Levade, capitale del tartufo istriano

Il fiume Quieto, il più lungo della penisola, con i suoi 53 km, sorge a Cottole, attraversa l’area di Pinguente, s’immerge nella vallata alluvionale, incontrando il bosco di Montona. Queste due meraviglie della natura, assieme, costituiscono le due colonne portanti dell’area meglio nota come il Regno del pregiato tubero

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Levade, capitale del tartufo istriano

In questo periodo autunnale, Levade è al centro dell’attenzione per lo svolgimento delle “Giornate dei tartufi”, la manifestazione dedicata alla promozione e alla valorizzazione del pregiato tubero. Ma Levade è da secoli u importante centro operativo. Grazie alla navigabilità del fiume Quieto e alla presenza del bosco di Montona, Levade assurse a importante centro commerciale tra i secoli XVI e XX. Qui si caricava il legno forestale che poi raggiungeva Venezia.
Nel cuore della penisola
Agli inizi del secolo scorso l’abitato era molto frequentato, anche grazie al passaggio della ferrovia “Parenzana”. Situato nel cuore dell’Istria, all’epoca contava ben due alberghi e disponeva pure del telefono. Con la cessata attività della “Parenzana”, Levade rischiò di perdere questa sua importanza, non fosse per la comparsa del tartufo.
Il fiume Quieto, il più lungo nella penisola, con i suoi 53 km, sorge a Cottole, nei pressi di Colmo, attraversa l’area di Pinguente e, dopo aver percorso uno stretto canyon carsico, s’immerge nella vallata alluvionale, che nei pressi di Santo Stefano s’allarga gradualmente, estendendosi ancor di più, incontrando il bosco di Montona. Queste due meraviglie della natura, assieme, costituiscono le due colonne portanti dell’area meglio nota come Regno del tartufo istriano.
Una Riserva speciale
Il Bosco di Montona testimonia l’ultima propaggine boschiva tipicamente mediterranea. Esso è disposto su di una superficie di tipo alluvionale, generata dai detriti fluviali, ed è composto da farnie, frassini meridionali e olmi.
Si estende dalle Terme istriane di Santo Stefano fino a Levade, con una diramazione nella valle del Bottonega, affluente di sinistra del Quieto, occupando una superficie di 275 ettari. Nel 1963, è stato dichiarato Riserva speciale di vegetazione forestale. È noto l’uso del suo legno in epoca veneziana ed asburgica. Oggi la sola attività permessa al suo interno sta nella raccolta del tartufo.
Il Tuber Magnatum Pico
La presenza del bosco di Montona, del corso fluviale e dei suoli argillosi, ha favorito, lo sviluppo del Tuber Magnatum Pico, o tartufo bianco d’Istria, il re assoluto delle “Giornate dei tartufi”, la maggiore fiera nazionale in materia, fondata dal noto tartufaio Giancarlo Zigante. Iniziate il 14 settembre scorso, le Giornate del tartufo si snoderanno per dieci fine settimana, fino al 17 novembre, segnando in questo modo la stagione dedicata alla raccolta del tartufo bianco in Istria.
Il bosco di Montona, precisamente l’area attraversata dalla valle del Quieto, è l’epicentro principale del tartufo, ma non è l’unica zona della sua presenza. L’area istriana da tartufo si estende a nordest fino a Pinguente e Lupogliano, a sud di Pisino. Lo si trova anche in altre aree del Comune di Portole. Praticamente, dicono gli esperti tartufai, lo si può trovare dappertutto in Istria, nelle aree vicine ai corsi d’acqua.
Nelle fonti scritte, il tartufo bianco della nostra regione è di sovente indicato quale tartufo d’Istria o istriano, apprezzato quale perla o re dei tartufi, disponendo delle caratteristiche e dei pregi migliori, soprattutto in quanto ad aroma e profumo.
Stando agli esperti le sue qualità sono identiche, se non maggiori, di quelle del tartufo piemontese dl Alba e di quello nero perigordiano.

La scultura dedicata al tartufo Millennium

Una scoperta alquanto recente
Il clima mite, le poco rilevanti escursioni termiche diurne, hanno contribuito alla formazione del suo habitat naturale. Esso ha salvato molte famiglie dalla miseria e dalla fame: ciononostante le conoscenze su di esso nella penisola istriana risalgono ad epoca molto recente, anche se era noto alle civiltà mesopotamiche, apprezzato dai Greci e dagli antichi Romani.
Sui pendii del Quieto e nell’Istria rossa, germoglia anche il tartufo nero, sia d’estate che d’inverno. Esso lo si può considerare un’integrazione ideale al tartufo bianco.
Ancora agli inizi del XX secolo, in Istria, il tartufo era considerato semplicemente “la patata che spussa” (la patata che puzza) mangiata, dai maiali e, di conseguenza, una nullità ben lontana dal valore che di lì a poco iniziò ad assumere. Recita così una testimonianza raccolta a Paladini, sul versante pinguentino dell’odierna accumulazione idrica di Bottonega. E furono le donne – dedite alla cura degli animali – a notarlo mentre lo mangiavano i maiali al pascolo. Essi lo scavavano nel terreno, ma le donne non sapevano ancora della sua importanza. Ancor oggi, alcuni tartufai usano il maiale – ritenuto migliore – e non il cane, nella ricerca del pregiato tubero.
Dai von Hütterott a Sella e Mattiroli
​Bottonega, fino al prosciugamento del lago, era la più ’importante area di raccolta peninsulare del tartufo. Dicono gli anziani che negli anni in cui si scavavano i canali di posa delle tubature dell’Acquedotto istriano, l’area del Quieto emanava uno strano odore, a molti sconosciuto, e i tartufi, rinvenuti con gli scavi, erano moltissimi. Nel 1925, un contadino portò lo strano tubero al possidente di Levade, tale Agostinelli, proprietario di un’osteria nell’edificio oggi sede del “Ristorante Zigante”. Egli era l’unico a possedere un telefono e, insospettito dal prodotto, chiamò la rovignese baronessa Barbara von Hütterott, la quale, a sua volta, interessò della cosa alcuni esperti italiani che, giunti a Levade, affermarono che si trattava del Tuber Magnatum Pico. Giunsero allora a Levade Massimo Sella, direttore dell’Istituto rovignese di biologia marina e Oreste Mattiroli –esperti in materia – che con l’aiuto dei cani istruiti raccoglievano in media 4 kg al giorno, rinvenendo nel 1931 a Pinguente un’esemplare di mezzo chilo.
Nel 1933 fu istituita a Levade l’Azienda del Tartufo “Sella, Hütterott and C. Levade”, grazie alla baronessa Barbara, a Massimo Sella, e al contributo degli emiliani Carlo Testoni e Pietro Giovannelli, residenti a Pola. L’azienda si occupava di vendita e commercio dei tartufi bianchi a Venezia, Verona, Bologna e Genova.
Nel Guinness dei primati
Quattro anni dopo, ad essa si sostituì la famiglia Facchini di Levade.
Nel secondo dopoguerra, la concessione commerciale passò alla Forestale di Pinguente, che nel suo ufficio sito presso la sede della “Parenzana”, acquistava dai tartufai i tartufi per poi piazzarli sul mercato.
Agli inizi degli anni Novanta è entrato in scena Giancarlo Zigante, tartufaio dal 1971. Il “Re del tartufo istriano“ ha dapprima, inaugurato qui il primo negozio della sua catena. Quindi, ha aperto il ristorante e ideato le “Giornate dei tartufi”. Nel 1999 ha scavato il tubero Millennium, pesante 1,310 grammi, che nel 1999 l’ha fatto iscrivere nel Guinness dei primati, mentre l’anno scorso s’è trovato tra le mani un tartufo nero di 4,8 chilogrammi.
I tartufai
Negli anni Sessanta, complice l’aumentata richiesta, l’attività di raccolta s’intensificò. I tartufai, d’altro canto, svilupparono una loro specie di mercato parallelo in nero. Stando ad alcune indagini, tra il 1931 ed il 1960 erano attivi dai 20 ai 50 tartufai. Oggi ce ne sono molti di più. Nel 1983 i tartufai registrati erano in tutto 400. Spicca tra questi il leggendario Bortolo Callegari di Murari, che in una giornata raccolse ben16 chilogrammi del pregiato tubero.
Ma cosa si poteva acquistare con il ricavato? Giancarlo Zigante, ricorda che negli anni Ottanta, con il guadagno d’una stagione lavorativa ha acquistato una macchina, la Zastava 101. Zdravko Beletić, cambiava la macchina annualmente. Altri hanno rinnovato ed edificato case, sostenuto le spese di matrimonio dei figli. Darko Paladin, ricorda come quest’attività l’ha salvato dalla rovina quando rimase senza lavoro.
​Festival e manifestazioni
Nei mesi autunnali, si svolgono diverse manifestazioni che celebrano il sapore e l’odore del tartufo. Agli inizi di settembre, a Pinguente, nell’ambito della popolare festa “Subotina”, si prepara la celebre frittata con più di 2mila uova e 10 kg di tartufi. Sempre a Pinguente, a novembre, si svolge il “Weekend del tartufo”. Ma la capitale del tartufo istriano rimane Levade, dove da settembre a novembre si svolgono le “Giornate dei tartufi”, affiancate, a ottobre, dal “Tubefest”, organizzato dal Comune di Portole. A Montona c’è il “TETA – festival del Terrano e del tartufo.
Emergono, per la loro durata, le “Giornate dei tartufi”, che riassumono gli intenti tesi alla promozione del tubero e dei prodotti da esso derivati, promuovendone il consumo, e favorendo la promozione turistica di questa parte dell’Istria interna, particolarmente nella stagione autunnale. Grazie a questa manifestazione, il tartufo istriano è diventato un prodotto regionale e nazionale apprezzato, riconoscibile sul mercato internazionale.
Il programma prevede fiere, manifestazioni culinarie, dimostrazioni di raccolta del tubero, degustazioni e promozioni. Spicca la gara internazionale di raccolta del tartufo bianco, che si svolgerà nei giorni 19 e 20 ottobre.
Un’enciclopedia sulla raccolta
​Giancarlo Zigante è anche autore di un interessante volume intitolato “Naš istarski tartuf. Knjiga kralja tartufa o tartufima” (Il nostro tartufo istriano. Il libro del re del tartufo sui tartufi), che riassume la storia della raccolta del tartufo.
Una specie d’enciclopedia che riprende anche le esperienze di altri tartufai e quanto scritto, in merito, anche da diversi autori, tra cui Massimo Sella ed Oreste Mattiroli. È una sintesi sia storica sia di tutto il sapere in materia e dell’esperienza sul campo. Al centro del volume, un invito a ripensare l’Istria, rilevando l’importanza della tutela ambientale, particolare degli habitat da tartufo.
Trattasi d’un patrimonio e d’un’attività a cui partecipavano in passato famiglie intere.
Da abbinare ad altre eccellenze
Le “Giornate dei tartufi” rilevano pure, la necessità di promuovere un’offerta costante di tartufo fresco e di qualità, attraverso le rivendite specializzate, le fiere, i ristoranti, in forme diverse. Al “Ristorante Zigante” che si giova pure del marchio “Michelin”, per esempio, si consumare anche gelati, dolci, salami, olio d’oliva a base di tartufo. Riassumono una filosofia operativa che si rispecchia nella promozione e nella valorizzazione di una complessiva cultura del tartufo, condita di qualità a livello sia nazionale sia internazionale in senso culinario, affiancata da altri prodotti peninsulari d’eccellente valore, quali il vino, l’olio d’oliva, il prosciutto, il formaggio, il pesce. “Una ecelenza – rileva Giancarlo Zigante – come el nostro tartufo bianco istrian devi eser acompagnada de altre ecelenze“.
Un istituto dedicato
L’esperienza maturata a Levade, e le finalità compendiate con le “Giornate di Zigante tartufi”, hanno favorito la nascita di un altro soggetto che contribuirà, d’ora in poi, alla promozione del tubero bianco istriano, imprimendone una marcia qualitativa aggiunta. All’inaugurazione dell’edizione di quest’anno della manifestazione, è stato ufficialmente presentato il Centro di ricerche scientifiche “Istituto croato del tartufo“. Con esso, a Levade, all’attività tradizionale di raccolta, commercializzazione e consumo del prodotto, si aggiunge un tassello scientifico, diretto dal prof. dott. Ivan Milotić, esperto in materia di tutela delle denominazioni di origine geografica e delle specie protette.
Oggi il mondo del tartufo deve affrontare nuove sfide. La concorrenzialità si fa sempre più asfissiante. Emerge la necessità di tutelare i prodotti derivati dal tartufo. C’è il bisogno di tutelarne gli habitat, di offrire varie forme d’assistenza ai produttori e ai consumatori, a cominciare da quelle educative e promozionali, il rispetto e la tutela delle qualità di vendita e d’acquisto, nonché dei diritti sia degli acquirenti che dei commercianti. Esiste, poi, la necessità di promuovere anche gli studi e le conoscenze tecniche e scientifiche in materia.
Il mercato è da tempo invaso da prodotti di origine diversa, non appartenenti alla specie del Tuber Magnatum Pico, non possedendone, di conseguenza, le qualità. Questo tipo di concorrenza danneggia enormemente il prodotto istriano. Motivo per cui a tale Istituto è stato affidato il compito di controllare, affermare, rintracciare e certificare l’origine del tartufo istriano, sia negli ambiti nazionali sia internazionali.
​Un punto di riferimento
Promuovendo il tartufo, esso tende allo stesso tempo a promuovere l’obbligata ed utile azione di tutela ambientale, incoraggiando pure l’offerta turistica ed economica peninsulare, e le destinazioni turistiche del versante peninsulare centrale, in primo luogo Levade e le aree di Portole e di Montona.
Levade era anche in precedenza un punto di riferimento importante per i buongustai, che s’è raffinato negli ultimi due decenni. Qui si veniva e si viene tuttora per consumare i deliziosi piatti a base di tartufo.
Il re dei sapori, con le sue forme e il gusto inizialmente impresentabili, affascina cuochi e casalinghe, che fino a qualche decennio fa preparavano dei semplici piatti con la pasta, mentre oggi sperimentano combinazioni diverse.
Per esaltarne il valore e l’importanza, in Istria è stato creato un unico marchio di qualità “Izvorni tartuf – Tartufo d’origine”, assegnato ai ristoranti istriani che preparano i tartufi tenendo conto dei massimi standard culinari.
​Alimento o condimento?
Ma che cos’è il tartufo? I gastronomi mondiali non sono in materia concordi. Alcuni lo considerano un alimento, altri soltanto un condimento. Su una cosa sono certi tutti; esso è l’apice e la delizia suprema di tutte le tavole internazionali. Questa patata strana e poco appariscente dall’odore intensamente “sgradevole”, va assaggiata. Ne è convinto anche Emanuele Scarella, noto cuoco udinese, titolare del ristorante “Agli amici”, incontrato tempo fa a Levade. Riportiamo perciò il suo giudizio in merito alla posizione del tartufo nell’ambito della gastronomia peninsulare.
“Oggi venendo qua ricordavo in macchina il giorno in cui ci venni per la prima volta, e ho rivissuto questo passaggio storico. Io uso il tartufo istriano perché mi è più facile averlo fresco, che non averlo da un’altra parte d’Italia. Siete stati voi a insegnarmi che la sua qualità sta nelle modalità estrattive. Anche per questo, il tartufo istriano e vicino a me più di qualsiasi altro. Quando lo grattugio io garantisco che si tratta del tartufo più fresco che io possa mettere sul piatto. E soprattutto è di grandissima qualità“.
La tradizione gli attribuisce capacità afrodisiache. Un’antica credenza romana narra del dio Giove che colpì con il fulmine un albero di quercia creando così i tartufi. Dato che Giove era noto per le sue attività sessuali, il tartufo è considerato un afrodisiaco. Ferdo Stipančić, tartufaio, racconta che suo nonno – noto anche perché era l’unico ad estrarre il tartufo con l’aiuto di una baionetta -, venendo a casa, fu fermato, nella valle del Brazzana, da un temporale. Un fulmine colpì un olivo abbandonato. Esso s’aprì alla base, e agli occhi dell’incredulo nonno, apparvero i tartufi. Talvolta, dunque, anche le leggende celano qualche verità.
Estrarre un tartufo dal suo rifugio sotterraneo non è un compito facile. Questi si trovano prevalentemente nei rifugi umidi forestali. Per cui, chi s’appresta a tale operazione deve farlo ben vestito e munito di paletta. Inoltre, i nostri sensi ne recepiscono la presenza, anche se i più esperti possono riconoscerla nel suolo, per cui è necessario l’aiuto dei cani addestrati.

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