Oltre l’apparenza

Essere sé stessi richiede impegno e fatica, a volte anche continui sacrifici. Per rimanere autentici, bisogna perseverare nella propria genuinità. In una società del consumo e del successo immediato, si esaurisce tutto, anche l’essenza umana

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Oltre l’apparenza
I bimbi dell’Accademia della Luce Vivente (LLA) di Benin City in Nigeria/Foto Mirta Tomas

Negli ultimi giorni mi sta perseguitando l’immagine della farfalla in Brasile, che può provocare un uragano in Texas. L’immagine fu proposta dal fisico americano Edward Lorenz nel lontano 1972. Da allora è diventata oggetto di molte interpretazioni artistiche e teorie scientifiche sull’imprevedibilità delle conseguenze nei complessi sistemi, condizionati e non, dalla presenza dell’uomo. Eppure la farfalla è sempre una farfalla. Cosa può fare una piccola, insignificante farfalla tranne che svolazzare da un fiore all’altro? Infatti, il battito delle sue ali raramente viene percepito come un possibile cambiamento, in quanto essa viene maggiormente definita solo dalla bellezza dei suoi delicati battiti o dalla vivacità dei colori dipinti sulle sue ali.
La mancante comprensione del valore e del potere dei movimenti, anche quelli apparentemente irrilevanti di una farfalla, si manifesta nella superficialità del pensiero umano contemporaneo, dettata dall’accelerazione dei ritmi di vita, che in questo mondo spesso cambiano in modo repentino, frenetico e caotico.

Consumo

Mentre le farfalle continuano a sbattere teneramente le proprie ali, in ogni parte del mondo, il mio tormento continua con il pensiero sulle persone che non si accorgono della bellezza e dell’importanza della farfalla. Di solito accettano di limitarsi all’apparenza, senza doversi manifestare chi realmente sono. Tanto, quello che conta oggi nel mondo è quello che si possiede. Essere sé stessi richiede impegno e fatica, a volte anche continui sacrifici. Per rimanere autentici, bisogna perseverare nella propria genuinità. In una società del consumo e del successo immediato, si esaurisce tutto, anche l’essenza umana. I significati si riducono alla popolarità e ad apparenti nuove, sbalorditive esibizioni. Dietro le quinte delle facciate ingannevoli, il crescente vuoto divora gli animi, costantemente irrequieti, che vanno in cerca di nuovi incantesimi, di sempre nuove promesse, che scarsamente possono soddisfare la bramosia di piaceri, di ricchezze e di potere. Lì non volano più farfalle, bensì soltanto monete sonanti, materialismo prepotente e perdizione umana.
La cultura o, meglio dire, le diverse culture del mondo che dovrebbero comunicare, riconoscersi e scambiarsi i valori, sono costrette a mettersi da parte. Il valore della cultura appare come il delicato volo di una farfalla in un mondo che apparentemente rispetta soltanto la forza e la violenza.

Decadenza totale

Il prof. Umberto Galimberti, celebre filosofo nonché saggista italiano, vede oggi la cultura occidentale in decadenza totale. In uno dei suoi preziosi interventi sulle reti sociali, dal titolo “Abbiamo perso la spiritualità”, offre un’analisi dettagliata della svalutazione dei valori, cercando di ripristinare l’elemento salvifico e armonico della cultura, ovvero la bellezza. Facendo un viaggio nel tempo, ritorna all’epoca antica e alla Parola, al libro della Genesi in cui, nella versione antica in aramaico, si menziona la parola TÔB con un significato piuttosto complesso e quasi irraggiungibile per il mondo di oggi e che rappresenta il “buono, bello, utile”. Proprio ora, quando sembra che tutto possa essere raggiunto, il significato congiunto della bellezza, della bontà e dell’utilità non può essere più compreso perché l’uomo moderno, a differenza di quello antico, nella sua immensa limitatezza, ha disgiunto i tre valori.
Ecco perché la bellezza del volo di una farfalla non viene percepito come utile. L’utilità solitamente si riduce a vantaggio, guadagno e profitto materiale. La stessa riduzione, persistente nel tempo, paradossalmente aumenta il vuoto che viene nuovamente colmato con il pensiero materialistico, stabilendo un insidioso circolo vizioso, che distanzia l’uomo moderno dalla sua identità, rendendolo indifferente a valori inutili che, secondo il prof. Galimberti, danno senso alla vita e che sono la bellezza e l’amore. Il professore prosegue, facendo un paragone tra le culture che stanno alla base di quella occidentale: la cultura greca, che rappresenta la cultura della Luce e la cultura ebraico-cristiana, che comprende invece la cultura della Parola. Ascoltando le sue parole, mi rendo conto che le due culture hanno continuato a comunicare e a scambiarsi i valori, creandone nuovi nel mondo dell’arte e conseguentemente, nei linguaggi e nelle lingue che sono scaturite dai continui contatti e si trovano tuttora interconnesse.

Intreccio delle culture

L’intreccio delle culture ha sempre portato la storia dell’uomo a un livello di armonia sociale più elevato, a condizione che i contatti e gli scambi siano avvenuti in modo spontaneo e sereno, evitando ogni sorta di imposizione, interpretata come minaccia e violenza. La cultura occidentale è apparentemente l’unica che ha saputo dare al mondo i modelli dei valori, etici ed estetici e che fanno da guida nel giudicare tutto ciò che è estraneo a essa. In tal modo si è andata a creare la distinzione tra culture avanzate e culture primitive, imponendo i valori delle prime come valori principali.
Le culture definite come primitive o esotiche, essendo create e sviluppate dall’uomo, sono però già comprensive di significati universali proprio come quelle avanzate. Si distinguono soltanto nelle loro forme esterne, mentre i significati rimangono gli stessi. Ne sono testimonianza gli aspetti culturali come gli artefatti, la nobiltà del pensiero e i valori morali.
Conoscere altre culture o come solitamente diciamo “altri mondi”, ci apre le porte alla conoscenza della ricchezza interculturale, presente nel mondo. Infatti, ci rendiamo conto dell’enorme patrimonio culturale che deve essere tutelato e promosso. La conoscenza di altre culture sviluppa il modo di pensare degli altri a cui ci stiamo avvicinando, crea comprensione e tolleranza tra le persone, spezza le catene dell’ignoranza e indirizza al rispetto reciproco, data la condivisione degli stessi valori.
Vorrei soffermarmi su un valore che sorvola, come una farfalla, i nostri giorni. È solo una parola che proviene da una di quelle cosiddette “culture esotiche” e spesso poco conosciute.

Parola ancestrale

Si tratta della parola UBUNTU: proveniente dalla lingua (e cultura) Zulu. Sudafricana, per intenderci. Come siamo soliti a reagire, essendo dipendenti dalle tecnologie, ci precipitiamo su Google dove appare la definizione del termine relativo a un sistema operativo, nato nel 2004 e basato su Linux. Una parola “ancestrale” trasformata in “termine” informatico dall’avanzata cultura occidentale. Questa è una delle farfalle culturali che meritano di essere valorizzate e il cui significato è indispensabile nel mondo odierno.
In realtà, si tratta di una delle parole le cui radici affondano nella storia e nella filosofia dei popoli di un continente (a noi sempre molto vicino) dall’antico nome di Alkebu-lan, oggi noto come Africa.
Il significato di questa “parola farfalla” ci viene introdotto da uno dei maggiori personaggi della storia moderna africana, premio Nobel per la pace, l’arcivescovo anglicano e attivista sudafricano Desmond Tutu, mentre la penna di Mungi Ngomane, sua nipote, descrive i suoi significati come “via africana della felicità” nel libro “Everyday UBUNTU, living better together, the African way”. In quattordici “lezioni” di cui è composta questa preziosa opera, il lettore viene invitato a introdurre nella propria vita il concetto della comunione con gli altri, l’importanza della dignità, del rispetto, della fede, della ricerca della bontà, della speranza, del potere del perdono, dell’accettazione della diversità, della forza del sorriso, dell’importanza dell’ascolto e delle piccole cose. Una parola colma di tanti significati dimostra che la filosofia africana possiede la stessa profondità, gli stessi valori e la stessa bellezza della filosofia occidentale.

Primo, secondo e terzo mondo

UBUNTU non è soltanto una parola, è un’espressione che descrive l’interconnessione tra le persone: “Io sono perché tu sei” o in altre parole, usando una definizione caratteristica per la nostra cultura occidentale: “L’uomo è un essere sociale”. La prima espressione sembra spiegare le ali e “ci illustra che un individuo non è niente senza gli altri esseri umani; include tutti; accoglie le nostre differenze e le valorizza”, mentre la seconda rimane ancorata all’antico pensiero greco di “zoon politicon”.
Oltre l’apparenza dell’esistenza di un mondo che ancora non si sente e non vive unito, diviso tra primo, secondo e terzo mondo, dal neocolonialismo, dai paradossi che si sono creati all’interno dei Paesi e dei continenti, la nostra parola farfalla UBUNTU ci invita a una meditazione profonda su quanto siamo realmente diversi e simili, in questo mondo.
Si tratta di un richiamo alla ragione, a guardarci in faccia, a riconoscerci tutti come sorelle e fratelli, ad abbandonare i falsi pregiudizi e stereotipi, ad aiutarci a vicenda, a essere coraggiosi nel diventare parte di un disegno più grande della nostra esistenza stessa, messa al servizio di un futuro più dignitoso per tutti gli abitanti della Terra.
Le farfalle culturali sono quelle che per prime spiccano il volo, hanno un impatto importante sulla vita delle società perché penetrano in ogni loro manifestazione, a partire da quella politica, economica fino a quella educativa.
Il pensiero finale fluttua, volteggia e vola come le farfalle, che oltre alla loro apparente fragilità, incantano gli spettatori con la loro bellezza che non può essere descritta se non vissuta; e quando vissuta, la belleza assume il potere purificante che ha la forza di cambiare il mondo. Le farfalle continuano a sbattere, ad aprire e ad allargare le loro ali.

*docente del Dipartimento di Studi Italiani dell’Università di Zara

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