Verità, leggende e bugie sulla mafia

Conferenza di Fabrizio Fioretti della Facoltà di Lettere e Filosofia di Pola

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Verità, leggende e bugie sulla mafia
Fabrizio Fioretti. Foto: FREDY POROPAT

“Il termine ‘mafia’ al giorno d’oggi è divenuto una specie di cliché, tanto che indica i vari tipi di criminalità organizzata in ogni settore a livello globale”. È iniziata così la conferenza, tenutasi giovedì scorso nella Facoltà d’Economia e Turismo di Pola, del docente Fabrizio Fioretti del Dipartimento di Italianistica della Facoltà di Lettere e Filosofia di Pola, organizzatrice dell’interessante e seguito appuntamento dal titolo “Che cos’è la Mafia? Verità, bugie e miti di un mostro politico ed economico che ha conquistato il mondo”. L’appuntamento si è svolto in occasione dell’uscita del saggio “Le strane avventure della parola mafia”, che al momento è accessibile in versione digitalizzata.

Un fenomeno prettamente siciliano
“Dal film ‘Il padrino’ del 1972 diretto Francis Ford Coppola la paura e l’orrore rappresentati da questa parola sono stati in pratica trasformati in divertimento – ha puntualizzato Fioretti –. Noi la mafia non c’è l’abbiamo, in Europa e in altre parti del globo, in quanto la mafia è legata esclusivamente alla Sicilia, alla sua identità. Noi non abbiamo i traumi lasciatici dalla stessa, quali la strage di Ciaculli nel ‘63 nella quale vennero uccisi sette carabinieri, con mandanti i boss Totò Riina, Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro; le stragi di Capaci e di via d’Amelio a Palermo nel ‘92, quando vennero assassinati i magistrati Giovani Falcone e Paolo Borsellino; l’assassinio nel ‘78 di Giuseppe (Peppino) Impastato, giornalista, conduttore radiofonico e attivista italiano noto per la celebre frase ‘La Mafia è una montagna di merda’, e una miriade di altri omicidi, o meglio ‘dubbi suicidi’, in special modo nelle due guerre di mafia tra i clan, la prima nella prima metà degli anni ‘60 e la seconda tra l’81 e l’84”, così Fioretti, stando al quale la mafia è un’organizzazione criminale che a seconda delle necessità si serve della politica; è un fenomeno prettamente siciliano legato alla politica sistematica, sociale ed economica della setta, qual’è la Mafia, definita “Cosa nostra”.

Un sistema parassitario baronale
Nata nel 1876 e diffusasi tra Palermo e Agrigento, per lottare per i propri interessi, ossia ricavare illegalmente del denaro, contro il comunismo prima e il fascismo in seguito, considerato che deve funzionare nella democrazia. Grazie a quest’ultima può controllare i territori gestiti dai padrini o boss, e dirigere tutto quanto succede nella società. Nel concreto è stato costituito un sistema parassitario baronale, nel quale è stato “abortito” il ceto medio: i Gabbellotti (affittuari di aziende agricole) e i Campieri siciliani (guardiani delle zone agricole, del bestiame ecc.), gli avvocati, dottori, preti, contadini e persone astute da “sottomettere”. La politica è stata da sempre… la chiave per le attività criminali della mafia, alla quale nessuno poteva niente. Quale esempio è stato citato l’assassinio nel 1893 (due mafiosi in treno gli hanno inferto 27 coltellate prima di gettarlo dal vagone) del banchiere e politico Emanuele Nortarbartolo di San Giovanni, che in merito aveva inviato una lettera al primo premier italiano Francesco Crispi.

Il maxiprocesso di Palermo
La mafia ufficialmente non esisteva sino al 1986, con il maxiprocesso di Palermo (nel quale sono stati processati addirittura 475 indagati, di cui 346 sono stati giudicati colpevoli e sono stati inflitti 19 ergastoli). Il tutto grazie al killer mafioso Leonardo Vitale, che poi si è convertito nei primi anni ‘70, fornendo i nomi dei mafiosi ai magistrati, divenendo il primo pentito o collaboratore di giustizia (dopo aver scontato la pena di 10 anni è stato ucciso da un killer nella Chiesa dei Cappuccini a Palermo con due colpi di lupara alla testa).
La prima legge in Italia, nota come Legge Rognoni – La Torre (dei rispettivi deputati), che si riferiva alla mafia è quella approvata il 13 settembre del 1982, con la quale si è introdotto nel Codice penale il reato di “associazione per delinquere di tipo mafioso”.
“Dei numerosi nomi dei politici legati alla mafia nel corso degli anni, il più noto è certamente quello di Giulio Andreotti, che nel lungo processo a suo carico infine non è stato condannato, in quanto la denuncia è andata in prescrizione”, ha aggiunto Fioretti.

La diffusione negli Stati Uniti
Nella relazione Fioretti si è soffermato anche sulla diffusione della mafia negli Stati Uniti, grazie in primo luogo al commercio degli agrumi (zona di Palermo) e del fosforo (Agrigento). Tra i nomi di spicco Giuseppe Joe Petrosino, il “poliziotto più popolare di New York”, Giuseppe Morello, fondatore della prima famiglia mafiosa newyorkese chiamata “Genovese Crime Family”, Don Vito Cascio Ferro (il primo padrino della storia della mafia che ha “inventato” il “pizzo”), e tra i boss più influenti vengono considerati (non solo negli USA) Calogero Vizzini (detto Don Calò) e “Lucky” Luciano (nato come Salvatore Lucania), rimasto vivo in un attentato dopo che gli ebbero tagliato la gola.
“Quando si parla di mafia non si parla di una bazzecola, in quanto ha cambiato la storia in Italia, Europa, Stati Uniti e nel mondo intero, e annualmente conta un ricavato di 220 miliardi di euro”, ha concluso Fioretti.

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