Tecnologie e implicazioni morali

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Tecnologie e implicazioni morali

La scorsa settimana si è svolta, all’Università di Fiume, l’importante manifestazione di divulgazione scientifica, “STEM. Oggi per il domani”. ‘STEM’ indica Science, Technology, Engineering, Mathematics. I colleghi che si occupano di scienze naturali, sostenuti dal mio amico e collega filosofo Luca Malatesti, hanno organizzato un avvenimento, iterato dopo il successo dello scorso anno, contribuendo in modo serio alla presentazione delle discipline scientifiche e tecnologiche e a mettere in contatto persone che provengono da discipline diverse, ponendo le basi per collaborazioni interdisciplinari future.
Ho avuto l’occasione di presentare un intervento, anch’io. Lo studio delle scienze naturali e tecnologiche non fa parte della mia specializzazione ristretta (rappresentata, negli ultimi anni, dalla filosofia politica e dall’etica pratica). Ma ho partecipato volentieri. Un po’, perché il mio master scientifico si svolgeva nell’ambito dell’indirizzo di logica e metodologia, ovvero, di uno studio, tra l’altro, della metodologia delle scienze. L’altro motivo è che, negli ultimi anni, le mie ricerche sono indirizzate in ampia parte allo studio delle implicazioni morali delle nuove tecnologie. Queste offrono molte soluzioni, ma implicano anche dei problemi ai quali dobbiamo trovare delle risposte. Ad esempio, le nuove tecnologie hanno un impatto ambientale che rischia di sconvolgere lo sviluppo sostenibile e la qualità della vita sul nostro pianeta. Inoltre, le nuove tecnologie possono offrire l’opportunità di modificare direttamente la vita umana. In alcuni casi, gli interventi sono chiaramente positivi, quando sono indirizzati a migliorare la salute delle persone, o la durata della loro vita. In altri casi, le questioni sono dibattute. Ad esempio, un tema molto discusso riguarda la possibilità di estendere la vita umana al di là di quella che, ora, viene ritenuta la durata naturale. Si parla di aumentare notevolmente, con risorse tecnologiche, l’intelligenza delle persone. Un indirizzo riguarda la possibilità di influenzare le emozioni delle persone. In alcuni casi, si pensa a risorse tecnologiche con effetti di filtri d’amore, in altri casi alla modificazione delle emozioni che influenzano i nostri comportamenti sociali (riduzione della violenza, aumento della fiducia nei confronti degli altri, o dell’empatia che siamo in grado di provare).
Infine, dirò che le nuove tecnologie possono avere un impatto molto importante sulle differenze sociali. Lo vediamo nel campo della medicina. Le nuove tecnologie potranno offrire in modo crescente opportunità impensabili per la salute e le cure, ma rischiano, almeno inizialmente, di essere molto care. Questo implica un rischio di sostenibilità per il sistema sanitario pubblico. Il dilemma è molto serio. Da un lato, si può decidere di non sostenere con il sistema di sanità pubblico le nuove cure, lasciandole alle potenzialità economiche dei singoli. In questo modo, costruiremmo un sistema che renderebbe estremi i rapporti di disuguaglianza sociale. Oppure, si può decidere di sostenere le nuove cure con il sistema di sanità pubblico. Ma, allora, lo porremmo sotto una nuova forte pressione, rischiando di rendere i costi insostenibili.
Allo STEM di quest’anno non ho parlato di questi temi. Ho commentato, invece, il tema dell’autorità della scienza e della responsabilità pubblica degli scienziati. Ne ho già scritto per il nostro quotidiano. La pressione è forte, a causa delle troppe fonti d’informazione, che mettono sullo stesso piano dati scientifici corroborati e informazioni inattendibili o chiaramente false.
Nella discussione, una collega mi ha presentato un dilemma presente tra gli scienziati. Da un lato, fa parte dell’attitudine dello scienziato dubitare delle tesi ed essere pronto alla possibilità che nuove prove confutino anche quello che oggi appare certo. Dall’altro lato, nell’opporsi alla pseudoscienza e alle notizie false, lo scienziato deve esibire pubblicamente sicurezza e convinzioni ferme.
Non è facile trovare il giusto equilibrio. Ma lo scienziato può farlo. Anche senza esibire verità assolute, si può distinguere tra tesi sostenute da prove, e, quindi, ragionevoli, e quelle prive di fondamento e, di conseguenza irragionevoli. È proprio questo il compito pubblico degli scienziati.

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