Ovazioni per il Titano di Mahler

Ultimo concerto sinfonico della stagione del TNC Ivan de Zajc

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Ovazioni per il Titano di Mahler
Ovazioni per l’orchestra guidata da Valentin Egel. Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Ovazioni a non finire per l’ultimo concerto sinfonico della stagione del TNC “Ivan de Zajc” diretto da Valentin Egel, venerdì scorso, che va a suggellare un periodo d’attività dell’Orchestra sinfonica di Fiume di indubbia qualità. In programma pagine accattivanti di Delepelaire, Edward Elgar e Gustav Mahler.

Ospite solista della serata è stato il francese Bruno Delepelaire, primo violoncello solista della Filarmonica di Berlino, vincitore di concorsi importanti, con alle spalle una carriera internazionale e collaborazioni con direttori come Antonio Papano, Simon Rattle, Colin Davies, Herbert Blomstedt, Kirill Petrenko.
Il suo impegno è stato l’elegiaco concerto di Elgar per violoncello e orchestra in mi min. op. 85.
Delepelaire si è rivelato musicista di nerbo – vedi l’attacco l’iniziale – dalla cantilena lirica intensamente vissuta, dal suono pregevole, plasmata con una varietà di atteggiamenti e sfumature espressive molto personali, esternate nell’estemporaneità dell’attimo creativo. Il concertista non è stato da meno nei perentori virtuosismi del secondo movimento, rivelandosi artista dalla personalità incisiva e fascinosa. Evidentemente coinvolto dall’interpretazione di Delepelaire, il pubblico ha corrisposto con un’ovazione.
Bruno Delepelaire è pure l’autore de “Les Taurides” (2022), brano orchestrale d’effetto, in apertura di serata, che si ispira palesemente alla pioggia stellare della cometa Encke. Come dichiarato, l’autore ha convogliato in questo brano la sua fascinazione per i fenomeni dell’Universo, per l’immensa energia, violenza e, insieme, pura bellezza che si sprigionano dalla dinamica dei movimenti galattici.
Ammiratore dichiarato dello stile orchestrale di Hollywod, di John William e degli impressionisti, il brano di Delepelaire è una scintillante e vertiginosa cascata stellare, straripante di colori, clangori, ritmi sincopati, motivi vigorosi e spavaldi, affastellati tuttavia con preciso ordine, che manco a dirsi, e giustamente, ha strappato gli applausi eccitati della platea.
Il brano più cospicuo ed impegnativo della serata è stata ovviamente la Sinfonia n. 1 in Re magg. “Il Titano” di Mahler, per la cui esecuzione l’orchestra si è avvalsa di rinforzi esterni dato l’organico previsto dalla partitura.
Quindi l’universo musicale mahleriano, tra i più complessi, alti e stupefacenti, che dilaga sul filo di una psicologia borderline e di una spiritualità che sembra dilatare e riverberare le sue pulsazioni all’infinito, nel mondo primigenio dei suoni!
Nata nel segno del poema sinfonico – ispirata al romanzo “Il Titano” di Jean Paul-Mahler si tormentò a lungo su questa partitura, sottoponendola a continue revisioni in un arco di ben venticinque anni, fra i primi abbozzi del 1884 e gli ultimi ritocchi del 1909, per quindi darne forma sinfonica in quattro movimenti – non privi di contenuti extramusicali – disposti nel seguente modo: I movimemto Langsam, Schleppend. Wie ein Naturlaut (Lento, strisciando. Come un suono della natura, II Kräftig, bewegt, doch nicht zu schnell; Trio, Recht gemächlich
(Vigorosamente mosso, ma non troppo presto; Trio, Molto tranquillo), III Feierlich und gemessen, ohne zu schleppen (Solenne e misurato, senza trascinare), IV movimento, Stürmisch bewegt – Energisch (Tempestosamente agitato). In bilico tra l’indipendenza della musica “pura” e il poema sinfonico di Liszt e l’esperienza wagneriana, Mahler infine fece convivere le opposte e inconciliabili tendenze della musica del suo tempo.
“Rincorrere” gli sbalzi umorali di Mahler non è certamente uno scherzo, per cui, a prova superata, non possiamo che apprezzare i felici esiti dell’esecuzione di venerdì sera.
Musicista duttile e profondo, direttore dal gesto vibrante e autorevole – addirittura spettacolare, nel senso migliore del termine – Valentin Egel ha colto lo spirito e il senso delle più svariate situazioni musicali di questa partitura – grazie pure alla risposta dell’orchestra – enfatizzandone i rilievi, dando luogo a una fisionomia d’insieme coerente e molto godibile. Quindi, – accennando per sommi capi – dall’inizio trasparente, quasi “sospeso” e misterioso, alle evocazioni delle voci della natura (che rimandano a una purezza infantile) e al tema popolaresco (I tempo) che si conclude trionfalmente; per procedere quindi con ruvida e vigorosa inicisività nel Landler (II tempo).
Bilanciata la parodistica e nel contempo spettrale marcia funebre, costruita sulla rilettura del canone Fra Martino campanaro (III tempo). L’imponenza e la complessità strutturale del cataclismatico “Tempestosamente agitato”, (ultimo movimento) sono state affrontate in maniera egregia, per quindi sfociare con incalzante slancio nell’apoteosi finale, nel “trionfo dopo la lotta”.
Applausi prolungati ed entusiasti.

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