Per l’italianità delle nostre terre non c’è futuro senza sinergie

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Per l’italianità delle nostre terre non c’è futuro senza sinergie

TRIESTE | All’Associazione delle Comunità Istriane di Trieste ha avuto luogo la conferenza “Ritornare in Istria, Fiume, Dalmazia si può? Come?”, del giornalista Ezio Giuricin, condotta da Carmen Palazzolo e dal presidente David Di Paoli Paulovich.

Dopo il convegno del Circolo di Cultura Istro-Veneta di ottobre, che voleva essere un punto di confronto tra associazioni di esuli e rimasti sul futuro degli italiani dell’Adriatico Orientale – di cui sono stati pubblicati in questi giorni gli Atti –, il giornalista di TV Capodistria ha voluto fare il punto sulla situazione attuale, sulle possibili vie da intraprendere per salvare il salvabile, quanto resta cioè dell’italianità delle nostre terre. Ha ipotizzato pertanto un ritorno culturale in Istria, Fiume e Dalmazia per le seconde e terze generazioni degli esuli, la collaborazione culturale tra esuli e rimasti attraverso il dialogo e la riconciliazione, l’avvio di iniziative economiche, progetti e percorsi comuni per il recupero di una “presenza”, che altrimenti andrà irrimediabilmente perduta. “Se ritornare sia possibile – ha affermato Giuricin –, è una domanda cui è difficile rispondere. Anche perché ogni ipotesi di ritorno dipende da una serie infinita di fattori e possibilità, tra cui la volontà degli Stati e le loro politiche, la volontà nostra di esuli e rimasti, ma soprattutto un salto di qualità nel concepire il futuro”.

Possibilità d’integrazione

La sua analisi e proposta particolareggiata ha affrontato molte delle questioni aperte: il ritorno fisico, inteso come reinsediamento materiale, il ritorno culturale, volto a recuperare e ricostruire i tratti di un’eredità culturale e linguistica, di una tradizione e di un’identità che stanno rischiando di andare definitivamente perdute, il ritorno politico, oggi possibile attraverso una sempre più profonda e accresciuta integrazione europea di queste terre. Ma anche un ritorno di carattere economico, più concretizzabile e che presenta maggiori probabilità di realizzazione e successo. Senza dimenticare le opportunità che le leggi europee danno oggi di partecipare a bandi per operare nell’ambito di istituzioni e soprattutto delle scuole italiane in Istria, che a suo parere avrebbero bisogno di una profonda riqualificazione.

Il Buiese ottimo esempio

“Ci sono stati casi di figli di esuli che sono tornati alle attività che erano state dei padri – ha confermato Giuricin –. Si tratta di concepire prospettive di incentivazione degli investimenti e delle attività economiche, per dare opportunità nuove ai giovani, che andrebbero ad alimentare un tessuto di relazioni linguistiche e culturali più favorevole alla comunità italiana. In questo senso ci sono mirabili esempi nel Buiese. Dalle leggi vigenti in Italia, la 72/01 e 73/01, si potrebbe inizialmente ricavare un fondo per la concessione di crediti agevolati, senza dire delle possibili prospettive che si potrebbero avviare con la definizione della Legge per l’equo e definitivo indennizzo dei beni abbandonati. Ciò che conta – ha proseguito Giuricin – è trovare una riparazione a quella che lo storico Raoul Pupo definisce la ‘catastrofe’ dell’italianità di questi territori; trovare gli strumenti per cercare di ripristinare e ricomporre un tessuto sociale e umano irrimediabilmente sconvolto dall’esodo, dare un nuovo significato al termine rimasti, i sopravvissuti cioè ed eredi di questa cultura, di cui gli esuli siano la memoria: gli individui sono destinati a scomparire, ma non può e non deve scomparire il patrimonio di identità e valori di cui tutti sono portatori”.

Una storia antica

In questo senso, l’intervento di Livio Dorigo, presidente del Circolo Istria è stato ancor più passionalmente forte: “La nostra storia – ha detto – è più antica di quella di Venezia, c’è la necessità che i giovani di Buie, Capodistria e Muggia leggano però la stessa storia”. Nel dibattito, in cui riaffioravano i consueti e quasi inevitabili luoghi comuni, le incapacità di superare divisioni e andare oltre a visioni storiche ormai sconfitte dal tempo, Tessarolo ha affermato di apprezzare il valore dell’analisi di Giuricin, affermando però che c’è un problema a monte. “In Federesuli – ha detto – contano questioni di poco conto, manca la volontà di affrontare cose serie, come la necessità di coinvolgere la Nazione italiana, la sua politica sulle problematiche di queste terre. C’è una questione grave di leadership, si deve inoltre chiedere ai leader dei rimasti un maggiore afflato morale”.
In conclusione, Giuricin ha ricordato che: “Cervantes nel ‘Don Chisciotte’ ci ricorda che ‘non v’è cosa più folle che vedere la vita com’è e non come dovrebbe essere’. La salvezza forse non dipende da noi, né dalla nostra volontà. Ma abbiamo il dovere di dire, ad onta di quelli che saranno gli eventuali risultati, che cosa vogliamo. Di immaginare il futuro, un domani che forse ci sta sfuggendo, ma con il quale non possiamo rinunciare a misurarci”.

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