A Salvore è arrivato anche il granchio blu

I pescatori locali molto preoccupati per la presenza delle specie «nuove»

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A Salvore è arrivato anche il granchio blu

Finirà in pentola il granchio reale, meglio conosciuto come granchio blu (Callinectes sapidus), crostaceo delle coste atlantiche del continente americano che ultimamente si sta diffondendo lungo la nostra costa. Quasi sicuramente il granchio blu è stato portato dalle navi, tramite l’acqua di zavorra, e per questo oggi lo si trova fuori dal suo habitat naturale. Da circa tre anni, lungo la costa da Umago a Salvore, ne sono stati pescati parecchi, dei quali alcuni nei giorni scorsi nella zona di Salvore. A quanto pare la specie si sta diffondendo, perché le acque poco profonde sono ideali per la sua riproduzione.

 

Quasi sicuramente il tratto di mare in questione è stato infestato da qualche nave che transitava nel canale marittimo che conduce ai porti di Capodistria e Trieste, canale che passa molto vicino a Punta Salvore. Ogni nave si lascia dietro qualcosa, ora è la volta di questo granchio. Ma mentre in altri Paesi la popolazione di granchi reali o blu viene monitorata, in Croazia tutto questo è lasciato ai pescatori locali, i quali ci chiamano e ci avvertono delle scoperte perché spesso non sanno di che specie si tratti. Ora comunque è certo che negli ultimi tre anni le segnalazioni si sono intensificate e che di granchi ne sono stati presi molti. In America questi granchi venivano pescati in grande quantità perché sono commestibili, ma poi la loro popolazione è diminuita al punto da introdurre a livello legislativo un provvedimento che, secondo alcune fonti, ne vieterebbe la cattura con le nasse per esemplari di diametro inferiore ai 14 centimetri. Ritornando a casa nostra, e visto che i granchi sono in aumento e commestibili, ora finiranno in pentola anche se, molti pescatori preferiscono rigettarli in mare, perché… non si fidano a mangiarli.

I pescatori ci hanno segnalato pure la presenza di meduse, molto grosse e non dannose: si tratta della specie Cotylorhiza tuberculata, che può raggiungere i 30 centimetri di diametro. Dunque, è l’enorme quantità che disturba la pesca. È una medusa non urticante che ha il caratteristico ombrello a forma di disco bianco, con una gobba rotonda e gialla al centro; una specie pelagica endemica del mare Mediterraneo, molto comune, ma dalle nostre parti dovrebbe esserci da maggio a ottobre. La riproduzione tra meduse adulte avviene tipicamente tra agosto e ottobre.

Il presidente del Gruppo per la pesca sostenibile Danilo Latin ci ha detto che questa è una preoccupazione in più per chi pesca perché le giornate utili di pesca, a causa dei fenomeni meteo-climatici, si sono ridotte: “Non possiamo pescare né con la bora, che sa essere molto insidiosa e durare parecchi giorni, né con lo scirocco o il libeccio. Le poche giornate utili sono condizionate dalle meduse o da qualche inconveniente legato alle operazioni di pesca. Per esempio, appena usciti si può rompere la rete, poi ci sono altri problemi che possono influire sulla giornata di pesca riducendone il guadagno, ma aumentando le spese. Dunque, di preoccupazioni, ne abbiamo molte. Cerchiamo sempre di comunicare con i biologi marini, per informarli di quanto succede in mare, se ci sono alghe o meduse non di casa, ma questo aiuta poco. Ora l’enorme quantità di meduse impedisce di fatto la pesca perché le reti a strascico si riempiono subito, rendendole pesanti e di fatto bloccando la barca. Bisogna allora alzare la rete, svuotare il sacco e ritornare a casa. E, purtroppo per la pesca, sono anche ritornate in grande quantità le noci di mare, che non sono delle vere meduse, ma che si mangiano plancton e uova dei pesci. La loro presenza, e ce ne sono a milioni, impedisce di fatto alle reti di pescare”.

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