Il navigare libero e limpido di Gianna Mazzieri-Sanković

La docente, autrice, ricercatrice, compositrice e cantautrice connazionale è stata insignita quest’anno della Targa d’oro della Città di Fiume per il suo contributo eccezionale alla ricerca scientifica internazionale, nonché alla promozione e alla popolarizzazione della ricca eredità letteraria e linguistica del capoluogo quarnerino

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Il navigare libero e limpido di Gianna Mazzieri-Sanković
Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

Nel sentire dell’assegnazione della Targa d’oro della Città di Fiume a Gianna Mazzieri-Sanković i connazionali si sono detti orgogliosi e soddisfatti e uno degli aggettivi più gettonati sui social (e non) è stato “meritatissimo”. E non potrebbe che essere così, considerato il percorso personale e professionale, tradotto in scelte di vita, realizzazioni lavorative e passioni, tutte rigorosamente relative a Fiume e alla sua cultura, come pure alla “fiumanità” e all’”italianità” che da sempre racconta e difende e che apportano lustro alla CNI. A modo della Fiumara, il flusso delle sue idee e delle sua creatività scorre improsciugabile, sinuoso, fluido e inarginabile, libero, valorizzando le antiche radici in funzione delle nuove sperate, essenziali per il mantenimento della nostra realtà identitaria. Di questo e di tanto altro ci ha raccontato durante il nostro piacevolissimo incontro, in cui innanzitutto ci ha spiegato le sue sensazioni riguardo al prestigioso riconoscimento.

“Tutti i premi sono importanti, ma devo essere sincera e nella gerarchia degli stessi questo è per me speciale, si carica di tanti significati e riassume me stessa quale sono stata e continuo a essere nella (speriamo) coerenza dei miei atti, delle mie idee e dei miei valori e principi. Non sono attiva sui social perché, appunto volendo mantenere costanza con uno dei miei principi ed essendo docente temo che la mia esposizione privata potrebbe in qualche modo confondere i discenti, quindi non voglio condividere il mio privato con il pubblico. A volte mi dispiace di non avere il profilo Facebook perché so di perdermi tanti momenti importanti di vita sociale, anche comunitaria e che la mia scelta è contestabile, ma chi mi conosce bene comprende. Mia figlia ha condiviso il momento della premiazione sul suo profilo, la Comunità pure, poi mi hanno fatto vedere i tantissimi apprezzamenti e devo davvero ringraziare tutti, proprio tutti per le bellissime parole espresse nei miei confronti”.

La motivazione relativa al premio recita “per il contributo eccezionale alla ricerca scientifica internazionale, alla promozione e alla popolarizzazione della ricca eredità letteraria e linguistica di Fiume” e, nello specifico, vengono rilevati i progetti Osvaldo Ramous. Tempi senza misura (2007) e Implementazione dell’umanistica digitale nelle attività scientifico formative del Dipartimento di italianistica di Fiume (2021). È d’accordo? Non crede che, dato il suo contributo di una vita alla dimensione culturale, linguistica, scientifica fiumane il riconoscimento sarebbe potuto esserle conferito anche prima?
“Il premio ha valore quando è sentito. Si vede che negli ultimi anni ho ‘esagerato’ in vari campi e di conseguenza è stato proprio un coronamento di tante attività fatte nel tempo. Tante nei decenni precedenti, ma determinanti quelle prodotte proprio nel periodo dell’isolamento dovuto al covid: nell’arco di due anni ho fatto tanta ricerca producendo pure importanti volumi relativi al patrimonio culturale e letterario fiumano. Innanzitutto i due libri sul dialetto ‘Il dialetto fiumano. Parole e realtà’ (a cura di I. Mestrovich, G. Mazzieri-Sanković, M. Sanković Ivančić e C. Gerbaz Giuliano) e ‘Fiume nell’identità dialettale. Il fiumano tra lingua e letteratura’ (a cura di G. Mazzieri-Sanković e M. Đurđulov). Poi i due importanti volumi di storia della letteratura, di classificazione e critica della letteratura italiana a Fiume scritti a quattro mani con la collega e amica Corinna Gerbaz Giuliano: ‘Un tetto di radici. Lettere italiane: il secondo Novecento a Fiume’ uscito prima nella versione croata di ‘Un tetto di radici. Talijanska književnost 20. stoljeća u Rijeci’. Tra le ultime importanti pubblicazioni citerei gli Atti del convegno scientifico internazionale organizzato dal nostro Dipartimento nel 2022 in collaborazione con la Società di Studi Fiumani di Roma intitolato ‘La cultura italiana a Fiume: risvolti linguistici, letterari e storici’ pubblicati a Roma in ‘Fiume. Rivista di Studi Adriatici’ di Roma. Si tratta di volumi che sono il risultato di intense ricerche del patrimonio culturale fiumano (e c’è ancora tanto da studiare e ricercare!) importanti perché hanno avuto diffusione non solo in Croazia e in Italia ma pure in Germania, Canada, e quando parliamo dei due libri sul dialetto abbiamo raggiunto anche l’Australia e gli Stati Uniti. Ma il premio non è mai solo il lavoro di una persona, c’è dietro un contesto fatto di famigliari, colleghi, amici, persone che hanno condiviso parte di questo percorso. Le riunioni infinite della Giunta Esecutiva dell’UI per far passare i progetti della CI di Fiume relativi alla Storia delle nostre Istituzioni scolastiche e relativi all’operato di Ramous, le liti per spiegare di voler lavorare pro-bono affinché non ci sia alcun conflitto di interessi, pur di veder realizzati questi progetti importantissimi, le notti insonni trascorse con l’amica Corinna Gerbaz Giuliano per creare l’Italianistica e, successivamente, per produrre i nostri libri a quattro mani, con mia figlia che a mezzanotte ci portava la pizza per ‘addolcire’ il momento, le riunioni con la presidente del consiglio Irene Mestrovich per realizzare i due preziosi volumi del Dipartimento dedicati al dialetto e per ammonire i fiumani sullo stato delle cose”.

Docente, autrice, ricercatrice, compositrice, cantautrice … continui lei.
“Mamma, moglie, nonna, amica e collega, scrittrice (ma lo considero un capitolo difficilmente condivisibile perché molto intimo), una persona creativa con in testa tantissime idee, riflessioni e progetti, ma alla continua ricerca di tempo. Il giorno dovrebbe avere 72 ore per far tutto ciò che ho in testa”.

Vi è un ruolo che sente di vestire meglio o questi, in qualche modo, s’intrecciano?
“Non so esattamente che cosa vesto meglio, dovrebbero dirlo gli altri che mi stanno accanto. In effetti vesto forse troppo, per dirla metaforicamente vesto tante cose e a volte anche troppi strati che si accavallano. Qualche volta mi pongo da sola la domanda (quando riesco a fermarmi e pensare a periodi intensi): come sono riuscita a fare determinate cose in contemporanea? In effetti la risposta è molto semplice: con passione. Se le cose le fai con passione, anche se ti portano via 20 ore su 24, anche se non dormi, mangi di fretta, corri tutto il giorno, alla fine arrecano un grande piacere. Lo dice il grande Leopardi che ‘piacer figlio d’affanno’. Sì, soltanto nella fatica e nel superamento degli ostacoli si cela la vera gioia/il vero piacere. Oggi vince ‘La noia’ a Sanremo, ebbene – bellissima canzone, ma molto lontana dal mio essere. Non ho mai provato noia, è un concetto sconosciuto nel mio vocabolario minimo, ma il messaggio di Angelina è forte e chi lavora con i giovani deve preoccuparsi e prenderne atto per trovare dei rimedi. La vita è troppo breve per provare noia… c’è tanto da fare. Appunto da fare!”

Il ruolo di mamma sta al primo posto
“In effetti, sembrerà strano – prosegue la nostra interlocutrice –, per una persona tanto di corsa e tanto impegnata al lavoro, anzi mi correggo – nei vari lavori –, il ruolo di mamma sta al primo posto, anche quando i cuccioli sono ormai adulti e se ne vanno per la propria strada (per un genitore rimangono cuccioli e stai lì a osservarli, aiutarli, se necessario), anche quando hanno formato le rispettive famiglie, questo rimane un punto indiscutibile. Ora, tutti diranno: ma come? Eppure sei sempre al lavoro? Sì, faccio e ho fatto sempre tante cose (anche, e soprattutto, in contemporanea) ma solo perché ho una famiglia meravigliosa in cui ci si appoggia a vicenda, in cui ciascuno aveva/ha il suo posto e la sua libertà di azione e di ricerca, i propri sogni, la propria vita creativa ma al momento del bisogno facciamo squadra e ci si aiuta a vicenda, ci si sprona, consiglia. È vero poi che questi lavori, queste vesti, si uniscono tutte per cui anche la docenza, diversa quella al Liceo da quella all’Università, si è colorata di famiglia. Per me tutti questi ragazzi che per 38 anni ho conosciuto in circostanze varie insegnando loro la vita attraverso grandi pagine di letteratura italiana, tutte le loro famiglie, i loro problemi e i loro successi, li ho condivisi uscendone molto più ricca. La docenza è un darsi ma è anche un ricevere e i ragazzi ti danno tanto senza accorgersi, ti danno quella gioia di vita che è insita nella loro età. La loro formazione, il vederli crescere da quindicenni e giungere alla maturità, seguire questo percorso da docente, ma anche un po’ da mamma, ti dà tanto, non ha misure”.

Si sente realizzata dal punto di vista professionale?
“Mamma mia! Detto in questo modo mi vedo già nella veste della donna realizzata ambiziosa che non pensa ad altro che al lavoro (una brutta immagine!). So che molti mi immaginano così, ma personalmente non mi riconosco. Tutte le attività che ho fatto le ho svolte per realizzare qualcosa, seguendo un impulso personale sentito e condiviso. Ho fatto sempre ciò che volevo e in tal senso, data la mobilità dei progetti (anche futuri) mi sento piuttosto una persona in una fase/processo di realizzazione perpetua. Dalla docenza al Liceo e alla creazione del Dipartimento, dalla pubblicazione di libri e ricerche che riguardano il nostro mondo e all’attività volontaria in Comunità nella creazione del coro e della filodrammatica giovani, dalla partecipazione all’attività dell’Unione Italiana a quelle della CI, dalla stesura degli esami di maturità per i nostri ragazzi alla diffusione della nostra cultura all’estero… sono stati momenti importanti, progetti nati da idee che ho realizzato nel tempo non pensando minimamente ad affermarmi come persona. Sono ciò che sono con pregi ma anche difetti”.

Parlando in generale della CNI, che cosa la preoccupa e che cosa invece la rassicura e/o la rende felice?
“Inizio dalle cose negative per arrivare a quelle positive. Sono trascorsi quasi ottant’anni anni da quando siamo divenuti minoranza, siamo dei vecchietti e portiamo avanti un’eredità importante trasmessaci dai nostri padri e maestri. Abbiamo questo obbligo, oltre che il piacere e l’orgoglio, di conservarla. Mi preoccupano alcuni aspetti dei grandi cambiamenti che stiamo vivendo, nello specifico il fatto di considerare che tutto ci sia dovuto e che ci sarà malgrado tutto. Non è tutto scontato, i diritti vanno tutelati, l’identità va conservata e curata e non confusa con altri termini impropri. Mi riferisco a concetti come ‘apertura’, che va benissimo ma da non confondere con ‘assimilazione’ che vuol dire ‘fine’ e sono contraria anche all’uso di parole come ‘integrazione’. Non riguarda la CNI! Sono concetti che confondono le persone. L’Europa parla di integrazione ogni volta che popolazioni provenienti da varie parti del mondo in cerca di vita migliore decidono di stabilirvici e fissarvi dimora. Certo, devono integrarsi nella grande famiglia europea fatta di tradizioni, culture secolari e nuove, colori variegati. La CNI invece deve tutelarsi, aprirsi quanto necessario per condividere la propria presenza ed esistenza in un determinato territorio, farsi conoscere, confrontarsi con gli altri che sono diversi e accogliere le bellezze dell’altro, ma non rinunciare al proprio essere. Temo che qui si faccia confusione e allora a volte si rinuncia all’uso della lingua del sì, ma anche all’uso del dialetto, fatto preoccupantissimo. Si crede che ci sarà sempre qualcuno a tutelare le nostre scuole, la nostra cultura, i nostri principi, ma non è così. Ripeto, nulla è scontato e le nuove generazioni vanno educate a rimboccarsi le maniche e non a nascondersi dietro al vecchio e consueto o cercando soluzioni d’avanguardia a tutti i costi, ma imparando alla vecchia maniera (e anche sbagliando, perché no?) e mettendosi in campo, condividendo oneri e doveri assieme agli allori. Mi preoccupa l’assenza di molti in grado di offrire il proprio contributo, nella convinzione ottimistica che tutto comunque procede o in quella antitetica e apocalittica che tanto tutto è ormai perduto. Vorrei pure che si potesse operare in serenità senza dover pensare sempre a come procedere senza mezzi e spazi assicurati, senza quadri certi. Mi rende invece felice la presenza di un continuo nascere e proliferare di progetti culturali, vedere i miei ex allievi in luoghi dirigenziali e comunque nelle strutture e istituzioni della CNI pronti a offrire il loro contributo, realizzare che le attività continuano e si rinnovano in nuove forme, che esistono ancora giovani forze che ci tengono alla CNI. Avrei piacere che le attività delle CI non si fermassero solo ai connazionali attivi in campo culturale e letterario ma si aprissero e coinvolgessero tutti quelli che in giro per il mondo (ma anche in casa), ci fanno onore nei settori della medicina, dell’ingegneria, dell’informatica, delle scienze naturali, della diplomazia, dell’economia e altri. Auspico maggior dibattito e confronto dialettico e vorrei che i giovani ai quali ho insegnato parlassero!”

E a livello di Università?
“Il Dipartimento di Italianistica sta crescendo ed è ricco di nuove splendide persone oltre che ricercatori validi. Giovani positivi, creativi e abituati a lavorare tanto i quali, considerando sempre il Dipartimento una seconda casa, contribuiscono al miglioramento sia dei programmi che dei percorsi didattici. Pure il lavoro con gli studenti, specie per le ricerche e le tesi di laurea diventa un modo per ricercare testi, argomenti e temi inediti relativi al patrimonio culturale locale: un mondo ancora in gran parte da scoprire e valorizzare”.

C’è qualche progetto/idea/desiderio nel cassetto che le piacerebbe realizzare?
“Tanti e tutti molto belli. Al momento sto progettando assieme alla CI di Fiume, all’AFIM e a tutto il Dipartimento, il Convegno scientifico internazionale dedicato a Osvaldo Ramous che si terrà il 31 ottobre 2024. Nel 2025 celebreremo i 120 anni della nascita di questo grande scrittore fiumano e sto curando pure il ‘cofanetto bilingue’ di suoi racconti in parte inediti intitolato ‘I figli della cometa e prose sparse’. Inoltre, continuo a lavorare sulla digitalizzazione dell’archivio Ramous – lavoro iniziato con gli studenti e proseguito poi con il progetto dell’Implementazione dell’umanistica digitale, che consente di mettere online il patrimonio letterario e culturale del poligrafo e offrirlo al web. Un lavoro infinito ma che sta già producendo i suoi primi frutti importanti. Pure l’Archivio Ettore Mazzieri risulta tra i progetti, ma viene messo per momento in disparte. E tanti testi letterari, di scrittura creativa per la quale ho bisogno di silenzio e tempo. Le idee non mancano… anche per la composizione musicale. Recuperato il mio pianoforte viennese Julius Simon della metà dell’Ottocento (probabilmente del 1867) e la possibilità di poterlo nuovamente suonare fa nascere melodie nuove e infinite”.

Se dovesse scegliere, chi candiderebbe alla Targa d’oro della Città di Fiume?
“Domanda difficilissima in quanto conosco tantissime persone meritevoli e nominarne una o due vorrebbe dire fare un torto a tante altre. Ci sono molte persone amiche che lavorano tanto in sordina, dietro le quinte, il cui lavoro è poco visibile, ma senza il loro contributo tutta la nostra Comunità non sarebbe la stessa. Ma preferisco non far nomi. So per certo che a una persona spettava di sicuro questo riconoscimento, ed era mio padre che ha dato la sua vita per la Città, lo sport, la cultura, la Comunità e il giornalismo. Poiché non gli è capitato voglio considerare questo mio premio un po’ anche suo e fare come si fa in tutte le famiglie, condividere questa immensa gioia”.

Chi sente di dovere/volere ringraziare?
“Innanzitutto la Comunità degli Italiani con in testa la presidente Melita Sciucca, tutta l’Assemblea della CI che ha sostenuto la mia candidatura credendo nel mio operato, il Consiglio della minoranza italiana per la Città di Fiume e la presidente in persona Irene Mestrovich che mi ha non solo sostenuta ma pure convinta a presentare tutta la documentazione necessaria, sottolineando quelli che a suo avviso erano i pregi da evidenziare. Inoltre, le professoresse e amiche Patrizia Pitacco e Corinna Gerbaz Giuliano, e il prof. Damir Grubiša per le rispettive lettere di sostegno. Ringrazio la famiglia, i colleghi e gli amici che mi sono stati vicini sia nei vari periodi d’attività sia durante il conferimento del premio, emozionandosi con la sottoscritta”.

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