Gli storici croati e italiani: un dialogo mancato

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Gli storici croati e italiani: un dialogo mancato

L’obiettivo della diplomazia è risolvere i conflitti e le contrapposizioni dialogando, negoziando in modo da avvicinare le posizioni delle parti contrapposte. Molte guerre e molti conflitti potevano essere trasformati in processi di negoziato: e perciò i Cinesi dicono bene che è meglio negoziare un anno, che fare la guerra un solo giorno.
Questo vale anche per le relazioni tra gli stati, che spesso sono oberate da un passato travagliato. Ciò vale anche per le relazioni tra Italia e Croazia, che hanno subito degli alti e bassi e che sono state aggravate non solo da un passato di conquiste, colonizzazioni, ribellioni, aggressioni, brigantaggi, piraterie e violenze di ogni tipo, ma anche nel passato recente, dal nazionalismo e da due regimi totalitari – il fascismo italiano e il comunismo jugoslavo.
Per queste ragioni mi ero interessato, quando presi posizione come Ambasciatore della Croazia a Roma, nell’ormai lontano 2012, al dialogo tra gli storici croati e italiani, che pareva essersi avviato ancora nel 1993. Infatti, quando nel 2002 fu pubblicato il rapporto congiunto della Società di studi fiumani di Roma e dell’Istituto storico croato, dal titolo “Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni dal 1939-1947” e presentato a Zagabria, la viceministro per la Cultura, la mia collega all’Istituto per le relazioni internazionali Biserka Cvjetičanin, fu designata da parte del governo, cioè da parte dei ministri rispettivi per la Cultura e per la Ricerca scientifica, Tonči Vujić e Gvozden Flego, a tenere l’allocuzione ufficiale. Una brava collega che si occupava, come ricercatrice, di relazioni culturali con l’estero. Si era tuttavia trovata un po’ impacciata nel compito ricevuto. Non era proprio sicura di quello che avrebbe dovuto dire in qualità di rappresentante ufficiale del governo croato, e così, conoscendo il mio lavoro su certi aspetti della storia italiana, si rivolse a me e io le scrissi il discorso d’occasione. Naturalmente, avevo suggerito nel suo discorso, la necessità del prosieguo di questo lavoro di ricerca comune tra storici italiani e croati. E poi avevo proposto di allargare i temi della ricerca ad altri campi e ad altri periodi storici. Non conoscevo, allora, l’iter della Commissione mista storico-culturale, fondata ancora nel 1993 e che già nel 1997 si era arenata e i suoi lavori non furono mai ripresi.
Da parte croata la Commissione era presieduta dall’accademico Vladimir Ibler, professore emerito di diritto internazionale e grande esperto di diritto marittimo: una persona abbastanza in là con gli anni (ne aveva più di ottanta quando venne designato dal governo croato a copresidente della Commissione), che certamente era di un alto livello internazionale, ma non proprio nel campo della storia dei due Paesi. I suoi numerosi libri parlano di storia diplomatica, del diritto del mare, e specialmente del conflitto croato-sloveno sul confine nel Golfo di Pirano. Purtroppo, dell’Italia non si era mai occupato nelle sue ricerche.
Il secondo membro della Commissione, per parte croata, era il professor Miroslav Bertoša, storico dell’Istria, a quel tempo Console generale croato a Trieste. Precisamente il primo Console generale croato a Trieste, ma il suo mandato durò soltanto tre anni e fu destituito proprio nel 1997, per “motivi sconosciuti”. A quanto pare a Zagabria non piacevano molto le sue iniziative avviate da Console. Aveva fondato, a Trieste, una tavola rotonda dove si dialogava tra operatori culturali croati e italiani in un clima aperto e senza pregiudizi, e questo, sembra, non piacesse ai vertici del Ministero degli Esteri croato, a quel tempo in preda a sospetti di un “irredentismo italiano risvegliato”.
Da parte croata facevano parte della Commissione anche il professor Josip Bratulić, a quel tempo presidente della Matica Hrvatska – la Matrix croatica, il demografo Vladimir Žerjavić, l’italianista Mirko Tomasović (traduttore dell’Ariosto in croato), il direttore del Museo civico di Pola, Davor Mandić e il professor Antun Giron, ricercatore dell’Accademia croata delle Scienze e delle Arti. Già da un primo sguardo si può notare l’assenza di storici italiani che vivono e operano in Croazia – ad esempio, Giovanni Radossi del Centro di ricerche storiche di Rovigno, oppure Luciano Giuricin, autore di numerosi saggi storici attinenti ai temi di interesse della Commissione. In un secondo tempo alla parte croata si unì anche il professor Petar Strčić, mentre Žerjavić e Giron nel frattempo passarono a miglior vita.
Sarebbe stato un atto non solo di cortesia, ma anche di apertura amichevole coinvolgere qualche italiano delle nostre parti, ma i vertici croati si lasciarono sfuggire quest’occasione. E presto la Commissione, dopo la sua seconda seduta, nel 1997, smise di riunirsi. Non accadde accidentalmente, ma di questo parleremo in seguito.

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