Una terribile storia di mare

Un'immersione nella Lingua dell'Oceano trasformatasi in tragedia. Gli assistenti a bordo osservarono quattro strisce delle bolle d'aria che si frantumavano sulla superficie. Significava una normale respirazione per tutti e quattro. Pochi secondi dopo,c'era solo una fila sottile... come la corrente

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Una terribile storia di mare

Del mare si raccontano tante storie. Alcune belle e altre cattive, purtroppo. Voglio raccontarvi una storia non cattiva: terribile! Nell’isola di Bimini, una delle più belle tra le settecento dell’arcipelago delle Bahamas, aveva sede un istituto scientifico per lo studio della vita degli squali e dei delfini che vivevano e vivono ancora numerosi in quel paradiso tropicale. Pesci e mammiferi che il Dott. Lerner, direttore dell’istituto, studiava da molto tempo. Il laboratorio di analisi era frequentato anche da diversi scienziati e biologi soprattutto americani.

 

Una ricerca scientifica

Erano arrivati da qualche giorno quattro biologi provenienti dagli Stati Uniti che avevano già collaborato con il Dott. Lerner, che li attendeva per proseguire una ricerca iniziata già alcuni anni prima nella lingua di mare che s’insinuava nel vasto arcipelago. Il tipo di ricerca era riservato per una questione ambientale. Si conosceva l’esistenza di un flusso di corrente subacquea che attraversava in tutta la sua lunghezza l’arcipelago delle Bahamas, provenendo da sud per dirigersi verso nord. Era uno studio che interessava i pesci e i mammiferi quello del Dott. Lerner e dei biologi dell’Istituto della Florida dal quale dipendevano.

Esperti subacquei

I biologi erano naturalmente anche degli esperti subacquei, abituati da sempre alle ricerche nell’ambiente marino. Partirono una mattina con un mare liscio come l’olio e una giornata splendida a bordo di una barca d’altura perfettamente equipaggiata di proprietà dell’istituto scientifico affiancati da personale specializzato. A metà mattinata giunsero in zona e il GPS indicò il punto esatto in cui stazionare. I quattro biologi dopo essersi preparati con gli strumenti e aver indossato le attrezzature si calarono in acqua pronti all’immersione. Scesero verso il fondo in gruppo. Gli assistenti a bordo osservarono le quattro strisce delle bolle d’aria che si frantumavano sulla superficie. Significava una normale respirazione per tutti e quattro. Pochi secondi dopo, videro un’enorme quantità di bolle d’aria ribollire per poi cessare del tutto. Guardarono meglio oltre bordo cercando di vederle salire. Eccole, verso poppa dell’imbarcazione. Si, ma era una fila sottile. Ne mancavano tre. Solo una! Iniziò un concitato chiamarsi tra il personale che nel frattempo aveva individuato meglio la fila sottile delle bolle. Qualcuno si gettò in acqua forse intuendo qualcosa di strano e nuotò verso la verticale delle bolle.

Una smorfia di dolore

Subito dopo spuntò in superficie uno dei quattro biologi. Si vedeva che era agitato e veniva sorretto dal marinaio che si era gettato in acqua. Gli levarono immediatamente la maschera e l’erogatore dalla bocca. Videro immediatamente il suo viso stravolto, due occhi sbarrati e una bocca piegata in una smorfia orribile; non profferiva parola mentre il soccorritore urlava chiedendo cosa era successo. Fu trascinato sotto bordo e con l’aiuto di altre persone fu sollevato fuori dall’acqua. Lo spogliarono dell’attrezzatura mentre continuavano a chiedergli di continuo che cos’era successo. Lui non rispondeva a guardava fisso con gli occhi sbarrati nel vuoto. Era stravolto. Lo portarono in infermeria mentre su di un canotto calato a mare tre marinai cercavano di capire che cosa fosse successo, perlustrando un tratto di mare in evidente costernazione. Il tempo passava e non si trovava nulla. Non si riusciva a capire la dinamica del fatto. Non era pensabile fare una ricerca sul fondale perché in quella zona la Lingua dell’Oceano era profonda 1.800 metri. Ormai era trascorsa più di un’ora e decisero di rientrare anche per dare assistenza al biologo.

Ipotesi e solo ipotesi

Non potendo ottenere alcuna notizia dall’infortunato sempre in stato d’incoscienza, iniziò una serie di congetture. Ipotesi, solamente ipotesi anche in presenza della Guardia Costiera e della Polizia Marittima. Il biologo fu trasferito con un elicottero in Florida e a Bimini formarono una commissione per valutare prove e fatti allo scopo di capire la dinamica del dramma. L’unica certezza immediata fu che i tre sub erano da considerarsi deceduti. Le ipotesi volte a ricostruire l’accaduto iniziarono con la speranza di poter recuperare i corpi se e quando fossero risaliti in superficie. Ma ben presto, trascorsi dei giorni senza che accadesse nulla in proposito, furono gettate le basi di una discussione che poggiava su ipotesi difficili da confermare.

La Lingua dell’Oceano è una fossa dalla forma a U, dal fondale piatto, larga circa 32 km, lunga circa 240 km e, come ho detto prima, profonda 1.800 metri. La tragedia, se tragedia ci fu, avvenne a una profondità non superiore ai 23 metri. Infatti, questa misura fu riscontrata leggendo il profondimetro da polso del sub recuperato. Ecco svelato il mistero della sua pronta emersione senza passare per i tempi della decompressione. Fatto questo che poteva valere anche per gli altri se non fossero stati impediti.

Le dicerie e la corrente

Correva a quei tempi una diceria, ma abbastanza confermata anche da alcuni giornali, che nella Lingua dell’Oceano operassero sommergibili americani a propulsione nucleare che in quella fossa tranquilla e protetta sperimentavano tattiche d’inseguimento e di attacco. Ora, qualcuno aveva osservato che queste navi subacquee, lunghe anche più di un campo di calcio, in navigazione sottomarina potevano raggiungere velocità di tutto rispetto e certamente non avrebbero potuto considerare la presenza di tre corpi umani. Posizionati nei pressi della rotta di una simile nave avrebbero potuto subire il risucchio di stazza che li avrebbe potuto trascinare a fracassarsi tra le varie sporgenze dello scafo come le antenne, il periscopio e altre parti di rilievo, per non parlare dei vortici delle eliche. Un’altra ipotesi riguardò la presenza di una corrente sottomarina in rotta con l’esposizione all’oceano aperto verso la parte settentrionale che avrebbe potuto coglierli e trasportarli tra le numerose isole, scogliere e banchi, depositandoli chissà dove.

Una sottile cicatrice

Il biologo che si era salvato non si riprese mai e visse ancora pochi anni, sempre mantenendo quella espressione di dolore e terrore. Non parlò e morì mantenendo il segreto della tragedia. Il documento dell’autopsia certificò un’altra sorpresa della quale nessuno si era mai accorto. La schiena era attraversata in verticale da una sottile cicatrice. Qualcuno disse come la corrente della Lingua dell’Oceano…

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