Gli aspiranti Ambasciatori al Sabor

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Gli aspiranti Ambasciatori al Sabor

Prima dell’inizio della missione, gli aspiranti Ambasciatori e atri capi missione, cioè i Consoli generali, devono passare in sede di Commissione affari esteri del Sabor, per un’udienza. Nel 2012 fra tutti gli Ambasciatori indicati dal governo al Capo dello Stato – una ventina in tutto – cinque erano quelli “di nomina politica”. Naturalmente, anche tutti gli altri erano sulla lista del governo, ma soltanto cinque erano i candidati che non provenivano direttamente dal Ministero degli Esteri. Anche se buona parte di essi aveva già alle spalle un mandato di Ambasciatore durante il governo del primo ministro Ivica Račan, dal 2000 al 2003.
Per una strana coincidenza, tutti e cinque provenivano dall’ambiente accademico ed erano prevalentemente membri di partiti che facevano parte della coalizione di centrosinistra, giunta al potere nel 2000. Tre dei cinque candidati proposti, dunque, avevano già un’esperienza diplomatica, che però era stata interrotta con il ritorno dell’HDZ al potere nel 2003. Ad esempio, il professor Nenad Prelog, della Facoltà di Scienze politiche dell’Ateneo di Zagabria, certamente uno degli esperti croati più competenti nel campo della scienza della comunicazione, che era vicepresidente del Partito contadino, era stato inviato nel 2000 a Dublino da parte del governo Račan e aveva fatto un ottimo lavoro anche se non aveva alcuna esperienza diplomatica, avvalendosi dei suoi contatti internazionali in qualità di esperto, tra l’altro, anche di comunicazioni internazionali.
Però, dopo il completamento del quadriennio previsto, il governo non aveva ritenuto opportuno rinnovargli il contratto, per cui aveva dovuto ritornare a insegnare alla Facoltà di Scienze politiche. Con il ritorno al governo del centrosinistra nel 2011 e la vittoria del prof. Ivo Josipović alle elezioni presidenziali, Prelog era stato richiamato e gli era stato offerto il posto di Ambasciatore nella Repubblica Sudafricana.
Il secondo professore che si è trovato nel “pacchetto” delle cinque proposte del governo nel 2012 era stato Marin Andrijašević, docente di Linguistica alla Facoltà di Filosofia dell’Università di Zagabria. Membro dell’Esecutivo del Partito popolare, anche lui era stato “mobilitato” dal governo Račan ed era stato inviato in Finlandia, dove, da buon linguista, aveva imparato anche il finlandese e si era distinto per la serietà e la dedizione al lavoro. Questa volta, il governo capeggiato da Zoran Milanović lo aveva proposto per il posto di Ambasciatore in Algeria.
Il terzo membro del quintetto era il prof. Ivan Grdešić, docente di scienze politiche a Zagabria, che pur non essendo un tesserato del Partito socialdemocratico era membro del Consiglio dell’SDP, un organo composto in gran parte da attivisti partitici, ma anche di esperti, prevalentemente di economia, politica e diritto.
Su proposta diretta del premier Ivica Račan aveva fatto l’Ambasciatore a Washington, e come nel caso degli altri “quadri politici” non si era visto rinnovare il contratto di lavoro, per cui era ritornato a insegnare Teoria del sistema politico alla Facoltà di Scienze politiche a Zagabria.
Il quarto candidato, proveniente anche lui dall’ambiente accademico, era il prof. Ivo Goldstein, docente di Storia moderna, autore di molti libri di storia moderna della Croazia e della Shoah, e inoltre importante attivista della Comunità degli Ebrei della Croazia. Goldstein era stato proposto per il posto di Ambasciatore a Parigi, anche se non aveva un’esperienza diplomatica come gli altri tre summenzionati, ma vantava molte conoscenze internazionali ed era apprezzato dalle Comunità Ebraiche nel mondo, per cui molti credevano che sarebbe stato più appropriato mandarlo a fare l’Ambasciatore in Israele.
Il quinto membro di questo quintetto, infine, ero io, all’epoca docente di Studi europei alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Zagabria, e membro del Consiglio per la politica estera del Presidente della Repubblica di Croazia. Inoltre, negli ultimi tre anni avevo svolto anche il ruolo di presidente del Consiglio per le relazioni internazionali del Partito socialdemocratico, pur non facendone parte; ma questa era la prassi che l’SDP aveva introdotto ancora negli anni Novanta, attraendo esperti e personalità della cultura nei propri Consigli che si riunivano periodicamente organizzando dibattiti pubblici e altri confronti di idee. A differenza dei primi tre appartenenti al “quintetto”, la mia esperienza proveniva da un quadriennio passato a New York, dal 1986 al 1990, in qualità di direttore del Centro informazioni e cultura della Jugoslavia e indi di capo di gabinetto del ministro degli Esteri jugoslavo, e poi anche di quello croato. E cosi ci presentammo al Sabor, alla Commissione esteri, per essere interrogati ed eventualmente approvati o bocciati, come prevedeva il Regolamento.

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