Albania: mare, monti e anarchia

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Albania: mare, monti e anarchia

L’Albania, un Paese in fase post bellica senza aver fatto la guerra. L’Europa è vicina e lontana in ugual misura. Un Paese dalle singolari bellezze create da Madre natura e dagli obbrobri creati dall’uomo. Qui i mostri in cemento sono imponenti come la natura che li circonda. Spiagge paradisiache e montagne forti e maestose sono delle attrazioni turistiche di prim’ordine, le strade e le infrastrutture sono invece dei deterrenti di prim’ordine.
L’italiano è lingua franca in Albania, l’inglese in media basterà a non farvi morire di fame o sete. Le carte di credito, invece, vi faranno morire sia di fame che di sete, qui nessuno le accetta. Per capire questo fenomeno ho dovuto trascorrere almeno dieci giorni nel Paese dell’aquila bicipite durante i quali abbiamo ricevuto soltanto uno scontrino, appunto, quando abbiamo insistito di pagare con la carda di credito non lasciando alternative al cameriere. Le tasse, dunque, nessuno le paga, il che potrebbe spiegare il costo del carburante, ben oltre i due euro al litro poiché è probabilmente l’unico mezzo che resta allo Stato per riempire le casse.
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GJIPE BEACH

Il mare è stupendo, le spiagge pure, soprattutto laddove il turismo di massa non è ancora arrivato. Qui la formula è semplice, da evitare assolutamente le spiagge centrali e facilmente accessibili in macchina, da optare invece per località sul mare dove si giunge a piedi. Da sottolineare la paradisiaca bellezza di Gjipe beach, subito sotto la località di Vuno, nel sud dell’Albania. Per arrivarci abbiamo impiegato una mezz’oretta di camminata per dei sentieri ripidi usati perlopiù da greggi di capre che scorrazzano impavide lungo tutta la costa albanese. Una volta scesi non vorrete più ritornare su. La lunga spiaggia ricoperta da ghiaia bianca e fine si trova alla fine di un canyon lungo 800 metri formatosi dopo un terremoto diversi secoli fa.
Il turismo balneare in Albania si sta pian piano intensificando, a primeggiare sono indubbiamente gli italiani, ma da notare pure un gran numero di macchine polacche che scendono fino al mar Ionio, attraversando in una direzione circa 2500 km per una vacanza economica nell’inesplorato. L’economicità dell’Albania è sicuramente una delle variabili chiave per sceglierla come meta turistica. Una cena per due a base di pesce con vino incluso in un ristorante in riva al mare peserà sul vostro budget una quindicina d’euro. Nell’entroterra, invece, una cena per due a base di carne con bevande incluse, dagli otto ai dieci euro. Per quanto riguarda il pernottamento, sia booking.com che Airbnb funzionano alla perfezione e offrono una vasta gamma di prezzi. Gli ostelli sono gestiti perlopiù da stranieri e vi si sente un “wor
ldly vibe” generalmente assente in Albania.

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GJIROKASTER E BERAT

Mentre la costa sta già subendo le prime invasioni turistiche, che spesso sembrano delle invasioni barbariche, l’entroterra ha ancora mantenuto il suo fascino tradizionale. Le cittadine di Argirocastro (Gjirokaster) e Berat sono dei gioielli di architettura ottomana ancora relativamente inesplorati. Argirocastro è inclusa tra i Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. Si trova nell’estremo sud del Paese e fa parte dell’antico Despotato d’Epiro che comprendeva la Grecia centro-settentrionale e in parte anche la Bulgaria. Gjirokaster è una delle più antiche città albanesi: costruita su una collina che domina una vallata lussureggiante fra i monti Mali i Gjerë e il fiume Drinos, il suo nome in greco significa Fortezza Argentata. Il castello di Argirocastro è la costruzione più grande del centro storico della cittadina albanese. È stato costruito su un grande masso di roccia che assomiglia ad un’immensa nave. All’interno si trovano delle gallerie, coperte da volte a botte che occupano la parte centrale della fortificazione. La città è luogo di nascita di due personaggi che hanno segnato la storia del Paese negli ultimi cent’anni: il dittatore Enver Hoxha e Ismail Kadare, il più importante scrittore albanese contemporaneo.
Da Argirocastro viene quasi naturale proseguire per Berat, che si trova all’incirca centocinquanta chilometri più a nord. Lungo il tragitto scoprirete la vera Albania, quella ancora incontaminata dal turismo e spesso purtroppo anche da adeguate infrastrutture. La strada è dominata infatti da enormi buche che a volte si trasformano in fosse dalla banda della “Vecchia fattoria”: vacche, capre, cavalli, pecore, cani, gatti si sono impossessati delle strade e non intendono abbandonare la loro posizione di dominio assoluto. Per tale motivo guidare la notte è assolutamente proibito! Lungo la carreggiata vicino ai centri abitati si possono notare tubi in plastica dell’acquedotto che spesso non sono neanche interrati, ma vengono posati a bordo strada. Probabilmente uno dei motivi perché in Albania è severamente vietato bere l’acqua dal rubinetto.
Berat è magica quanto Gjirokaster, forse anche di più. In passato era chiamata anche la “Belgrado di Albania”. Lungo le sponde del fiume Osum la città si divide in due, qui chiese ortodosse e moschee vivono una accanto all’altra in perfetta sintonia mentre dalla collina settentrionale il castello domina la città e la valle del fiume. Interessante notare che la popolazione del castello di Berat in passato era cristiana e all’interno sono state costruite più di venti chiese e solo una moschea utilizzata esclusivamente dalla guarnigione dell’esercito turco.

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Gjirokastër | by Alessandro Giangiulio (CC BY 2.0)

PRIZREN

La terza tappa del tour delle città che hanno fatto la storia dell’Albania ci porta al di fuori dei confini nazionali. Prizren, in Kosovo, è considerata il terzo ed ultimo tassello delle località per capire lo sviluppo storico del Paese, la città dove nel 1878 nacque la “Lega per la Difesa dei Diritti della Nazione Albanese”. Dopo la guerra degli anni Novanta e il riconoscimento quasi internazionale del Kosovo nel 2008 i due Paesi hanno lavorato parecchio sulla costruzione di vie di comunicazione comuni. Oggi l’autostrada porta praticamente da Tirana a Priština: da notare, comunque, che dalla parte albanese lascia parecchio a desiderare, particolarmente nelle zone dove i lavori sono ancora in corso e le corsie da due diventano… una, oppure dove per qualche inspiegabile motivo non hanno messo le reti di sicurezza lungo la carreggiata e così vi ritrovate fra vacche intente al pascolo nella corsia d’emergenza.
Superato il confine con il Kosovo ci si trova in un Paese molto simile, e allo stesso tempo molto diverso dall’Albania. Innanzitutto non è percettibile una completa assenza di logistica statale come accadeva spesso in Albania, le strade sono vicine agli standard europei e il comportamento nel traffico è più vicino a quello di Belgrado che a quello albanese. È impossibile non notare l’eredità che l’ex Jugoslavia ha lasciato nella zona, la comunità locale è più aperta, c’è un’atmosfera culturale molto occidentale, le donne sono visibilmente più curate e i ćevapčići regnano sovrani nei menù dei ristoranti. D’altronde si nota una radicalizzazione religiosa tipica dei periodi post bellici nei Balcani. Le moschee a Prizren si fanno sentire belle e forti cinque volte al giorno mentre le chiese ortodosse mezze distrutte sono avvolte dal filo spinato e sotto costante sorveglianza. Le tabelle che segnano costruzioni finanziate dall’Unione europea sorgono ad ogni angolo. La presenza dei Fondi europei si nota anche nelle varie manifestazioni culturali che accadono in zona come ad esempio il Dokufest, uno dei più grandi festival di film documentari in Europa che difficilmente sopravvivrebbe solo con i fondi culturali statali.
L’Albania è a mio parere un Paese diverso dagli standard occidentali. È un Paese dal sapore aspro, un po’ europeo e un po’ mediorientale, a volte lascia l’amaro in bocca ma anche tanta dolcezza. Il cibo è squisito, la natura splendida ma le infrastrutture lasciano a desiderare. Sì, mi è piaciuto molto ma non ci ritornerò presto, gli lascio il tempo di rifare le strade.

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