Mezzo secolo di Loredana Bertè

All’Auditorio di Portorose graffiante tappa slovena del «Manifesto Tour 2024» della grande artista italiana

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Mezzo secolo di Loredana Bertè
Un vero spettacolo musicale. Foto: ELENA BUBOLA

La coerenza della trasgressiva icona della musica italiana ha sancito il tutto esaurito al concerto nell’esclusiva tappa slovena del “Manifesto Tour 2024”, che sabato sera ha infiammato l’Auditorio di Portorose. Brani di ieri e di oggi dai messaggi sociali molto forti in difesa dei diritti della figura femminile, di deboli, indifesi ed emarginati per celebrare i 50 anni della carriera discografica di Loredana Bertè.

Una carrellata di generi musicali
Più che un concerto si è trattato di un vero e proprio tripudio che, con il supporto visivo d’immagini che omaggiano di volta in volta i diversi generi presentati dalla cantante nel corso del suo percorso musicale, sono sfociati in un inno celebrativo che è partito dal pop, passando per il rock, per arrivare al blues, al reggae, dal funk al soul. Una carrellata di sfondi dell’immancabile e distintiva chioma blu elettrico catalizzatore d’attrattiva, un’avvolgente atmosfera da discoteca che scuote tutte le generazioni e tanta, tanta vitalità che non è scesa di un tono nelle oltre due ore di spettacolo. Bertè è un travolgente fiume in piena che ha fatto da cornice a un vero e proprio allestimento teatrale che non ha risparmiato le corde vocali né della protagonista né del pubblico in escandescenza, entusiasmato da quella voce graffiante, roca e a tratti sensuale. Una regina del rock che altri non è che Loredana Berté, la quale ha scelto di raccontarsi nel brano d’apertura “Dark Lady”, ricco di contenuti e frammenti di vita rimarcati dal sempre autobiografico “Amici non ne ho”, che rivela un’immagine dura, scomoda, di una Loredana (come tanti) che non scende a compromessi perché nessuno nasce forte, bensì sono le esperienze che ti costringono a diventarlo. Il talento unico della Berté è ben valorizzato dal brano scritto da Ruggeri “Il mare d’inverno” che metaforicamente riflette tutta la tristezza, la solitudine e l’isolamento esistenziali di “un film in bianco e nero” visto dagli spettatori sempre attenti.

L’importanza di cogliere l’attimo
La voce timbrica, roca e sofferta è stata supportata dalla mentalità internazionale e dagli arrangiamenti sempre all’avanguardia frutto della cantautrice e di illustri collaborazioni, tra cui artisti e produttori italiani e internazionali, che hanno segnato il percorso della Bertè. In “uno dei primi duetti proposti in Italia, quello con i Boomdabash”, come sottolineato dalla rock star, si avvale di contaminazioni musicali altamente moderne che in “Non ti dico no” propongono una filosofia esistenziale da prendere alla leggera, dove vita e amore risultano effimeri e per nulla duraturi con lo spiraglio del libero arbitrio condito con l’incoscienza e un pizzico di follia che ci permette di vivere e godere dell’attimo e non delle illusioni. La sensazione di disorientamento espressa in “Persa nel supermercato” è voglia di un’emozionalità che colpisce al cuore, è desiderio di colmare i vuoti dell’anima dove la musica non rappresenta solo parole vuote. Emozioni che si trasformano in illusorie aspettative nel brano “Cosa ti aspetti da me” che, se troppo elevate, sono destinate immancabilmente a rovinare un rapporto di coppia.

Un viaggio nel tempo
Tuffo nel passato per l’indomabile protagonista che celebra la Pop Art con “Movie”, brano esaltato dalla proiezione originale e integrale dell’omonimo video girato apposta per lei dal celeberrimo Andy Warhol nella New York degli anni Ottanta, a sottolineare la versatilità di mode e correnti della linea temporale che hanno segnato un’epoca. Tutta la finzione dello spettacolo arriva dritta al cuore con “Lacrime in limousine”, il brano realizzato con Fedez, con cui la Berté, con la sua struggente intensità vocale, ha voluto omaggiare il “Club 27”, artisti del calibro di Kurt Cobain, Amy Winehouse ma anche Janis Joplin, Jimi Hendrix e Jim Morrison, scomparsi a soli 27 anni d’età. L’artista ha voluto ricordare, con il rock blues “Luna”, il grande vuoto lasciato della scomparsa della sorella, Mia Martini, il 12 maggio 1995 in cui si rivive tutta la solitudine della perdita di una persona cara. A spezzare il silenzio interiore fin qui generato, la storica vocalist Aida Cooper con “I still haven’t found what I’m looking for”, dando modo alla Bertè di cambiare registro rientrando con “Ragazzo mio” il brano di Luigi Tenco proposto con Venerus a Sanremo per poi scioccare riportando il pubblico alla cruda realtà con “Ho smesso di tacere”, il successo scritto da Ligabue apposta per la Bertè e ispirato dalla confessione della cantante che ha subito violenza a 16 anni. Vergogna, omertà, paura. “Ogni 6 ore un femminicidio. Ogni 6 ore – ha sottolineato la Bertè – e io, sono una di quelle ma adesso, ho smesso di tacere”, perché reagire, è il primo passo per uscirne. “Per i tuoi occhi ancora… ho chiesto scusa, e sono andata via”, ritorno alla debolezza femminile, ma la vita ci cambia, ti cambia, dentro e poi, da ragazza ribelle la Bertè si trasforma in donna “pazza” che nella sua follia fa trasparire tutto l’immane percorso introspettivo con la coscienza di chi, soffrendo, si accetta e si ama per quello che è, perché la Bertè è un universo di emozioni, un mondo a parte consapevolmente cosciente che il caos è fuori. Lei ne firma testo, arrangiamento e musica per un brano auto-ironico, ma liberatorio che ti arriva dentro.

Una lotta a pregiudizi e discriminazione
“Tante volte mi hanno detto sei pazza, in modo serio o ironico, quindi questa canzone mi somiglia e la canto nel segno della libertà, la libertà di essere sempre sé stessi”. Canzone struggente, quasi uno stendardo per coloro che lottano contro i pregiudizi e che non hanno paura delle diversità di genere. Empatia e comprensione per incompresi e diversi che emergono anche in “Dedicato” a tutti quelli che stanno arrancando nella vita, frenati da problemi insormontabili. Pubblico in piedi per il diritto di esistere, per l’indipendenza e il coraggio delle donne provate dalla vita di “Non sono una signora” e “Sei bellissima” dove l’ambiguo dualismo dell’uomo che con poche parole denigratorie ha il potere di distruggerti la vita, ti entrano dentro. L’altissimo grado di emozionalità, la necessità di essere donna indipendente che “si basta” lo ha proposto dal palco con “Figlia di”, “Mi sono fatta da me, e voi (pubblico) siete tutti figli di… Loredana”, che ha proseguito con l’ode all’amore in “Ninna nanna”, perché l’Amore dalla “A” maiuscola, non dev’essere solo sofferenza, l’Amore è anche sogno. “E la luna bussò” l’interazione dello stereotipo di ogni individuo in cerca d’amore ci porta a essere persi e sentirci “In alto mare” dove il desiderio di libertà si trasforma in energia reattiva. Tutti in piedi a chiudere il concerto per la reinterpretazione del successo di Rino Gaetano “Ma il cielo è sempre più blu”, l’ottimistico inno alla vita, alla rinascita e alla speranza di un futuro migliore. Perché la Bertè ribelle ha ancora tanto da dare e tanto da dire, messaggi forti di una donna libera che arrivano, spronano, fanno riflettere, che creano consapevolezza per chi li sa ascoltare e che insegnano incoscientemente per chi li sa sentire. Un indiscusso grande talento per un altrettanto grande cuore incompreso, ma dalla potenza vocale immensa, che riesce a “gridare il silenzio”.

L’intramontabile e trasgressiva Loredana.
Foto: ELENA BUBOLA

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