Tanti auguri Venezia!

Ricorre il 25 marzo il 1600º anniversario della fondazione della Città lagunare. In tale occasione proponiamo il contributo di Marino Baldini dedicato al Ciborio della Basilica Eufrasiana di Parenzo

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Tanti auguri Venezia!

Secondo la tradizione, il primo insediamento a Venezia si colloca in un’isola poco più alta delle altre, per questo chiamata Rivus Altus (da cui Rialto).

 

Il giorno dell’Annunciazione, che cadeva il 25 marzo 421, fu eretta la chiesa di San Giacometo da un tal Candioto (o Eutinoto), come voto per essere stato salvato da un incendio.

In quel periodo l’Italia era teatro delle feroci scorribande dei barbari e la laguna un luogo ideale dove rifugiarsi, visto che gli invasori si muovevano per lo più a cavallo.

Il Crocifisso ligneo di Gallignana

Da recenti scavi archeologici si è infatti constatato che verso la metà del V secolo gli abitanti di Aquileia si rifugiarono nelle isolette della laguna per scampare alle invasioni, ma si trovano tracce della presenza di insediamenti abitati già dall’epoca romana. È al periodo longobardo che va fatta risalire la migrazione di intere popolazioni nella laguna veneta, dando così vita ad insediamenti stabili di un certo rilievo e secondo il Chronicon Altinate (XI secolo) la fondazione risale al 421.

La nascita di Venezia fu in realtà un processo lento e oscuro, iniziato nella seconda metà del VI secolo e protrattosi fino almeno al IX, se si considera la formazione di quel complesso urbano che oggi è la città di Venezia.

Il rilievo dell’Agnello di Dio, una scultura marmorea dipinta in tempera e doratura, innalzata sopra il mosaico celeste ornato di stelle

Legame con diverse scuole artistiche
Molti si chiedono quale sia il modo ideale per immergersi nello studio della storia dell’arte. Forse si potrebbe iniziare con l’arte greca e Winchelmann, con quella romana del Piranesi e di centinaia di appassionati, con quella rinascimentale fiorentina, con Berenson, Longi, Zeri e altri, muovendosi nell’ambito della scuola viennese, in quello dell’eccellente pittura fiamminga, nel mondo di Giotto, della bottega di Squarcione, dei primitivi francesi, oppure in quello dell’arte veneta. Tutte queste sono proposte valide, ma ciò non significa che non ce ne sono anche di altre, altrettanto importanti. Una possibilità non meno illustre è quella di dedicarsi allo studio del patrimonio architettonico e scultoreo, ma anche pittorico della Basilica Eufrasiana di Parenzo, che con i suoi mosaici e con il suo ambiente offre indubbiamente dei collegamenti con l’arte greco-romana, con quella del Medioevo europeo, con le scuole rinascimentali e con i massimi monumenti delle capitali dell’arte, tra cui Costantinopoli, Roma e Venezia.

L’Agnello di Dio in un disegno riportato nel libro di Errard-Gayet

Un gioiello dell’arte medievale
L’Eufrasiana, un complesso che nel perimetro storico cittadino parte dal portale e dalla canonica e s’intreccia con un’importante serie di monumenti: dal battistero all’episcopio, passando per la cella, la basilica e l’atrio e propone una serie di capolavori di varie epoche. Il punto artistico più importante si colloca nell’abside centrale contraddistinta da uno splendore aureo e dai colori paleobizantini.
Per gli specialisti, questi mosaici interessati anche da restauri, nel particolar modo durante l’ultimo decennio dell’Ottocento, l’ambiente giustinianeo propone un importantissimo Ciborio o baldacchino d’altare precisamente datato in un’epigrafe dell’epoca del vescovo Ottone da Parenzo, nell’anno 1277. Correva in quel periodo il decennale della dedica di Parenzo alla Repubblica di Venezia, accettata dal Senato nel Palazzo Ducale di San Marco dopo la votazione avvenuta dieci anni prima, nel 1267.
Cosa rappresenta dunque il Ciborio dell’Eufrasiana? Sicuramente un gioiello dell’arte medievale, del Duecento, con il pavimento (di marmi colorati in oppus sectile), sculture, colonne e capitelli finemente lavorati in marmo, splendidi mosaici collocati sulle quattro pareti, specialmente su quella centrale, che si può ammirare dalla navata maggiore. Il Ciborio aveva la funzione di copertura dell’altare centrale con le venerate reliquie di San Mauro e forse anche di San Eleuterio che furono trasferite nel sarcofago del vescovo Pagano, oggi in cella trichora. Quel San Mauro protettore per il quale già le cronache e i messali carolingi riportavano: “In Hystria cultum sancti Mauri Martyris…” (in Istria si celebra il culto di san Mauro martire). Era questo infatti il testo scritto nel Messale che il Papa inviò a Carlo Magno.

Il Ciborio della Basilica Eufrasiana in un disegno di Giulio De Franceschi

Una copertura (quella del Ciborio) di alto rilievo tanto che la cancelleria papale la riteneva importante a tal punto da farla notare alla persona che divenne l’imperatore più importante dell’Occidente. Il Ciborio non è soltanto un baldacchino a quattro colonne con un’importante struttura architettonica, rilievi, capitelli, mosaici figurativi splendenti che poggiano su un pavimento in cui si incontrano i diversi colori del marmo di cui sono fatte anche le bordure (rosso di Verona), gli archi e le scale che bisogna salire per accedervi e lungo le quali si susseguono in modo ritmico marmi più chiari e più scuri, oggi purtroppo nascosti da inadeguati tappeti.

Il Ciborio della Basilica Eufrasiana con il mosaico dell’Annunciazione

Il contributo dell’architetto francese Errard
Ad aiutarci nella lettura dell’immensa documentazione riguardante il Ciborio è l’architetto francese Charles Errard, che soggiornò a Parenzo nel periodo 1877/78. Il suo contributo è importante almeno quanto quelli degli studiosi che si sono dedicati in modo particolare allo studio del Ciborio come Otto Demus, Giuseppe Cuscito e Ante Šonje. Errard infatti riporta elementi di altari risalenti forse al Duecento, ma che non si può escludere siano addirittura di epoche precedenti, che ci fanno pensare all’altare prerinascimentale, l’elemento centrale sul quale s’innalzavano le colonne con costoloni e il regnante Agnello di Dio, una scultura marmorea dipinta in tempera e doratura, innalzata sopra il mosaico celeste ornato di stelle.

Un dettaglio del mosaico dell’Annunciazione

Dall’altra parte, possiamo così rileggere e completare l’ambiente del Ciborio con l’altare, forse addirittura scoprire un Ciborio antecedente risalente alla metà del VI secolo, che secondo la lettura della lavorazione dei quattro capitelli farebbe parte della produzione scultorea costantinopolitana segnata (da maestri e botteghe) nelle parti inferiori nelle colonne della Basilica e molto simile ai capitelli. Ma questo non è tutto il contenuto iconografico. Grazie alla visitazione del vescovo Mazzoleni (1731-1741) sappiamo che sopra l’altare era posizionata una grande Croce lignea, parte del Crocifisso che, restaurato, è custodito nel Museo diocesano. Lo rivela anche il Cristo ligneo che indica chiari collegamenti con lo stile delle figure musive, specialmente con il volto, il drappeggio, le mani e le dita, della Madonna la cui espressione duecentesca si allinea con il Ciborio, con il quale crea un insieme, fungendo al contempo anche da parte centrale della visione del baldacchino del vescovo Ottone. Doveva esserlo in qualche modo anche l’Agnello che troviamo nell’atrio, che poteva essere la parte centrale dell’antependium oppure avere una funzione che non ci appare completamente chiara.
La fondazione di Venezia in riva al Canal Grande
Abbiamo riassunto così gli elementi del Ciborio duecentesco situato nell’interno dell’ambiente paleobizantino che si può leggere anche come l’effetto di riflessi aurei e di coloriture dei marmi, delle madreperle, di porfidi e graniti. L’Annunciazione collocata nella parte frontale simboleggia Venezia e precisamente la sua fondazione avvenuta sulla riva del Canal Grande o Rialto (Rivoalto), secondo la tradizione, il 25 marzo dell’anno 421. Anche questo contribuisce all’importanza del Ciborio di Parenzo che, oggi, come nella metà del VI secolo, grazie all’opera giustinianea e a quella del vescovo Eufrasio, ci consente di leggere l’opera interna del Duecento che celebra Venezia. Naturalmente, l’asse centrale in entrambi i casi è il Cristo, che nel VI secolo regna nelle massime espressioni centrali dal battistero ai portali, dalle colonne, all’abside centrale; collocato in mezzo agli apostoli, sotto la mano e la colomba della SS. Trinità con Maria, mentre l’Arcangelo Michele (secondo alcuni Gabriele) posto al centro dell’abside dietro l’altare tiene il globo celeste con croce d’oro sopra il segno di Cristo del trono.

Il Ciborio in tutto il suo splendore durante il periodo della Quaresima

I Crocifissi nel resto dell’Istria
Il Ciborio illustra dunque molto bene l’iconografia in cui troviamo l’agnello (o gli agnelli) situati nella parte centrale e un Cristo duecentesco paziente (Christus Pathiens), salvatore del mondo nel mezzo della rappresentazione dell’Annunciazione.

Una scena che ritroviamo anche dopo quella giustinianea collocata nell’abside che racconta Venezia, ovvero la sua fondazione, e che s’inserisce nell’ambito celebrativo della dedizione di Parenzo che seguirà Montona, dove pure troviamo un Crocifisso ligneo simile a quello di Parenzo. Montona si dedicò a Venezia solo un anno dopo la creazione del Ciborio, nel 1278. Esiste anche un terzo Crocifisso, anche questo molto simile, realizzato dallo stesso maestro a Gallignana, località che non era veneta, ma dalla quale i vescovi di Pedena amministravano la Diocesi. Anche Ottone, infatti, prima di salire sul trono di San Mauro a Parenzo fu vescovo di Pedena.
La grandezza di Costantinopoli e Venezia
In conclusione di queste righe che vogliono celebrare l’importante anniversario di Venezia vorrei proporre alcune possibili letture dell’espressione artistica che cogliamo o in parte immaginiamo specialmente nell’ambito presbiteriale, ma anche più in generale nello spazio interno della Basilica con i suoi decori resi brillanti dagli effetti creati dagli specchi dorati, dai colori, dall’opus sectile, dal rinfrangersi della luce sulle transenne e dalle fiammelle delle lucerne ad olio (istriano) che facevano apparire le immagini in movimento. In questo modo, grazie anche al valore particolare e all’originalità dell’impianto giustinianeo e ottoniano, possiamo leggere quest’eccellente gioiello d’arte in cui si riflettono la grandezza di Costantinopoli e Venezia con l’immagine centrale di Cristo Dio Salvatore. La centrale Annunciazione con le altre tre pareti che rappresentano i sei Santi locali, lo stesso numero dell’abside centrale, regnano un’immagine di Eufrasio.
Abbiamo voluto augurare a Venezia il suo 1600º compleanno in un modo forse insolito, parlando di un capolavoro creato da varie botteghe, tra cui anche alcune veneziane della chiesa di San Marco. Queste hanno sicuramente dato un apporto nella creazione del mosaico e della maggior parte delle sculture, come nel caso della Basilica giustinianea e delle botteghe di Costantinopoli. Auguri ancora una volta Venezia. Buon compleanno!
*Archeologo e storico dell’arte

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