Violenza contro gli uomini. Quando il silenzio si fa assordante

Tutti sanno che cosa sia la violenza e tutti, in un modo o nell’altro, hanno subito, assistito o partecipato a un atto di violenza. Ma ciò di cui non tutti forse sono a conoscenza è che essa prende varie forme e che, a volte, può essere completamente invisibile a occhio nudo

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Violenza contro gli uomini. Quando il silenzio si fa assordante
Foto Shutterstock

Tutti sanno che cosa sia la violenza e tutti, in un modo o nell’altro, hanno subito, assistito o partecipato a un atto di violenza. Ma ciò di cui non tutti forse sono a conoscenza è che essa prende varie forme e che, a volte, può essere completamente invisibile a occhio nudo.
Negli ultimi anni, l’abuso contro le donne è emerso come un problema di primaria importanza e oggi, dopo decenni di silenzio, la sua rilevanza è universalmente riconosciuta. Le continue lotte per fermare questo tipo di abusi si fanno sentire sempre di più e molte agenzie si sono mosse per prevenire, fermare o punire duramente chi ne è l’autore.

Vittime ignorate e derise

In un mondo in cui il femminicidio è all’ordine del giorno, però, è facile dimenticare che ci sono anche altre vittime. Quelle alle quali non sempre viene data una voce, quelle che spesso vengono ignorate o addirittura derise: gli uomini! Invisibili nel dibattito pubblico e nelle statistiche ufficiali, sia italiane che croate, questi ultimi portano il peso di una sofferenza taciuta. La loro lotta è spesso combattuta in solitudine, in un silenzio assordante che nasconde la complessità e la gravità del problema.
Il costrutto storico della mascolinità, radicato nella forza, nella dominanza e nel controllo emotivo, ha intrappolato gli uomini in uno stampo rigido per decenni. Nel secondo dopoguerra, a seguito del “boom economico”, i posti lavoro e gli stipendi aumentarono a tal punto che fu sufficiente che solo un membro della famiglia andasse a lavorare. Per questo motivo le donne furono spesso confinate al ruolo di casalinghe, mentre gli uomini erano considerati i “breadwinners”, ossia coloro che portavano il pane a casa. Mentre gli uomini lavoravano fuori casa, le donne si occupavano delle faccende domestiche e dell’educazione dei figli. Questo ruolo di sostentatore della famiglia era spesso associato all’immagine di un uomo forte e coraggioso.

Maschi invulnerabili? Non proprio

Inoltre, questa divisione di ruoli perpetuava gli stereotipi di genere, etichettando le donne come il “sesso debole” e limitando le loro opportunità di carriera. Questo paradigma tradizionale non soltanto ha confinato le donne a ruoli stereotipati, ma ha creato anche una maschera di invulnerabilità per gli uomini, che li ha resi prigionieri di un’immagine di forza e autosufficienza. Tuttavia, la realtà è spesso più complessa e meno visibile. Nonostante l’immagine pubblica dell’uomo come pilastro indistruttibile, le statistiche rivelano una verità diversa.
In un sondaggio condotto dall’Office for National Statistics del Regno Unito nel 2023, si è visto che una vittima di violenza domestica su tre è un uomo!!! Nonostante la mancanza di dati dovuta agli stigmi legati all’abuso stesso, questa statistica sottolinea che la vulnerabilità non è un’esclusiva femminile e che gli uomini, troppo spesso, soffrono in silenzio. Anche se la violenza domestica è uno dei crimini meno denunciati da entrambi i sessi, negli uomini, in aggiunta alla paura di ripercussioni da parte dell’aggressore, si presenta anche un senso di vergogna, isolamento e incomprensione. Questo viene solo rafforzato dalla società circostante, che vede gli uomini come forti e in grado di difendersi, minimizzando quindi la loro vittimizzazione e lasciandoli in una spirale di silenzio e sofferenza.

Il caso di Sam e Julia

Ne parla Sam, in una lettera al Mankind UK, 15 anni dopo aver subito continue violenze emotive e fisiche da parte della moglie, Julia. Come in molte altre storie simili, l’abuso da parte di Julia iniziò da piccoli gesti di dominanza e controllo. Un abuso psicologico ed emotivo. A Sam non era concesso di uscire da solo, o comunicare con altre donne; quando andava a lavoro Julia lo chiamava innumerevoli volte al giorno per assicurarsi che fosse dove diceva di essere. A piano a piano Julia lo allontanò dai suoi amici e dai familiari e iniziò a umiliarlo e screditarlo giornalmente. Quando Sam cercò di lasciarla, Julia lo ricattò emotivamente, fingendo un tentato suicidio, nascondendo le pillole sotto al letto e facendo finta di averle ingerite. Dopo diversi mesi di abuso psicologico e manipolazione, Sam decise comunque di rimanere e sposare Julia, sperando che le cose migliorassero col tempo. Purtroppo fu proprio dopo il matrimonio che le cose degenerarono. Iniziarono, allora, anche le violenze fisiche. La prima notte di nozze, senza una chiara provocazione da parte di Sam, Julie iniziò a picchiarlo, tirandogli pugni in testa e rincorrendolo per la casa con un boccale di birra da mezzo litro, tirandoglielo addosso. Iniziò poi a tirargli calci e pugni, finché finalmente Sam riuscì a scappare e correre via da casa, scalzo con indosso solo il vestito da sposo. Riuscì a rifugiarsi nella prima casa che decise di accoglierlo, ma lei lo chiamò e minacciò di suicidarsi con la cravatta che Sam aveva lasciato a casa, se lui non fosse tornato a casa immediatamente. Pochi giorni dopo, Sam fu picchiato nuovamente perché i suoi lividi avrebbero rovinato le foto della luna di miele.

Segnato dagli abusi

Nonostante Sam fosse riuscito a uscire dalla relazione dopo diversi anni di abusi, la sua storia non ha avuto proprio un lieto fine. Le conseguenze degli abusi lo hanno segnato e, nonostante fosse passato più di un decennio, soffre ancora di attacchi di panico e rimane in uno stato di costante allerta. Per quanto riguarda Julia, invece, non ci sono state conseguenze. Quando Sam cercò di denunciare la violenza si trovò davanti un muro; un muro di pregiudizi, di ignoranza e minimizzazione da parte delle forze dell’ordine, che lo accolsero con commenti come “Cos’hai fatto per meritarti le botte?”, e ancora “Tua moglie ti ha fatto due graffi e vieni alla polizia?!? Basta che la attacchi al muro e le tiri due pugni e vedi come si mette al suo posto”. Inoltre, Julia lo minacciò dicendogli che se avesse chiesto ancora aiuto, lei avrebbe fatto credere a tutti che fosse lui quello violento e che fosse lei la vittima di violenza domestica.

«Mi vergognavo…»

Ma la storia di Sam è soltanto una tra le tante. I pregiudizi e gli stigmi che portano gli uomini a subire abusi senza chiedere aiuto sono molti e non sempre vengono solo dalla società che li circonda, ma anche dalle vittime stesse. Molti uomini interiorizzano l’idea che “è poco virile essere vittima di abusi domestici”. Un partecipante allo studio condotto dall’università di Essex, ha raccontato: “Non ho chiesto l’aiuto di cui avevo bisogno perché sono un uomo, e mi vergognavo” (Peter, 47). Tutto questo si ricollega al concetto dell’uomo che dev’essere forte, stoico, senza mostrare debolezze o emozioni. Non può farsi malmenare da una donna, magari anche più piccola di lui. Ma la violenza fisica è soltanto la punta dell’iceberg perché gli abusi prendono le forme più svariate. Possono essere psicologici, come nel caso di Giulio: “C’erano costanti minacce, urla e grida. Minacciava soprattutto di negarmi l’accesso ai figli, o di mentire alla polizia riguardo alla violenza. Diceva che si sarebbe fatta del male e che avrebbe detto alla polizia che ero stato io a ferirla”; o ancora, improntati su bugie e minacce di conseguenze penali: “Ha mentito agli altri dicendo che ero io a essere violento. Io ero fuori di casa in lacrime, e lei ha chiamato la polizia dicendo che la stavo maltrattando”, come racconta Walter.

Terrorismo psicologico

L’aggressione all’interno della famiglia, dunque, può prendere varie forme, ma sono aspetti che conosciamo, gli stessi di cui abbiamo parlato migliaia di volte nei casi di violenza sulle donne. Si tratta di ricatti morali, di divieti di circondarsi di persone al di fuori della coppia. È il terrorismo psicologico di quando qualcuno controlla ogni tuo passo e ogni tuo respiro; sono i pugni, gli schiaffi, le umiliazioni davanti agli amici e ai figli; sono le minacce e gli abusi sessuali. Li conosciamo già. Ne abbiamo parlato in tutte le lingue. Ma non abbiamo mai preso in considerazione che potesse succede anche agli uomini. Però la violenza non conosce confini di genere. Ognuno può esserne vittima e tutti possono esserne gli artefici. Nessuna vittima è meno importante o meritevole di compassione delle altre. Gli stigmi e i pregiudizi legati alla violenza domestica e, in particolare, alla violenza subita dal genere maschile, non fanno altro che aggravare una situazione già estremamente precaria.

Ruoli di genere e preconcetti

Il fatto che non si parli di violenza sugli uomini fa sì che non ci siano sufficienti posti letto per loro nei rifugi per vittime di violenza domestica, perché questi ultimi non sono equipaggiati per accomodare uomini. Questo, in aggiunta al velo di scetticismo da parte delle forze dell’ordine e degli enti che si occupano di violenza domestica, non fa altro che aumentare i preconcetti legati ai ruoli di genere, instaurando un senso sempre più grande di vergogna e impedendo alle vittime di cercare e ottenere l’aiuto necessario per allontanarsi da una situazione di abusi. Ciò crea una situazione di “cane che si morde la coda” e porta molte vittime a sviluppare disturbi psicologici come la depressione o il disturbo post traumatico da stress, ma non solo a causa della vittimizzazione subita, ma anche come conseguenza di una seconda vittimizzazione da parte delle forze dell’ordine e degli enti che dovrebbero proteggerli.

Le sofferenze maschili

Per affrontare questa problematica, dobbiamo sfidare gli stereotipi di genere e promuovere un dialogo aperto. Gli uomini hanno bisogno di spazi sicuri per condividere le loro esperienze senza giudizio. Le reti di supporto, la consulenza e le protezioni legali dovrebbero essere accessibili a tutte le vittime, indipendentemente dal genere. Solo riconoscendo la vulnerabilità maschile possiamo creare una società più compassionevole ed equa. È tempo di togliere il velo dalle sofferenze maschili e riconoscere che la forza non risiede nel silenzio, ma nel cercare aiuto e guarigione insieme. Rompere questo silenzio, però, richiede la demolizione degli stereotipi e la promozione di un ambiente in cui la vulnerabilità non sia sinonimo di debolezza.
Parlare di abusi sugli uomini non toglie nulla alle altre vittime di maltrattamenti. Ogni vittima ha lo stesso valore, indipendentemente dalla sua stazza fisica, dal colore della pelle, dall’età anagrafica o dal genere. E hanno tutte bisogno di visibilità!

*Dott. Mag. in Criminologia e Psicologia Criminale

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