Il teatro dopo la verità

Dalle fake-news alle sfide del nostro tempo contraddistinto dalla nuova normalità dettata dal Covid-19

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Il teatro dopo la verità

Postando su Facebook una notizia intitolata “Visto un gabbiano di cinque kg posato sulla statua di Zajc a Fiume” attirerei, probabilmente, soltanto pochi lettori, ma se scrivessi: “Visto un gabbiano di venti kg posato sulla statua di Zajc a Fiume” sono sicuro che avrei più successo in fatto di numero di click e letture dell’articolo. In entrambi i casi si tratterebbe di notizie scientificamente false, ma nel primo caso mi leggerebbero prevalentemente appassionati di volatili e qualche lettore distratto, mentre nel secondo caso farei colpo su tanti curiosi. C’è da chiedersi perché il falso, anche quando evidente, attrae. Forse un istinto atavico legato alla sopravvivenza ci porta a dare per possibile un evento estremo?

 

L’effetto palla di neve
Ma cerchiamo di ipotizzare l’effetto della notizia sul gabbiano di venti kg sui social media. Una volta diffusa, probabilmente, alcuni amici e conoscenti pur intuendo trattarsi di un falso, magari divertiti, la rilancerebbero aggiungendo magari anche dei commenti. In altri invece l’articolo potrebbe intercettare qualche malumore, rabbia o frustrazione. Così per l’effetto palla di neve il numero di commenti crescerebbe ulteriormente facendo diventare secondaria la questione del peso dell’animale. Facile immaginare commenti del tipo: Volevate gli OGM e gli esperimenti sulla genetica? Adesso la natura si vendica!, Sarà stata un’aquila scambiata per un gabbiano che si è spinta fino alla città in cerca di cibo. Impossibile escludere l’intervento di gruppi social legati a una forza politica capaci di trovare nella notizia terreno fertile per commentare in chiave populistica.

Oltre la post-verità
Va detto infatti che le notizie false hanno come obiettivo anche raccogliere un malcontento generale e creare un consenso spesso legato al potere politico. Proprio in questo senso si parla di un’irruzione di post-verità nell’opinione pubblica. Il concetto è la traduzione dell’inglese “post-truth”, termine che dal 2016 – dopo gli scandali legati alla campagna elettorale di Trump “Make America great again” e le fake news messe in Rete ai tempi del referendum della Brexit; ricorderete lo slogan “Take back control” – ricorre spesso nella stampa britannica e statunitense.

La seconda accezione è quella di “oltre la verità”; la notizia viene costruita su un fatto vero ma in base all’“agenda” e alle opinioni dell’autore, che però nega questa pratica e accusa i “media d’élite” di essere proprio loro a mettere la ciliegina sulla torta. Si parla così di una contro-informazione, di cui una certa opinione pubblica, spesso quella che urla di più, è affamata; un’informazione che non si controlla né si verifica.

La leva delle emozioni
Sembra che la fiducia nell’informazione filtrata dalle maggiori testate giornalistiche sia in declino. È in aumento il numero dei lettori che preferisce “informarsi” leggendo quanto postato sui social media o una stampa online “alternativa”, selezionando ciò che conferma le loro convinzioni. Si cercano le risposte che alimentano e spiegano un disagio latente dovuto, ad esempio, all’incapacità di soddisfare alcuni criteri sociali, di raggiungere il successo o di accumulare ricchezza. Spesso questo disagio nel tempo si trasforma in odio. I media alternativi che nascono e vivono sul web spesso incoraggiano il loro pubblico a identificarsi in un collettivo privo di diritti e a contrastare l’establishment. Fare leva sulle emozioni è una caratteristica significativa in questa retorica. Certo ci muoviamo in un contesto in cui da molti anni si sente parlare di democrazia svuotata, di fine delle ideologie e dei partiti e adesso imperversa l’uso della metafora “guerra al nemico invisibile”: il Covid.


Verificare le fonti
La messa in dubbio della verità si presenta anche nell’avamposto ultimo della ricerca del vero: la scienza e la medicina sono diventati terreni non più inviolabili per gli esperti di un gioco a chi la spara più grossa. In questo caso le informazioni di qualità, che potrebbero aiutare a capire meglio i fenomeni scientifici si pagano in termini di tempo e denaro e come scrive lo storico Yuval Noah Harari nel saggio 21 lezioni per il XXI secolo, “se ricevete le vostre notizie gratuitamente allora chiedetevi se potreste essere voi il prodotto”. Ma in ambito scientifico sarebbe bene fare lo sforzo di leggere la letteratura scientifica pertinente, magari sottoposta a peer-reviewed e cioè controllata e passata al vaglio da istituzioni prestigiose e scienziati. La scienza non è mai stata infallibile, ma la comunità scientifica è stata la nostra fonte di conoscenza più affidabile per secoli. Quindi siamo liberi di non condividere quanto leggiamo negli studi scientifici più accreditati, ma almeno dovremmo conoscere le teorie scientifiche che stiamo rifiutando, e fornire qualche prova empirica a sostegno delle nostre affermazioni. È responsabilità di tutti noi investire tempo e sforzi per mettere in luce i nostri pregiudizi e verificare le fonti d’informazione.

Stato d’emergenza
In un momento in cui la medicina e la scienza vengono messe a dura prova sulla verità e la politica non offre soluzioni a lungo termine sul futuro del welfare sanitario, anche il teatro in Italia e in gran parte dell’Europa è al collasso. Dove ancora invece si può avere il privilegio di lavorare – ad esempio nel Teatro nazionale croato a Fiume –, lo si fa in uno stato di grande emergenza. In Italia molte compagnie teatrali, quando tutto finirà, non avranno più la forza di riprendersi a vantaggio delle solite grandi istituzioni culturali finanziate dal fondo unico dello spettacolo (FUS). Dalla prima ondata pandemica alla vigilia della seconda di questi giorni, in Italia, lo spettacolo dal vivo si era attrezzato con le sicurezze necessarie per il pubblico e nonostante non ci siano mai stati dati che abbiano confermato contagi di gruppo nei teatri, la politica ha preso la sua decisone affermando la sua verità: andare a teatro genera spostamenti, raggruppamenti di persone con possibilità di contagio e quindi occorre chiuderli fino a data da destinarsi.

Questioni di sopravvivenza
La percezione di questa risposta della politica, ancora una volta, è stata quella che andare a teatro non sia un’attività umana fondamentale. Ne scaturisce che è in gioco la sopravvivenza stessa dei lavoratori del teatro e delle compagnie e chi ha la fortuna ancora di fare teatro, come in Croazia e per coloro che andranno avanti in Italia, sarebbe importante interrogarsi sul ruolo del fare teatro nel presente e nel futuro, per riaffermarne il suo diritto a esistere e la sua importanza proprio adesso.

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