Diplomazia: raffronti tra Croazia ed ex RSFJ

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Diplomazia: raffronti tra Croazia ed ex RSFJ

Dopo aver concluso la mia missione di Ambasciatore a Roma posso serenamente paragonare la mia esperienza di diplomatico croato e quella di diplomatico jugoslavo. Come avevo già constatato, si può in primo luogo notare la grande differenza tra i preparativi per le missioni. A Zagabria i preparativi sono stati brevi e superficiali. Una funzionaria del Ministero degli Esteri, che curava la preparazione di tutti gli Ambasciatori, mi aveva dato un foglio di carta che più o meno mostrava l’organigramma del dicastero, con tutti gli uffici, i reparti e le direzioni, e mi aveva segnato su quel foglio i colloqui che avrei dovuto avere con i capi delle varie direzioni. Quei colloqui erano stati cortesi. Non posso dire che i capi – i pročelnici, come si chiamano in croato – non avessero voluto aiutarmi a prepararmi bene per la missione, ma le informazioni che mi davano erano già note, trite e ritrite; inoltre scritte e poi riscritte nei vari dossier che si aggiornavano ogni tanto, per poi essere inviati al Sabor ed eventualmente comunicati al pubblico nelle conferenze stampa dei vari ministri degli Esteri.
Molto differenti erano i preparativi imposti dal Segretariato federale per gli Affari esteri dell’ex Jugoslavia: in primis, duravano sei mesi. All’inizio mi era stato dato un quaderno nel quale era stilato un rigido programma di visite ai vari dipartimenti; dovevo apporre la firma sul quaderno, come pure rilevare quali documenti avevo studiato e annotare i miei suggerimenti, se ne avessi avuto.
La visita ai vari dipartimenti comportava anche una visione accurata di tutti i dossier e delle relazioni internazionali del Paese di destinazione. Per fortuna, avevo una guida competente, perché il mio mentore era proprio il vicesegretario federale per gli Affari esteri, un diplomatico di “lungo corso” – Budimir Lončar, croato, nato a Ugliano dirimpetto a Zara, e con un’esperienza unica: aveva fatto, fin dal dopoguerra, il Console generale a New York e poi aveva assunto la carica di Ambasciatore in Indonesia, proprio nel periodo della fondazione del Movimento dei non allineati. Poi era finito in Germania: era stato nominato Ambasciatore a Bonn nel periodo del cancellierato di Willy Brandt e della nuova “ost-politik” tedesca. Infine era stato anche a Washington, durante la guerra fredda, e aveva preso parte a quasi tutte le conferenze dei non allineati, nonché a tutte le riunioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York.
Inoltre, Lončar era un buon conoscitore dell’arte, specialmente della pittura, amico intimo di molti pittori croati e jugoslavi, e specialmente di quei pittori che avevano militato come lui tra le file partigiane. Da lui avevo appreso anche molte informazioni sulla cultura americana, che conosceva bene. E poi, conosceva molto bene anche tutte le persone più importanti di New York, cosicché le sue conoscenze mi avevano aperto le porte di personaggi come Cyrus Sulzberger, l’editore del New York Times, del milionario George Soros che contribuiva a molte fondazioni culturali, di Peggy Guggenheim, la ricca patrona d’arte, e infine di politici importanti come Henry Kissinger e Lawrence Eagleburger. Però, per lui, e poi anche per me, era facile allacciare un contatto importante rappresentando la Jugoslavia, che negli Stati Uniti, tra i circoli della cultura e dell’alta politica, godeva di una buona reputazione come leader dei non allineati e come oppositore, straordinariamente critico, dei sovietici e del loro sistema.
E poi, i preparativi erano culminati con una serie di esami, molto esigenti, sia per quanto concerne la conoscenza della lingua del Paese di destinazione, sia la professione diplomatica, con un impegnativo esame di Stato nel campo della politica internazionale. Devo dire che tutti quegli esami mi fecero sudare non poco, perché gli esaminatori erano severi e non concedevano sconti.
Tutto diverso quindi rispetto alla prassi vigente in Croazia, ai tempi dei miei preparativi per la missione in Italia. Si partiva già da una premessa sbagliata: il reclutamento del personale della “nuova diplomazia croata” era stato fatto, nel 1992, tra circa 5.000 candidati che avevano presentato domanda, sulla base di un generico test di cultura generale. Non c’era neanche l’esame di lingue straniere, cosa impensabile per un “civil service” la cui specialità è proprio il contatto con l’estero. Sennonché il test sottoposto ai candidati croati aveva un paio di domande-trappola.
Ad esempio, se non sapevi cosa volesse dire: “I.N.R.I.”, venivi subito eliminato. (Naturalmente, si tratta dell’iscrizione sulla croce – Iesus Nazzarenus, Rex Iudeorum). Questo succedeva nel 1992 e aveva un obiettivo preciso: eliminare dal concorso tutti quelli che, durante l’era socialista, non avevano ricevuto un’educazione religiosa! È chiaro che la professionalità di questi quadri è tutt’oggi abbastanza carente, sia per quanto riguarda le conoscenze delle lingue che delle materie più consone alla professione diplomatica.

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