L’altra faccia del centro storico

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L’altra faccia del centro storico

Residenti e commercianti dovrebbero convocare un vertice per studiare la strategia necessaria per salvare la faccia del centro storico di Pola o se non altro per farsi sentire meglio da chi di dovere. Ora che la città ha svestito gli abiti con le luminarie, resta nuda e inerme, tornando a esibire meglio gli angoli bui che continuano a dipingere il volto del degrado. Lungi dal credere che la cassa pubblica sia sprovvista di fondi a sufficienza per tenere a bada l’immagine e la dignità urbana, e si può anche avere fede nel programma Dolcevita, che comunque dispone e propone occasioni di recupero e ricostruzione spesati in una certa percentuale.

Malessere economico-sociale

Ma il problema è anche specchio di malessere economico-sociale: leggi l’impossibilità di molti abitanti del centro (pensionati soprattutto relegati a condividere l’anzianità degli edifici di vecchia data dove risiedono) di far fronte alle enormi spese necessarie per rimettere in sesto l’architettura più desueta. E leggi anche l’impossibilità di molti esercenti di pagare le enormi cifre richieste per l’affitto comunale dei vani a scopo di smercio, fatto che costringe a elevare i prezzi (castigando more solito il consumatore), a fare affari ansando e zoppicando dietro alla concorrenza di mercato, fino ad abbandonare il campo lasciando le vetrine opache dalla polvere e dalle ragnatele. Vedi l’obbrobrio di via Porta Stovagnaga, con l’uscio sbarrato e imbrattato da lattine, bottiglie, barattoli, cartacce, una bella raccolta non differenziata, che nessuno si decide di rimuovere. È una situazione che si protrae da anni. E dire che il “contenitore selvaggio” è perennemente ubicato a due passi dal Municipio, edificio dell’amministrazione pubblica adiacente al Tempio d’Augusto, uno dei più fotografati monumenti storici della Città nella centralissima piazza Foro. Basta fare gli scongiuri, che gli obiettivi fotografici non finiscano per inquadrare la faccia vergognosa della medaglia polese.

Il colosso in cemento

Nonostante la buona “resistenza” del nostro centro storico, l’imbarazzo è difficilmente contenibile quando si passa per la Riva. Dov’è finito il Caffè degli specchi? Sparito ancora sotto la defunta Austria con tutta la sua classe e signorilità. A nulla è valso risorgere in tempi moderni per poi fallire tristemente e ritrovarsi con gli usci sbarrati da compensato, e la facciata imbrattata da ignobili graffiti. Nel prolungare il passo ci si imbatte nel vicinante colosso in cemento, dirimpettaio all’isola di Scoglio Olivi, che avrebbe dovuto assumere l’identità di un albergo cittadino. Da qui, oltre 15 anni fa avevano fatto sparire il piccolo parchetto a triangolo con l’enorme ancora (trasferita in via Carrara), sacrificando lo spazio a un’industria alberghiera mai decollata. Il ciclope squadrato è stato abbandonato a sé stesso, diventando, nel suo pianterreno, rimessa per bevande e alimenti in funzione di alcuni locali di ristoro (!), covo di ratti e poveri gatti randagi, lasciando individuare, molti anni fa all’interno, persino ritrovamenti macabri (leggi un cadavere)… Abitanti ed esercenti potrebbero offrire e anche pretendere un po’ di decoro, efficienza e finanza da chi ha il dovere di togliere la cattiva reputazione dal centro storico, che al suo interno nasconde quadretti di decadenza inimmaginabile: pareti dagli intonaci che vengono giù a pezzi, travi marcescenti, grondaie bucate e arrugginite, tegole divelte e che restano su per scommessa, cortili che si sono trasformati in contenitori per ciarpame da garage.

Salvare il salvabile

Come già segnalato, il peggio si può vedere pure dall’indirizzo di Riva 4, da dove è evidente il crollo del tetto di una parte dell’isolato retrostante. Il resto dell’architettura cerca di sopravvivere, piegandosi sotto la forza degli agenti atmosferici, che con l’andare del tempo avranno la meglio sulle strutture murarie ingobbite. A parte il fatto che non è questa l’unica palazzina dalla stabilità compromessa, l’immagine della fatiscenza sale su anche per i clivi. Salvare il salvabile in zona centro storico dovrebbe diventare una missione sacra, prima ancora di parlare di investimento nel rinnovo e nella sostituzione di pavimentazioni in pietra che, invece rendono ancora pittoresche e ineguagliabili le vie in salita verso la Castopola, alla pari di via Kandler. Non vi è dubbio, intanto, che la decadenza assedia il centro, quello che dovrebbe rappresentare il salotto buono della città, quello degli abitanti in movimento, dello shopping, dei turisti, degli affari. Di contro appare, in molti punti, sempre più abbandonato a sé stesso, lontanissimo dall’immagine di una città che continua a mettersi in gioco per accogliere manifestazioni di grido all’Arena.

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