Il mondo di Wole Soyinka, grande difesore della libertà

0
Il mondo di Wole Soyinka, grande difesore della libertà

A colazione con… Wole Soyinka, nigeriano di etnia yoruba, classe 1934, premio Nobel per la Letteratura nel 1986, una delle voci più potenti dell’Africa. Drammaturgo, poeta, romanziere e saggista, tra le sue opere teatrali più note vi sono “La strada”, “La morte e il cavaliere del re”, “Il leone e la perla”, “Pazzi e specialisti” e la riscrittura delle “Baccanti”. Tra le opere tradotte anche in italiano “Abiku e altre poesie” e “Ogun Abibiman”; le raccolte di saggi “Mito e letteratura nell’orizzonte culturale africano”, “Clima di paura”, “Il peso della memoria” e “Africa”; i volumi autobiografici “Aké e Isara”, che coprono gli anni dell’infanzia, il recente “Sul far del giorno”, pubblicato in concomitanza del Festival Letterature Migranti; e l’ormai classico “L’uomo è morto”, in cui racconta gli anni di carcere durante la guerra civile. La sua ferma presa di posizione contro la dittatura militare di Abacha gli è costata una condanna a morte, che lo ha costretto per anni all’esilio. Tornato nella sua terra, Soyinka ha continuato la sua attività di strenuo difensore della libertà e dei diritti umani al di là di ogni confine. È in uscita la raccolta di poesie Migrazioni/Migrations, da lui ideata, in cui i maggiori poeti nigeriani e italiani versificano sui rapporti tra l’Africa, l’Italia e il Mediterraneo.

Un appuntamento straordinario

È stato davvero un appuntamento straordinario, quello al signorile Caffè bar Mozart, presso la Casa delle Forze armate, nell’ambito del Sa(n)jam knjige, il Salone del libro, che dopo l’eccellente Orhan Pamuk è riuscito a condurre a Pola un altro Nobel letterario, colui che si considera il primo intellettuale del suo continente, la “voce della sua coscienza”. Facendo accomodare Wole Soyinka a fianco di Aljoša Pužar (e dell’interprete) per un dialogo inglese-croato, si è data pittoresca immagine a tutta la bellezza, la multiculturalità, la complessità e alla dimensione caratterizzata da abissali contraddizioni della terra africana. Discorso limitato ad un mondo a noi lontano? Tutt’altro che così, quando il discorso è esteso alla dimensione universale della libertà e del rispetto dei diritti fondamentali di ognuno. Avendo l’occasione di intervistare l’uomo che rappresenta una leggenda africana, battutosi sempre con coraggio in difesa delle proprie idee, contro i soprusi e le violenze, denunciando apertamente gli orrori del suo Paese, dal genocidio del Biafra al terrorismo di Boko Haram, gli è stato chiesto semplicemente che cosa sia per lui l’Africa come concetto. A tanto di domanda complessa si è sentito rispondere che non si cresce con l’Africa inculcata nella mente, ma che scoprendo il senso della storia, la tragedia della schiavitù e la colonizzazione si diventa coscienti di questa continentale dimensione, tradottasi in terra da disprezzare, sinonimo di usanze selvagge, di mercato di schiavi, di magazzino dove attingere forza lavoro. All’immagine dell’antico disprezzo – ha detto – si contrappone il continente ricco di grandiose culture e civiltà: a parte l’egiziana, vedi la civiltà di Nubia, il regno Shaka Zulu, le rovine di Zimbabwe e un’infinità di opere d’arte autoctona.

«Luogo di pensiero»

Per Sozinka, l’Africa è “luogo di pensiero”, continente di popoli, campo di battaglia intellettuale per liberarsi dalle catene e dagli schemi restrittivi imposti dall’Europa.
Interessanti i ragionamenti in merito alla battaglia culturale che coinvolse il movimento letterario della “negritudine” nelle colonie francofone, proponendo di affrancare i popoli d’Africa dal complesso d’inferiorità imposto dai colonizzatori attraverso l’orgogliosa rivendicazione delle qualità peculiari proprie dei neri (la loro “negritudine”). L’idea viene ancora criticata in quanto forma celata di razzismo e di resa nei confronti della mentalità del colonialismo. Famosa è l’osservazione di Soyinka per cui “La tigre non proclama la sua tigritudine: essa assale la sua preda e la divora”.

L’Africa di Soyinka

Avanti poi a ragionare in merito al concetto di Pan Africa, dimostrando attraverso il dialogo quanto lo scrittore sia pervaso da un profondo senso di appartenenza all’intero continente africano, a un mondo cosmopolita, che, nonostante le colonizzazioni e le decolonizzazioni, ha mantenuto la sua tradizione autoctona, creando fenomeni di sincretismo culturale e religioso.
Lo scrittore nigeriano ha raccontato della sua infanzia nel coro di voci bianche della chiesa cattolica, e del carnevale delle strade antistanti, dove alla religione monoteista si affiancavano le maschere e il culto degli dei dell’agricoltura, dei fulmini, della metallurgia, delle strade, della guerra creando un’amalgama di credenze che non si annientavano a vicenda. Avanti a dire delle correlazioni culturali nel mondo, nel teatro, nella gastronomia; del paradosso grazie al quale la religione cattolica ha attecchito adeguando le preghiere al melos e ai ritmi africani, viceversa l’idea marxista e comunista ha fatto tela fino alla deformazione e degenerazione, approfittando del senso di comunanza dei beni vigente tra le tribù africane. Riflessione diretta pure sui concetti di nazione, nazionalismo, dogmi e mostruosità, in un’Africa che ha visto salire sul podio nuovi potenti, profanatori delle tradizioni e traditori della libertà umana. Compito degli intellettuali scrittori – ha detto Zoyinka – è quello di provare orrore di fronte alle brutture.

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.

L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.

No posts to display