Andar per caso e… capitare bene

Dopo l’ultima curva stretta che piegava decisamente a destra, eccolo il paese, piccolo, piccolissimo, quasi un fantasma per la sua non presenza umana. Anche qui l’aratro dell’emigrazione ha tracciato, anni fa, un solco incolmabile

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Andar per caso e… capitare bene

In quel paese ci sono capitato per caso diversi anni fa. Anzi, ci capitammo io e mia moglie. Da qualche parte mia moglie aveva letto che in quel tal paese si sarebbe tenuta una strana cosa mangereccia dal nome che a lei povera genovese e a me povero veneto sembrava tutto fuor che un canto al lieto desinare. Credo si chiamasse “La ribollita di casa nostra”. Abbastanza rodati da qualche anno di permanenza abitativa in quel del basso Piemonte, la “ribollita” ci parve un termine accattivante. Insomma, ci sembrava proprio un insieme di crusche varie e quando, informati, venimmo a conoscenza che di mezzo c’erano nomi come i “taglierini”, allora ci demmo da fare con l’atlante per vedere dove diavolo fosse questo paese del ben godi. Dal leggere sull’atlante la località da raggiungere, all’intraprendere il viaggio da dove abitavamo, non è che ci vogliano dei geni per trovare quel paese e perciò, un bel giorno, eccoci di partenza. Certo, io e mia moglie eravamo già esperti di feste patronali, Pro loco varie, colazioni sull’aia e così via. Il basso Piemonte ne sforna a migliaia in ogni stagione e perciò eravamo curiosi di fare questa nuova esperienza. Devo dire che la strada che si deriva dal bivio di casa nostra, non è proprio una di quelle che permettono distrazioni. Curve e dislivelli se ne incontrano molti prima di raggiungerlo, ma tutto sommato si può procedere con qualsiasi tipo di macchina.
Dopo l’ultima curva stretta che piegava decisamente a destra, eccolo il paese. Un cartello in legno di benvenuto mi ricordava il vezzo di questo genere di segnalazioni in uso sugli alti percorsi della nostra valle: ecco le poche case nel silenzio dell’immancabile campanile che sembra indicare il traguardo da raggiungere. O scegli la strada che si arrampica sulla sinistra, ingentilita da una casetta rosa che più pulita, intonsa e curata non si può, o scegli quella sulla destra che scende nel tratto dell’antico e arrivi sempre ai piedi della piccola chiesa.
È un paese piccolo, piccolissimo, quasi un fantasma per la sua non presenza umana. Ti accorgi con evidenza che anche qui l’aratro dell’emigrazione ha tracciato, anni fa, un solco incolmabile. Fai ancora qualche passo e improvvisamente ti appare ciò che rende il paesino così incredibile, così sorprendente, così umano. Una raffica di nomi: tanti nomi impressi sotto un piccolo portico, come fossero una raccolta di firme, ti prepara a chiederti di volerne conoscere la storia. Non la storia delle persone indicate in quella raccolta, ma la storia del perché quelle persone hanno voluto essere presenti lassù. Sono i nomi degli innumerevoli soci del “Circolo Contadino”.Fiore all’occhiello
Forse non la prima volta, ma certamente dopo un paio di visite alle tavole imbandite di questo circolo, iniziammo a farci un’idea di cosa può un calore umano, una cortesia, un’affabilità e perché no, una pregevole conduzione culinaria: attirare tante persone in quel paese. Si notava subito che il circolo fosse guidato con grande affabilità, ma anche con sapiente distinguo degli incarichi dal suo presidente. Una grande orchestra di esperte cuoche è il fiore all’occhiello di una sapiente sinfonia che, anno dopo anno e nel corso di tutti i mesi, si prodiga in una maniera veramente sorprendente per mettere a proprio agio i tanti ospiti che vi giungono. Simpatica la sistemazione dei commensali nel corso delle sagre più rinomate, quando grandi tavolate occupano ogni spazio degli angoli più impensabili delle viuzze del paese. Angoli all’aperto nelle giornate di sole; angoli di chiuso nelle giornate più fredde dell’inverno. che accalorano gli ospiti nelle caratteristiche sale del circolo dove tutto trasuda affabilità, gentilezza, sorriso, insomma la felicità di metterti a tuo agio. Antichi sapori, alcuni decisamente dimenticati, altri che ritrovi nel gusto di un piatto che magari è il ricordo dell’infanzia. Spesso tutto è condito in allegria tra luci, musica e canti. Ci siamo arrivati per caso lassù.
È un paese che non conoscevamo. È stato come pescare nel piatto della fortuna una carta vincente per assicurarci il piacere di ritornarvi ogni qualvolta sentivamo nascere il bisogno di un po’ di umanità. E se possibile mangiare bene, meglio ancora. Soprattutto oggi che è così complicato scegliere la libertà del movimento senza pensieri, sapere che esiste un posto di piacevole socialità, non è certamente una cosa da dimenticare.

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