Tartufi di mare, una bontà

Vanno mangiati assolutamente vivi e accompagnati da vino bianco. Spruzzata di limone? Tra gli esperti le opinioni divergono...

0
Tartufi di mare, una bontà

“Venus verrucosa” conchiglia grande, ovale allungata con lamelle spirali predominanti incrociate da coste radiali verrucose nella parte anteriore e posteriore. Colore variabile dal bianco al giallo bruno, talvolta con ¾ bande radiali marroni interrotte. Comune su tutti i fondali sedimentari del Mare Mediterraneo. (Così è riportato sui trattati scientifici)

 

A vederlo, o meglio a vederla in quanto è una conchiglia, non sembra affatto avere le sembianze di un tartufo, né olfattive né costruttive. Sta di fatto che è conosciuta dai buongustai con il nome di tartufo, ma con l’ovvia aggiunta del toponimo “mare”. La similitudine lessicale sembra avere comunanza con il suo omonimo di terra solamente perché il suo costo si avvicina a cifre piuttosto alte. È un mollusco comune nei nostri mari, secondo quanto stabiliscono le leggi della biologia. In pratica, a trovarlo occorre essere dei veri intenditori e soprattutto bisogna essere degli esperti sommozzatori per raccoglierlo. Il “tartufo di mare” è una prelibatezza che solamente coloro i quali ricercano il sapore delle cose intrise del profumo del mare – quel sapore forte, pungente, restio ad evaporare –, possono apprezzare.

L’opinione dei «saggi»

Ho assistito una volta a una accesa disputa tra due intenditori, che discutevano molto animatamente al tavolo della “Vecchia Osteria del Bai” a Genova circa la preziosa similitudine tra ostriche e tartufi di mare. Insisteva uno dei “saggi” che al tartufo di mare si procurava oltraggio qualora si spruzzasse il mollusco con del succo di limone, come si fa con le ostriche, prima di mangiarle. Infatti, sia le ostriche che il tartufo di mare, vanno mangiati assolutamente vivi, ma mentre alle ostriche viene data “movenza”, come la chiamano gli intenditori, con il succo del limone che fa accartocciare il mollusco, i tartufi di mare debbono essere assaporati al “crudo”: senza che nessuna sostanza li possa “ingentilire” prima di finire in bocca. Dopo averlo degustato, dicono sempre i “saggi”, va stemperato del suo sapore deciso, con un buon sorso di vino bianco. E qui ci sarebbe da discutere ancor più a lungo circa il tipo di vino da scegliere per accompagnarlo. La diatriba, insomma, si può iniziare quando si vuole. L’importante è portarla avanti in presenza dell'”accusato”.

La raccolta a mano

Prima di giungere in tavola, il tartufo di mare oppone una strenua e sottile opposizione alla sua cattura. Si mimetizza in un suo habitat del tutto particolare. Predilige, infatti, le distese di fondale originate da sedimenti fangosi misti a pietrame a ridosso di coste rocciose e friabili. Un terreno di coltura difficile ai mezzi di pesca tradizionali per tutto ciò che vive nel substrato. Il tartufo di mare viene raccolto soprattutto dai pescatori subacquei. Viene raccolto ad uno ad uno, cercandolo accuratamente, sollevando con il movimento delle mani il limo depositato e scostando i ciottoli per frugare il suo habitat. È un po’ come cercare i funghi e sorprendersi piacevolmente quando in mezzo a una nuvola di limo in sospensione, compare il giallo pallido di una conchiglia rigata e striata di marrone.

I Romani apprezzavano

In tavola, cinque o sei tartufi di mare in un piatto, sono una portata principesca. Mi raccomando, si mangiano crudi e vivi. Già conosciuti dagli antichi Romani che facevano pazzie per averli nei loro banchetti, venivano raccolti da schiavi appositamente allenati e istruiti in quest’arte “piscatoria”. Oggi, non sono molto comuni nei nostri mercati, soprattutto in quelli distanti dalle zone di mare. Per gustarli occorre conoscere un bravo subacqueo che conosca i fondali e sappia trovarli tra i sedimenti, oppure andare a scovarli personalmente come ho fatto io, qualche volta.

Le qualità e… il prezzo

Ma veniamo alle indicazioni più spicce che interesseranno sicuramente i buongustai. Si trovano in tutto il bacino Mediterraneo e anche nell’Oceano Atlantico Orientale. In oceano si trovano quelli più grandi: arrivano sui 60-70 g di peso, mentre quelli reperibili in Mediterraneo hanno misure più contenute: attorno ai 30-40 g. Sono ricchi di proteine ad alto valore biologico, di vitamine e di minerali specifici e sono particolarmente adatti per una dieta ipocalorica. Sono però privi di lattosio e di glutine anche se occorre fare attenzione, per chi ne è soggetto, a casi di allergia. I tartufi di mare freschi si possono riconoscere per le valve chiuse. In questo caso significa che conservano l’acqua del mare che li tiene in vita. Purtroppo sono soggetti alla maledizione cui mi riferisco spesso: all’inquinamento del mare. Attenzione che non siano stati pescati in zone a rischio dove potrebbero sicuramente essere portatori di cause patogene.

Il prezzo, beh il prezzo non è proprio di seconda mano. È una leccornia eccezionale e varia dalle dimensioni, dalla qualità e dalla disponibilità del pescatore. È chiaro che sto parlando dei tartufi raccolti a mano, scandagliando il fondale. Non certamente di quelli dragati dalle reti da pesca. Comunque, buon appetito.

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.

L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.

No posts to display