Dalić, un sergente di ferro… democratico

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Dalić, un sergente di ferro… democratico

Ha preso in mano le redini della nazionale all’aeroporto, in partenza per Kiev, dopo che Čačić era stato cacciato in seguito al deludente pareggio con la Finlandia a Fiume. Ha lavorato principalmente sulla psiche dei giocatori, preparandoli mentalmente per gli importanti impegni che sarebbero seguiti. Ha spostato poi Modrić nel ruolo di numero dieci, gettando nel fuoco Kramarić, autore di due gol, e l’Ucraina di Andriy Shevchenko è finita al tappeto. Staccato il biglietto per i play-off, ha messo la museruola alla Grecia nel primo incontro (4-1), aprendo la porta dei Mondiali che sembrava ormai irrimediabilmente chiusa. Ovviamente, stiamo parlando di Zlatko Dalić, il selezionatore della nazionale croata che il mondo calcistico ha conosciuto dopo la strepitosa vittoria sull’Argentina di Leo Messi, con Diego Maradona in tribuna a strapparsi i capelli…
Quella scesa in campo con i sudamericani era la… squadra di Dalić: una partita disegnata sulla lavagna, tatticamente perfetta. Giocatori di classe mondiale che seguono il proprio allenatore. Gli credono. Dal deserto dell’Arabia Saudita (ha allenato l’Al Faisaly Harmah prima dell’Al Hilal di Ryad e dell’Al Ain negli Emirati Arabi), Dalić è passato all’altare argentino. Lo ha fatto imbavagliando Messi (un solo tiro in porta, bloccato da Rakitić), infliggendo agli eredi di Mario Kempes e Diego Maradona una delle sconfitte più scottanti.
Disciplina tattica, difesa attenta e poi, con il pallone tra i piedi, tanta fantasia, con Luka Modrić nei panni di direttore d’orchestra, in grado di portare lontano questa Croazia. Almeno in semifinale, si dice… Dopo la prova con l’Argentina è lecito sognare. “Ha tecnica da numero 10 e spirito da centrocampista difensivo”, commenta Slaven Bilić, ex tecnico della Croazia e bronzo mondiale, vent’anni fa in Francia, come giocatore. Interessante la spiegazione di Bilić alla domanda sui leader della squadra. “Modrić, Ćorluka, Mandžukić e Rakitić. Luka non è uno che urla, ma è un leader calmo, quello che si prende la responsabilità in campo”.
Il centrocampo croato schierato contro l’Argentina, senza il buon Badelj, ma con Rakitić, Brozović e Modrić, è il punto di forza di questa nazionale. Il cuore della Croazia. Tre giocatori che difendono e creano gioco.
La vera sorpresa è però Zlatko Dalić. In pochi avevano creduto in lui. Dopo la sconfitta nell’amichevole con il Perù, negli Stati Uniti, alcuni dirigenti della Federcalcio, vicini al padre padrone Zdravko Mamić, avrebbero voluto silurarlo. Tra le “colpe” anche quella di avere preso come primo assistente Dražen Ladić, ex portiere della nazionale ed ex allenatore dell’Under 21; Ladić era in conflitto con la Federcalcio e la Dinamo.
Dalić ha dimostrato il carattere di un sergente di ferro mettendo alla porta Nikola Kalinić, rifiutatosi di entrare negli ultimi minuti della festa argentina. Le due facce di Dalić. Una dura e l’altra democratica. Prima della gara con l’albiceleste ha convocato Modrić, Rakitić, Ćorluka, Kovačić, Badelj e Brozović per discutere quale sarebbe stata la migliore soluzione tattica anti-Messi. Il risultato della scelta di Dalić lo ha visto il mondo intero. Ammirando una Croazia forse mai vista giocare a questi livelli nelle grandi competizioni, Europei e Mondiali. Una Croazia che sprizza salute ed entusiasmo.
Dieci anni fa Zlako Dalić era l’allenatore del Rijeka. Con i fiumani si era piazzato al quarto posto (Dinamo 82, Slaven e Osijek 54, Rijeka 53, Hajduk 52…), subendo una pesante sconfitta nell’ultimo turno (1-6 al Maksimir). Fu esonerato dopo l’eliminazione ad opera dei macedoni del Renova nell’Intertoto.
Vita da allenatori…

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