Šantić, il biografo di Radin: «Vi racconto un politico di razza»

Panorama ha intervistato il giornalista Neven Šantić, l'autore di «Lo giuro, prisežem» la biografia politica di Furio Radin. Oltre a ricostruire il percorso del deputato della Comunità nazionale italiana, l'autore ha voluto fornire ai lettori anche uno strumento valido che consenta di capire meglio i mutamenti subiti dalla scena politica croata e il concetto di convivenza, l’anima intorno alla quale s’intreccia l’azione del parlamentare istriano

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Šantić, il biografo di Radin: «Vi racconto un politico di razza»
Neven Šantić Fotografia di Željko Jerneić

La studiosa Monica Rebeschini sostiene, nel saggio “La biografia come genere storiografico tra storia politica e storia sociale: questioni e prospettive di metodo”, pubblicato nel 2006 nel secondo tomo del numero 14 di ACTA HISTRIAE – la rivista scientifica pubblicata dalla Società storica del Litorale (ZDJP) con sede a Capodistria –, che il riconoscimento della biografia come genere storiografico è un’acquisizione piuttosto recente e non certo priva di oscillazioni, tanto è vero che nel passato la concettualizzazione del metodo biografico ha rappresentato in sede di discussione storiografica ed epistemologica un tema particolarmente controverso. “Sono molte – scrive l’autrice – infatti le voci autorevoli che, un po’ ovunque in Europa, si sono levate a favore (Bodin, Burkhardt, Carr, Dilthey, Freud, George, Mably, Momigliano, Nietzsche) oppure contro (Acton, Bernheim, Collingwood, Cowling, Croce, Droysen, Meyer) la ricchezza di questo particolare strumento di conoscenza storica”. “I dibattiti sull’uso della biografia storica – segnala la ricercatrice – scaturiti soprattutto in area francese e tedesca a partire dagli anni Ottanta e Novanta del secolo appena trascorso rivelano, nei loro sviluppi più recenti, un approfondimento circa il possibile utilizzo del modulo biografico da parte della cosiddetta ‘nuova storia politica’”. Stando a Monica Rebeschini, insomma, gli esiti cui giungono tali indagini evidenziano come la categoria di individuo si riveli particolarmente funzionale a descrivere la realtà storica di quei Paesi che attraversano una fase di transizione.

Secondo Neven Šantić, autore della biografia politica di Furio Radin (Lo giuro, prisežem, Durieux, Zagabria 2023), in Croazia al momento sono ancora troppo pochi gli scritti di questo genere (se si parla dei politici in vita, esistono pubblicazioni dedicate a Stjepan Mesić, Josip Manolić, Vladimir Šeks, Radimir Čačić e a pochi altri, nda). Il giornalista, dalmata d’origine ma fiumano d’adozione, intende colmare questo vuoto e ha rivelato di essere in procinto di pubblicare un libro nel quale si racconta la storia di una donna che ha lasciato un’impronta significativa nella storia politica del capoluogo quarnerino, ossia un’opera incentrata sulla figura della prima – e al momento unica – sindaca di Fiume: Neda Andrić (1927-2010). Intanto parliamo del volume che ripercorre il cammino politico del deputato uscente della Comunità nazionale italiana, dagli albori del suo impegno al Parlamento croato (e non solo) al 2021. Lo facciamo per cercare di cogliere, attraverso gli occhi di quest’attento osservatore e la pluridecennale attività di Furio Radin, alcune peculiarità legate al ruolo di deputato della Comunità nazionale italiana; ruolo che il politico polese ricopre dal 1992.

Radin Šantić
Neve Šantić e Furio Radn alla presentazione della biografia “Lo giuro, prisežem” Fotografia di Ronald Brmalj

Galeotta fu la questione dello Statuto istriano

Quando vi siete conosciuti?
“Furio Radin l’ho conosciuto ai tempi del suo ingresso in politica. Inizialmente la nostra comunicazione non è stata molto intensa, però avevo comunque notato la sua presenza nell’ambiente politico croato. All’epoca mi trovavo al quotidiano ‘Novi list’ di Fiume e seguivo con attenzione le attività delle forze politiche regionaliste tra i quali la Dieta democratica istriana. Alle prime elezioni alle quali partecipò Radin, la Dieta aveva sostenuto un altro candidato (il giornalista Elio Velan, nda), ma poi la sua collaborazione con il partito divenne continuativa e di conseguenza iniziai a occuparmi di più della sua attività sulla scena politica. Da allora, il mio interesse nei suoi confronti è cresciuto, in particolare dopo le vicende legate all’approvazione dello Statuto della Regione istriana, alla ‘famosa’ targa bilingue sul palazzo regionale a Pisino…”.

E l’idea della biografia come nasce?
“Dobbiamo tornare nel dicembre del 2018, quando m’imbattei in Radin mentre stavo percorrendo piazza Jelačić. Nel corso di quell’incontro iniziammo a parlare di alcuni progetti ai quali stavamo lavorando. Non ricordo chi dei due menzionò per primo l’idea della biografia, credo fui io, e rimanemmo d’accordo che ci saremmo rivisti la volta successiva che sarei venuto a Zagabria. Agli inizi del 2019 mi recai da Radin, che nel suo ufficio in Parlamento aveva già preparato i fascicoli contenenti parti del suo archivio personale. Decidemmo d’imbarcarci nell’impresa e stabilimmo che l’ultima parola su cosa sarebbe stato pubblicato sarebbe spettata a me. Il mio intento non era quello di erigergli un monumento, bensì di fornire al pubblico, magari agli studenti, uno strumento valido che, oltre a ricostruire il suo percorso, consentisse anche di far capire meglio i mutamenti subiti dalla scena politica croata e il concetto di convivenza, l’anima intorno alla quale s’intreccia l’azione politica di Radin. In molti gli dissero che stava compiendo un errore nel concedermi carta bianca. Lui però non cambiò idea. D’altro canto, in precedenza aveva spesso lodato la correttezza dei miei articoli. Forse questa fiducia, e nel libro non l’ho scritto, è dovuta al fatto che in seguito alla firma del primo accordo di collaborazione sottoscritto da Radin con Ivo Sanader fui probabilmente l’unico giornalista di un giornale non vicino alla Comunità democratica croata (l’Hdz, nda) ad aver difeso la sua scelta”.

Ma qual è stato lo spunto?
“Già nel 2018 era il deputato più longevo al Sabor. Ci stavamo avvicinando al trentennale della sua prima elezione, avvenuta il 2 settembre del 1992. In altre parole, Radin è la memoria storica del Parlamento. Inoltre, m’intrigava comprendere come si sono evoluti i diritti delle minoranze nazionali, come è cambiato l’approccio della politica nei confronti di questo tema dagli anni ‘90 ad oggi. Un ambito, questo, nel quale Radin è indubbiamente uno dei protagonisti assoluti. Non dimentichiamoci che ha presieduto per 17 anni la Commissione parlamentare per i diritti umani e i diritti delle minoranze nazionali”.

Fotografia di Ronald Brmalj

Un mix tra progressista e regionalista

Lo consideri un conservatore, un progressista, un regionalista o abbiamo a che fare con un politico sui generis?
“Radin è indubbiamente una figura politica particolare, specifica. Se consideriamo le sue prese di posizione basilari, lo possiamo inquadrare nella schiera dei politici di sinistra. Lui stesso si definisce tale. Afferma anche di essere antifascista e regionalista. La cosa più giusta è dire che è un mix di tutte queste cose. Quello che è certo è che non è conservatore e lo prova il suo approccio verso le tematiche legate alla comunità LGTB o al dibattito sull’identità di genere”.

Lui stesso, però, afferma d’aver ottenuto i risultati più importanti della sua carriera collaborando con i conservatori…
“Radin è un legalista e un esempio scolastico di politico che crede fermamente nei valori della democrazia liberale, ovvero nella separazione dei poteri fondamentali dello Stato, ossia quello legislativo, esecutivo e giudiziario. Inoltre, stiamo parlando di un politico pragmatico. Quando si rappresenta una Comunità nazionale non si può essere di destra o di sinistra. La saggezza popolare c’insegna che non importa di che colore è il pelo di un gatto se è bravo a dare la caccia ai topi. Per definizione, i parlamentari sono in dovere di rappresentare tutti i cittadini. In questo caso, però, ci riferiamo al rappresentante di una Comunità nazionale chiamato, in quanto tale, a battersi in primo luogo per i diritti di quest’ultima. Radin l’ha fatto anche nel 1994, esprimendo gli auguri a Silvio Berlusconi in seguito alla vittoria elettorale di quest’ultimo, e manifestandogli l’auspicio che si potesse collaborare alla promozione degli interessi della Cni. E nel 1996 si è giunti alla firma dell’Accordo italo-croato sulla tutela delle minoranze nazionali”.

Fotografia di Ronald Brmalj

Te l’aspettavi che sarebbe diventato il decano del Sabor?
“No, non era ipotizzabile. Negli anni ’90 non m’immaginavo nemmeno lontanamente che avrebbe vinto tutte le elezioni. Non pensavo neppure che in un paio d’occasioni non avrebbe avuto avversari. D’altronde, in particolare all’inizio della sua carriera politica, Radin non ha mai smesso d’interessarsi alla psicologia e a dedicarsi alla sua attività di studioso. Che Radin sarebbe diventato una costante della politica croata è diventato ovvio dopo la firma dell’accordo di collaborazione con Sanader. Era diventato chiaro che oramai si trovava a suo agio nei panni di parlamentare e che sarebbe rimasto in politica fino a quando ne avrebbe avuto la forza. Se la collaborazione con l’Accadizeta non avesse dato i risultati sperati e considerate le delusioni subite precedentemente con il governo di centrosinistra guidato da Ivica Račan, non posso escludere che Radin avrebbe concluso lì la sua esperienza parlamentare”.

Il suo nome, un partito

Nel corso degli anni, la notorietà di Radin è cresciuta in tutto il Paese. Il suo nome è ormai sinonimo di Cni. Come si spiega la sua popolarità?
“Furio Radin e Vladimir Šeks sono la personificazione della politica croata. Radin è a tutti gli effetti un partito, con un suo nome e cognome. L’ha creato lui, da solo, con impegno, lavorando sodo, conquistando la stima di tutti, trasversale. Basti considerare il parterre alla presentazione del libro (c’erano il premier Andrej Plenković, numerosi ministri, il presidente del Sabor, Gordan Jandroković, tanti deputati sia della maggioranza che all’opposizione, il presidente della Corte costituzionale, Miroslav Šeparović, gli allora ambasciatore italiano a Zagabria, Pierfrancesco Sacco, e console generale d’Italia a Fiume, Davide Bradanini, oltre a diplomatici, professori universitari, artisti, intellettuali, esponenti delle istituzioni delle minoranze nazionali, a iniziare dal presidente dell’Unione italiana e della Giunta esecutiva dell’Ui, rispettivamente Maurizio Tremul e Marin Corva, e tanti altri, nda). Il 95 per cento delle persone che il 22 febbraio scorso hanno affollato la sala dell’Archivio di Stato erano lì per lui, non per me. Non è abituale che alla promozione di qualche libro partecipino i rappresentanti di tutto l’arco parlamentare, dell’opposizione e della maggioranza, praticamente tutti i vertici istituzionali. La considero una prova della considerazione e del prestigio che gode Furio in questi circoli. Dal discorso di Plenković era evidente che avesse letto il libro, poi Furio mi ha svelato che il premier gli ha confessato di averlo letto in due giorni, prendendolo in mano la sera, prima di coricarsi”.

Cosa lo rende diverso dagli altri deputati eletti ai seggi specifici garantiti alle minoranze nazionali al Sabor?
“Oltre a battersi con tenacia per i diritti della Comunità nazionale italiana, Radin si è occupato anche di altri temi. Ha dimostrato di essere consapevole dei problemi che affliggono il Paese. In altre parole, è consapevole che al Sabor non rappresenta soltanto i suoi elettori, bensì tutti i cittadini”.

Le cose si risolvono a porte chiuse

Possiamo dire che ha fatto scuola?
“Per quanto concerne la promozione dei diritti minoritari, è lecito sostenere che in alcune mosse compiute da Milorad Pupovac (il deputato della minoranza serba con il maggior numero di mandati, nda) si denoti l’influenza di Radin. Va rilevato che il clima che si respira oggi nei confronti della Comunità serba ricorda da vicino quello che c’era dopo la Seconda guerra mondiale nei confronti degli italiani. Radin ha capito che le sfide si presentano quotidianamente e che alcune cose si risolvono più facilmente senza aizzare scandali, anche dialogando a porte chiuse con il premier. Il concetto chiave della sua azione politica è la convivenza. E convivenza non significa solo vivere gli uni accanto agli altri. Si tratta, dal mio punto di vista, di un principio teso a intrecciare i rapporti tra la minoranza e la maggioranza, in modo da influenzare positivamente una l’altra, con rispetto reciproco e senza pretese di assimilazione”.

Quel è il segreto del suo successo? Nel libro sveli come Radin sia riuscito a convincere il presidente Franjo Tuđman a defenestrare Ljilja Vokić dall’incarico di ministro dell’Istruzione, nonostante la contrarietà dei suoi consiglieri. Un’impresa, quella di far destituire un ministro, che oggi non riesce all’opposizione neppure quando agisce compatta.
“A quei tempi, il presidente Tuđman governava sovrano il Paese (la Croazia all’epoca era una repubblica semipresidenziale, nda) e il partito al potere aveva l’ultima parola su tutto. Radin riuscì a cogliere l’attimo e ad individuare la retorica giusta per sollecitare la sua sensibilità. La politica è l’arte di saper usare le parole. Sì, in seguito alla sua reazione, la ministra Ljilja Vokić (che nel 1995 emanò una circolare che introduceva il filtro etnico per l’accesso alle scuole della Cni, nda) venne destituita, ma la cosa importante in questo caso, mi riferisco al tema dell’istruzione, è che dopo una lunga battaglia riuscì a portare dalla sua parte anche i deputati delle minoranze nazionali che inizialmente non condividevano le sue posizioni. Non avevano intuito la pericolosità di ciò che rischiava di succedere, del rischio di ghettizzazione. Allo stesso modo, disinnescò ai tempi dell’esecutivo presieduto da Zoran Milanović il tentativo del Dicastero dell’Istruzione guidato dal ministro Željko Jovanović di fissare il numero minimo di alunni nelle scuole delle minoranze nazionali. La scuola e il bilinguismo sono due aspetti dell’azione politica di Radin che non potevo assolutamente tralasciare di trattare nel libro”.

Due bocconi amari da digerire

La lunga presenza in Parlamento giova alle sue battaglie politiche?
“La longevità politica non aiuta se non si è capaci di fare tesoro delle esperienze accumulate. Un politico con trent’anni di carriera alle spalle, ma che occupa sempre soltanto ruoli marginali è insignificante. Radin conta perché non ha mai accettato di essere trattato da pedina, anzi ha sempre saputo ritagliarsi un ruolo da protagonista. Non è uno di quei politici carrieristi che intascano lo stipendio e nel corso di una legislatura non chiedono mai d’intervenire per paura di compromettersi. Parlare, esprimere pubblicamente il proprio pensiero è importantissimo per un politico. Serve a prendere fiducia, a capire quando l’istinto ti indirizza sulla strada giusta e quando invece stai sbagliando qualcosa”.

Ci sono delle scelte politiche di Radin che ti hanno deluso?
“Di recente mi sono sentito porre una domanda simile in seguito alla nomina del procuratore capo, al caso Turudić. Tuttavia, forse la delusione più grande l’ho avuta quando ha votato a favore della legge che sancisce la chiusura domenicale dei negozi. Ricordiamoci però che anche coloro i quali lo criticano per queste sue azioni in passato sono scesi a compromessi. Inoltre, non dimentichiamo che Radin deve valutare anche quali saranno le ripercussioni del suo voto per i suoi rapporti con il governo, dal quale dipende l’esito della sua azione a favore della Comunità italiana che è chiamato a rappresentare. Molte sue scelte sono dettate dalla volontà di impedire che la destra estrema possa assumere il potere. Basta un niente per far uscire dalla bottiglia i demoni del nazionalismo che ora sembrano sotto controllo. In politica, se si desidera centrare un obiettivo, è necessario comprendere che talvolta capiterà di dover ingoiare qualche boccone amaro”.

Fotografia di Ronald Brmalj

Trent’anni di politica sono tanti. Possiamo attenderci un secondo volume?
“Radin mi ha confidato che una volta che sarà in pensione si dedicherà alla scrittura delle sue memorie”.

Il segreto della longevità (politica di Radin)

Se si tralasciano i primi due mandati, quando in realtà lui stesso era per certi versi un outsider, Furio Radin pur non essendo obbligato a farlo ha sempre voluto candidarsi alle parlamentari in tandem assieme a un sostituto che all’occorrenza avrebbe potuto subentrargli in Parlamento a rappresentare la Comunità nazionale italiana. A susseguirsi nel ruolo di suoi sostituti sono stati in ordine cronologico il rovignese Silvano Zilli e i fiumani Agnese Superina, Roberto Palisca e Marin Corva.
Gli ultimi sono solo menzionati, mentre a Zilli, o più correttamente al suo strappo con Radin – avvenuto dopo la firma del contratto di collaborazione con il primo governo Sanader –, sono dedicate alcune pagine del libro. Radin, si ricorda, firmò l’accordo con il benestare dell’Unione italiana (votarono a favore dei negoziati 10 membri della Giunta, l’unico a opporsi fu proprio Zilli, in quegli anni a capo dell’Esecutivo Ui).
“Conosco Zilli. Avevamo instaurato un rapporto corretto. Talvolta lo chiamavo per avere delle informazioni, per farmi spiegare delle cose. Quando chiesi a Radin di raccontarmi cosa fosse accaduto, capii che quell’episodio, che all’epoca mi sorprese e lasciò perplesso, aveva stupito pure lui”, ha detto Neven Šantić. “L’ispettore Callaghan c’insegna che ogni uomo dovrebbe conoscere i propri limiti. In altre parole, bisogna essere consapevoli del contesto e del tempo nel quale si opera”.
“Radin, ha dimostrato in quell’occasione di non essere miope e di possedere istinto politico – conclude Šantić –. Ha dimostrato di aver compreso che un politico autentico non propone nulla se non è certo di vincere. Chi pensa il contrario è un avventuriero. Sono queste le caratteristiche che hanno consentito a Radin di durare tanto a lungo in politica”, ha concluso Šantić.

La scoperta della CNI

“Quando mi sono stabilito a Fiume – racconta Šantić –, quasi 41 anni fa, più o meno contemporaneamente venne pubblicata la traduzione in lingua croata del romanzo “La miglior vita” di Fulvio Tomizza. Lo lessi, come lessi in quel periodo anche “Riva i druxi” di Milan Rakovac ed “Esercitazione alla vita” di Nedjeljko Fabrio. Questi tre autori mi aiutarono a comprendere l’ambiente nel quale vivevo. Lavorando a Radio Fiume, strinsi presto un bel rapporto con i colleghi della redazione italiana, Agnese Superina, Franco Rocchi, Sandro Vrancich e Flavio Bonita. Sono stati loro a farmi scoprire la Comunità nazionale italiana, una realtà alla quale mi sento vicino. Provenendo da una piccola realtà, quella dell’isola di Provicchio (in croato Prvić, ndr), che si fa sempre più piccola e rischia di scomparire, ho sempre coltivato una sensibilità particolare per le minoranze. In generale, non mi riferisco esclusivamente a quelle di matrice etnica”.

Note sull’autore

Neven Šantić è nato a Sebenico nel 1958 (la famiglia è originaria dell’isola di Provicchio/Prvić). Ha vissuto e frequentato le scuole a Spalato e prima di stabilirsi a Fiume anche a Zagabria, dove si è laureato alla Facoltà di Scienze politiche. Ha iniziato la carriera giornalistica nel 1983, dapprima a Radio Fiume e poi, dal 1991 al 2012, al quotidiano croato ‘Novi list’. Dal 2012 al 2016 ha ricoperto l’incarico di direttore dell’emittente televisiva regionale ‘Kanal RI’ di Fiume. Attualmente gestisce, nel ruolo di caporedattore, il portale online ‘Media Daily’.
Ha pubblicato i libri “Il fascino della politologia croata” (2012), “La bella e la bestia. Un piccolo compendio del regionalismo croato” (2013), “25 anni dei media elettronici privati in Croazia” (con Zoran Kovačić, 2019), “La lotta per la socialdemocrazia: Sdp 1990-2020” (2020) e “Il partito delle persone di buona volontà: PGS 1990-2020” (2021), alcuni capitoli in diversi altri libri, nonché diversi articoli in riviste scientifiche e specializzate.
Ha vinto il premio giornalistico Marija Jurić Zagorka assegnato dall’Ordine croato dei giornalisti nella categoria editoriali/commenti, il premio Robert Schuman dell’Ordine croato dei giornalisti e della Delegazione della Commissione europea in Croazia per gli articoli sul tema delle integrazioni europee e il Premio Joško Kulušić della sezione croata del Comitato di Helsinki per la promozione dei diritti umani nei media.

La scheda del libro

Titolo: Lo giuro, prisežem

Sottotitolo: Biografia politica di Furio Radin (Politička biografija Furija Radina)

Autore: Neven Šantić

Casa editrice: Durieux (Zagabria)

Editore: Dražen Tončić

Redattore: Nenad Popović

Traduzione dal croato: Ivo Vidotto

Revisione linguistica: Marisa Slanina

Prima edizione: novembre 2023

Presentazione: febbraio 2024

Pagine: 344 – edizione in lingua croata; 412 – edizione in lingua italiana

Capitoli

Premessa

Note biografiche introduttive

L’ingresso nell’arena politica

Il posto di lavoro: il Sabor

Radin e l’Unione Italiana

La madre di tutte le priorità: la protezione giuridica e sociale della minoranza

Istria, istriani, DDI

Gli esuli

Il rispetto per le vittime della repressione politica

Critici e analitici

Alcune parole per concludere

Appendice

Nove interventi al Sabor e una lettera

Rimedio alle ingiustizie

Una proposta mostruosa

Mancanza di sensibilità nei confronti delle minoranze

Le minoranze come soggetti politici

Due miti sulle minoranze

Appartenenza a una cerchia della società civile

La prevaricazione di Vukovar

La Giornata del ricordo

La proprietà è furto

Caro papà

Indice dei nomi

Note sull’autore

Sommario

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