza.

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