INSEGNANDO S’IMPARA Auguri e figli misti

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INSEGNANDO S’IMPARA Auguri e figli misti
Foto StockSnap/pixabay.com

Con aprile si inaugura la stagione delle nozze che culmina a giugno per poi riprendere a tutto gas a settembre-ottobre. È ovvio che ci si sposa in ogni giorno dell’anno ma, siccome è un giorno piuttosto impegnativo e dalle molte incognite, si cerca almeno di assicurarsi una semi-certezza meteorologica (che tra l’altro è impossibile avere). La sottoscritta ha detto sì l’otto giugno di un anno in cui ad Umago la pioggia si è trasformata in un muro d’acqua. Sposa bagnata…fortunato quello che scrive i proverbi. Quindi ben vengano le mezze stagioni, lontane dal disfacimento organico dell’estate e dai rigori invernali poco amici degli abiti da cerimonia e dei delicati modelli degli abiti nuziali.

Da noi la giornata inizia a casa della sposa, con un viavai di gente che mangia, beve, si prepara. Poi c’è spesso qualcuno che porta una fisarmonica e la festa comincia. Perciò il corteo si forma lì e parte, procedendo a clacson spiegati, verso il municipio o la chiesa dove ci sono gli altri invitati e i curiosi che vogliono vedere gli sposi.

Dopo la parte ufficiale della cerimonia e le foto di gruppo, si riprende a suono di clacson verso il locale prescelto per il ricevimento. Gli sposi fanno magari una deviazione per le foto importanti, mentre gli ospiti prendono aperitivo e stuzzichini. Ma al loro ritorno si comincia sul serio con il banchetto di nozze che fa la parte da leone della giornata. E via con gli antipasti, i primi (plurale) selezioni di paste e risotti e magari anche un brodino che piace tanto al nonno; i secondi sia di carne che di pesce (tutto plurale) e ad intervallare i piatti, un susseguirsi di contorni e sorbetti. Si mangia. Si beve. Si balla. Senza soluzione di continuità. Ogni tanto qualcuno si alza con un calice in mano e grida “Viva gli sposi” seguito dall’obbligatorio “Bacio, bacio!”. Si continua a mangiare, bere e danzare. Con il proseguire della serata, il calice di quello che grida “Viva gli sposi” diventa malfermo e si cantilena “Bascio, bascio”. Gli sposi non hanno più labbra, ma assecondano. Poi, dopo un’eternità, ad un’ora X della notte la maggior parte degli invitati se n’è andata, lasciandosi dietro gli irriducibili che faranno l’alba. Finalmente è finita.

Che le cose siano diverse quassù, me ne sono accorta prima ancora del mio primo invito a nozze. Si sposava la figlia di una signora che conosco e la mia frase “Che bello, verrò a vedervi in chiesa”, è stata accolta da un freddo sorriso. Mio marito mi ha poi ripresa, osservando che non si va a un matrimonio non invitati e anche la parte in chiesa (che da noi è “aperta”) è riservata esclusivamente al corteo nuziale.

In seguito ho partecipato a vari ricevimenti di nozze e ho concluso che, nonostante il rito di unire due persone in un vincolo più o meno sacro, sia sostanzialmente simile, le consuetudini che fanno da corollario variano molto. Io qui mi riferisco a quello che ho visto in Irlanda e Canada, ma che in linea generale vale anche per la Gran Bretagna e gli Stati Uniti.

Cominciamo con uno “spoiler alert”: quassù, visto un matrimonio, visti tutti. Cambiano lo stile e lo sfarzo, ma la struttura è sempre la stessa di parti più o meno ufficiali intervallate da lunghe attese (per gli ospiti).

Mentre da noi gli sposi hanno un testimone ciascuno, nella sfera anglo-americana c’è addirittura un entourage per l’uno e per l’altra. Avrete sicuramente visto film americani e inglesi in cui le scene di un matrimonio comprendono tutta una serie di damigelle per la sposa (alle ultime nozze che ho partecipato ce n’erano ben dieci) e un gruppo di ragazzi per lo sposo tutti con lo stesso abito da cerimonia. Nei due gruppi sono compresi i testimoni veri e propri che firmeranno l’atto di matrimonio: la damigella d’onore (matron of honour) per lei e il “best man”, che più che il letterale “uomo migliore” si potrebbe tradurre come “il braccio destro”, per lui. Non sto neanche a commentare la pietosa tradizione di vestire le damigelle tutte con lo stesso vestito, spesso di colori improponibili e in un modello che si addice a una sola mentre sta da cani alle altre. Almeno i ragazzi se la cavano meglio con gli abiti noleggiati.

Tutto il corteo nuziale si ritrova nel luogo della cerimonia ufficiale che in Irlanda è quasi sempre una chiesa, mentre nel nuovo mondo può essere anche un albergo o altro. Dopodiché ci si avvia verso il locale del ricevimento che può distare parecchio, e si aspetta. Si aspetta che arrivino gli sposi che sono andati a fare le foto magari tra le rovine di una vecchia abbazia. E intanto si beve, naturalmente, soprattutto in Irlanda. Quando ritornano gli sposi, finalmente si mangia…poco. Per i nostri standard il loro banchetto nuziale si rivela quantitativamente simile a una nostra cena al ristorante. Stranamente, più si spende e prima ci si sbriga, perché c’è più personale di servizio. Perciò via con l’antipasto (singolare), poi arriva il piatto principale con il contorno e infine il dessert. Per le nozze di certi nostri amici, in un grande albergo di Belfast il pranzo è durato due orette scarse. Ma se non mangiano, cosa fanno? I discorsi. Li avete visti in “Quattro matrimoni e un funerale”, quando il “best man” si alza e comincia a parlare con un foglietto di appunti in mano. Sono quelli e sono obbligatori. Magari discuteremo i dettagli un’altra volta, ma intanto basti sapere che “devono” parlare il testimone dello sposo e il padre della sposa. Altri interventi sono optional.

Segue il taglio della torta e poi tutti ad aspettare fuori dalla sala, che deve essere svuotata per le danze. Queste rappresentano un’altra parte ufficiale del programma. Ballano prima la sposa con il padre, poi sposo e madre e infine gli sposini. Mentre si aspetta e si assiste alle danze, si continua a bere. infine tutti in pista a divertirsi. Ad un’ora X della notte la maggior parte degli invitati se n’è andata, mentre gli irriducibili fanno l’alba. Certe cose che non cambiano mai!

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