L’abominio di Eugenio Nutroviz

Nelle Langhe aveva conosciuto il mondo eccelso della «trifola», ovvero del tartufo. Se n’era invaghito perdutamente. Aveva visitato anche diversi produttori di vini, fissando delle ordinazioni. Nel suo ristorante a New York avrebbe organizzato una serata speciale, ma il disastro incombeva... il prezioso ingrediente era irrimediabilmente distrutto

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L’abominio di Eugenio Nutroviz

La giornata di tardo autunno a New York pareva iniziare come al solito. In fondo, verso Manhattan, la leggera foschia della notte stava risalendo lungo il fiume, accompagnata dall’urlo rauco delle sirene delle navi trainate dai rimorchiatori verso gli ormeggi. Più a monte, verso Central Park, si sentivano invece le stridule sirene delle autoambulanze e delle macchine della Polizia. Eugenio Nutroviz, come tutte le mattine, di buon ora, apriva il suo ristorante prima dell’arrivo dei suoi due aiutanti di cucina, con i quali ogni giorno faceva i piani per varare il menu quotidiano. Il suo, dopo molti anni di gavetta, era diventato un locale di moda, frequentato da una clientela elegante ed esigente in fatto di novità culinarie.

 

Menu europei

Nutroviz lo sapeva bene. Aveva trascorso la vita a tastare il polso dei suoi clienti e, da poco, aveva intuito che era giunto il tempo di fare il “grande salto”: di proporsi come uno chef internazionale, proponendo piatti ricercati, soprattutto della tradizione europea, che allora andava molto di moda. Aveva così istituito dei periodi alternativi durante i quali nel suo ristorante si servivano in prevalenza pietanze di un determinato Paese europeo, accompagnate con del vino ad hoc del medesimo Paese. Lo chef Nutroviz ogni anno faceva una capatina in Europa per rendersi conto delle novità, delle tradizioni e per imparare. Era ritornato a New York da poco da un viaggio in Italia, in particolare dal Piemonte, dove aveva soggiornato specialmente nelle Langhe. Era rimasto affascinato dalla cucina e il suo chiodo fisso era quello di riproporre nel suo ristorante i piatti che aveva assaggiato. Si era documentato leggendo ricette, comperando libri e manuali di cucina e soprattutto “assaggiando” i vini più famosi. Dire “assaggiando” è forse un eufemismo, poiché aveva fatto delle bevute fantastiche, spesso in compagnia di osti e trattori che gli indicavano le marche più prestigiose e gli accostamenti più indicati con i vari tipi di pietanze.

Foto: Dusko Marusic/PIXSELL

Il tartufo… che passione

Eugenio Nutroviz aveva conosciuto nelle Langhe il mondo eccelso della “trifola”, ovvero il tartufo e se n’era invaghito perdutamente. Aveva visitato anche diversi produttori di vini, fissando delle ordinazioni e poi, il suo ricordo più emozionante… Il giorno che ad Alba gli avevano presentato, raccolti in un fazzoletto quadrettato, un mucchio di tartufi dal profumo inebriante. Ne aveva comperati tre abbastanza grossi. Era o non era lo chef internazionale del suo famoso ristorante. I tartufi dovevano arrivare il giorno appresso con un volo cargo. A lato dell’ingresso del ristorante, quel giorno troneggiava un cartello elegante che attirava gli sguardi dei numerosi passanti. Vi era scritto in evidenza: “ITALIAN COOKERY”, e più sotto “It is a special line of our firm”; in poche parole, tradotto, significava “Cucina italiana, specialità della casa”. Nutroviz aveva deciso di dare il via al periodo della cucina italiana ed era tutto emozionato per l’avvenimento. Certamente i tartufi avrebbero dovuto essere i principi della serat. Mentre si consultava con uno dei suoi aiutanti per fissare il menu, decise di dare vita all’avvenimento culinario dell’indomani sera. Un sabato da non dimenticare. Infatti, quel sabato non lo avrebbe mai dimenticato e non lo avrebbero dimenticato nemmeno i suoi aiutanti cuochi.

Foto: Dusko Marusic/PIXSELL

Un sabato speciale

Si sa, nei ristoranti c’è molto da fare. Occorre anche tenere i rapporti con i clienti, soprattutto quando sono persone di riguardo e portano altri preziosi clienti. Glielo rammentava spesso suo padre che aveva aperto una friggitoria a Brooklyn poco dopo essere immigrato con la famiglia dalla Turchia negli anni bui della prima metà del novecento. La mattina del sabato era arrivato il corriere. Il classico corriere americano con un automezzo enorme che aveva avuto difficoltà a parcheggiare davanti alla porta del magazzino del ristorante. I tartufi erano arrivati. “Tranquilli, tranquilli – diceva Nutroviz portando il prezioso pacco in cucina –, fatemi prima scaricare il vino e poi ne parliamo.”

Un gioiello di cantina

La sistemazione delle bottiglie in cantina andava per le lunghe. C’erano ancora due bancali imballati per il lungo viaggio in aereo da sballare e trasportare i “preziosi vetri” sistemandoli nelle rastrelliere. La cantina era veramente uno spettacolo con quasi tremila bottiglie che ammiccavano nella penombra: separate per tipo, marca e anno. Nutroviz indugiava ad ammirare. Era estasiato da quello spettacolo e, tutte le volte che scendeva nella “più bella camera” del suo ristorante, come lui chiamava la sua cantina, pregustava il momento in cui avrebbe presentato al tavolo del commensale quel “vetro” appena opacizzato da un leggero velo di antico, pulendo l’etichetta con il pollice, in un gesto lentamente studiato, mentre scandiva le parole di elogio del suo contenuto. Nel frattempo erano cominciate a giungere le telefonate di prenotazione dei clienti.

Cucina italiana

Era stata decisamente una buona idea quella della “cucina italiana”. Come al solito sarebbero arrivate personalità politiche, dello spettacolo, manager della finanza, giovani rampanti, tutti con il seguito di invitati importanti. Nutroviz, prima di ritirarsi in cucina a dare il tocco finale ai suoi piatti, si era raccomandato di curare particolarmente il ripieno dei fagiani al forno. L’aveva detto a uno dei suoi aiutanti che poi l’aveva riferito ad un altro, che a sua volta l’aveva detto ad un altro ancora… Insomma, c’era un po’ di confusione, come non è raro accada nei momenti di particolare importanza. Dopo aver riservato per una sua affezionata cliente un tavolo vicino al palco dove avrebbe suonato la piccola orchestrina che solitamente scritturava per le grandi occasioni, Eugenio Nutroviz si aggiustò con un tocco scaramantico la bianca giacca da chef e fece il suo solito ingresso in cucina con l’espressione allegra e un leggero sorriso di superiorità stampato sotto i baffi.

Un fagiano ripieno…

La coppia elegante che in quel momento stava entrando nel ristorante si arrestò sbalordita udendo un urlo provenire da dietro la porta a soffietto che conduceva alla cucina. “Gesù… chi è stato. “Che c… avete fatto?”. L’abominio lo sentì raccontare un mio amico dalla stessa voce di Eugenio Nutroviz, una sera che si trovava a cena nel suo ristorante, seduto al tavolo vicino. Erano a cena Frank Sinatra, accompagnato dal suo amico e grande chef genovese Zeffirino che stavano mangiando un piatto di paffutelle al pesto: una sorta di trofiette genovesi, ingredienti sicuramente preparati e portati dall’Italia dallo stesso Zeffirino. Fiero di avere i tartufi, quel sabato sera, Eugenio Nutroviz aprì il forno per controllare la cottura dei fagiani e scoprì inorridito che qualcuno aveva creato l’abominevole ripieno con una purea di tartufi finemente tritati che si stava cuocendo all’interno dei fagiani. Zeffirino non riusciva a frenarsi dal gran riso mentre “the Voice” lo guardava sornione. Nutroviz li rassicurò: l’artefice dell’abominio ora faceva il tassista.

Foto: Dusko Marusic/PIXSELL

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