La Comunità degli Italiani di Pola celebra il suo dialetto

Il calendario per il 2023 curato dal bibliotecario Alessandro Lakoseljac Ukmar e da Vibor Juhas è uno dei meglio riusciti. Sarà distribuito da oggi a venerdì tra le ore 10 e le 12

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La Comunità degli Italiani di Pola celebra il suo dialetto
La copertina del calendario “dialettale” 2023 con le illustrazioni di Vibor Juhas. Foto: DARIA DEGHENGHI

In passato c’erano stati il calendario dedicato ai lavori artistici, il calendario delle fotografie d’epoca, quello sulle osterie e le altre locande d’inizio Novecento, uno in ricordo dei cori e delle orchestre della “Lino Mariani”, un altro in omaggio alle vedute di Pola nelle fotografie recenti dei soci, uno con le ricette e i ricordi di Lidia Bastianich e un altro ancora ispirato all’erboristeria popolare. Ora il calendario della Comunità degli Italiani di Pola è dedicato interamente al dialetto istroveneto nella sua variante polese, ai modi di dire e all’illustrazione d’autore. Ne sono autori il bibliotecario Alessandro Lakoseljac Ukmar, che ha curato la selezione fraseologica, l’impaginazione e la grafica, nonché Vibor Juhas, autore delle illustrazioni in qualità di ospite.

Le tradizioni popolari
Che cosa dire? Questo calendario è decisamente uno dei più attraenti dal punto di vista visivo, sicuramente uno dei più maturi e certamente uno dei meglio riusciti di sempre. Quest’anno, dunque, il consueto omaggio ai soci parla il dialetto “polesan”, proprio come i lavori del gruppo di ceramica, il repertorio degli spettacoli di prosa, i gadget e il resto della produzione culturale di via Carrara. Il “Circolo” è tornato insomma a riscoprire il potenziale e il valore del suo dialetto e delle sue tradizioni popolari senza rinunciare alla cultura colta, la cinematografia, la gastronomia, la letteratura, la musica. Nessuno ha mai detto che non possano convivere, anzi.
La stessa prefazione al calendario è interamente dialettale e spiega in questi termini la scelta del soggetto, del messaggio e dei canali di comunicazione utilizzati per trasmetterlo: “Ogni volta che se metemo a far el calendario semo sempre là: ‘Cosa femo?’, ‘Come tiremo fora quel che ghe piasi ala nostra gente?’. Sto 2023 che xe ale porte, el vegnerà acompagnado mese per mese da disegni e batude nostre, polesane. Co se gavemo meso a sercarle, ghe ne iera tante de bele e gavemo gavudo dificoltà a decider quala meter e quala no. Quele che xe stade selte xe quele che pensemo che ne rapresenta meo, quele che fa del polesan el polesan!”. Anche questo calendario dunque “parla de noi, del nostro modo de pensar” e ciò che l’attuale generazione vuole lasciare in retaggio ai posteri è quel poco del “vecio polesan, ciacolon, brontolon, che ghe tigniva al suo e de quele polesane, bele, sgaie, ma guai a pestarghe i cali”.

Locuzioni conosciute
Le locuzioni sono un po’ quelle che conosciamo tutti, che usiamo anche oggi e che ci strappano sempre un sorriso sulle labbra. In qualche caso sono luoghi comuni, in tanti sono condivisibili col resto dell’Istria, del Veneto o dell’Italia, in altri casi sono esclusivamente polesane perché non ce n’è due di “rene” e soprattutto non c’è un angolo che si possa attribuire alla nostra Arena, di pianta notoriamente ellittica. Ma queste sono solo chiacchiere. Vediamo le battute, i modi di dire polesani illustrati egregiamente da Vibor Juhas affinché ci accompagnino durante l’anno che sta per incominciare. “Mia bisnona, dopo vecia, la parlava col spacher e con la ‘aradio’, e ogni tanto, la ‘aradio’ anca ghe rispondeva!” è la frase del mese di gennaio che apre il calendario burlandosi con affetto dei nostri nonni alle prese con la tecnologia (all’epoca) d’avanguardia che non erano in grado di nominare correttamente. “Fa el bravo, se no te magna el babau”, era il modo con cui i nostri genitori e nonni erano soliti metterci in riga per scoraggiare un comportamento puerile eccessivamente vivace e rischioso. Naturalmente il “babau” non esiste e usarlo oggi, con fare minaccioso, coi ragazzi connessi a Internet fin dalla culla, sarebbe davvero comico. Comunque il “babau”, l’orco o l’uomo nero che dir si voglia, ci ha fatto tremare in tanti negli anni d’oro dei mostri nell’armadio o dietro la porta della cameretta. Non per niente siamo andati avanti a dormire con la luce accesa accanto al letto fino all’età dell’adolescenza (e qualcuno anche a vent’anni suonati). “El xe andà baul e tornà cason”: anche questa ci riguarda tutti. Chi non ha mai fatto l’esperienza della missione inconcludente, vana, superflua? Alzi la mano chi non è partito “baule” e tornato “cassone” almeno una volta in vita sua? Già, lo immaginavamo. Non c’è nessuno che risponda all’appello…

Modi di dire inesauribili
“Bruta in fasa, bela in piasa” non è una frase esclusivamente polesana bensì un proverbio popolare italiano che ha trovato terra fertile in città e tiene ancora banco, benché rischi l’estinzione come del resto la rischiano tutti i proverbi nel mondo ipertecnologico che abitiamo. “Ciacole no fa fritole” è sempre in voga perché disgraziatamente i discorsi inutili, le azioni inconcludenti e la vanagloria non scarseggiano nemmeno al giorno d’oggi, anzi, sembrano proprio riprodursi in chiave esponenziale, specie dopo l’invenzione dei social network. Poi troviamo frasi, proverbi e modi di dire per cui le circostanze non si esauriscono mai e poi mai come “Cicio non xe per barca”, “Oci magnasi, boca no pol”, “Piovi che dio la manda”, “Ragno porta guadagno” o la sboccata “Fata la xe, cagarghe sora”. In quanto all’appuntamento “sul canton drio de la Rena”, questo sì che è solo nostro, mentre dare a qualcuno del “turuntas” si può anche in un contesto regionale e plurilinguistico allargato come quello dell’Istria attraverso i secoli nella sua collocazione mediterranea e mitteleuropea.
Il calendario 2023 sarà distribuito ai soci i giorni 28, 29 e 30, cioè da oggi a venerdì, tra le 10 e le 12, nell’atrio della CI. Per averne una copia è necessario pagare il canone per il 2022. I versamenti del canone per il 2023 saranno possibili solo a partire dal 15 gennaio.

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