Scoperta necropoli sul colle di San Michele

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Scoperta necropoli sul colle di San Michele

Attenti a non inciampare nella storia di Pola. Il monito arriva dopo aver appreso che agli archeologi è bastato scavare due insignificanti centimetri al di sotto della superficie terrestre per sbattere con la pala contro il sarcofago della prima tomba di un’intera necropoli appena scoperta di fronte alla fortezza di San Michele e all’ex lavanderia del vecchio Ospedale di Pola: nel punto esatto dove si sta per dare il via alla costruzione di una Casa dello studente aggiuntiva dentro il futuro campus universitario. Si parla di niente meno che una ventina di tombe, con un’infinità di scheletri, sotterrati entro fosse comuni.

Non si tratta di un vero imprevisto. È risaputo che il sottosuolo del colle di San Michele rappresenti un concentrato di testimonianze del ricco passato urbano, il cui territorio, anche fuori le mura cittadine, fu costellato da templi, monumenti e pietre cimiteriali. E stavolta, prima di costruire per crescere come città universitaria, l’Alma mater studiorum è costretta felicemente a pagare il dazio per l’approfondimento delle conoscenze storiche. Il Centro per la ricerca interdisciplinare del paesaggio operante in seno alla Facoltà di Filosofia, che è area didattica dell’Università “Juraj Dobrila”, ha fatto scendere in campo tutto uno staff di ricercatori, diversi studenti guidati con lena dai docenti Klara Buršić Matijašič, esperta del campo archeologico e preside della Facoltà di Filosofia, coadiuvata da Robert Matijašić, già direttore del Museo archeologico istriano e rettore universitario, ben noto per le indagini dell’evo antico, e dal prof. Davor Bulić, della cattedra di storia antica e di archeologia. Forti delle descrizioni, dei disegni e delle tracce planimetriche lasciate da Pietro Kandler, la convinzione era quella di trovare almeno una parte di struttura, se non altro un angolo degli edifici sacri che si trovavano su questa storica collina. A parte il mausoleo dei conti istriani Weimar (qui sepolti probabilmente nell’XI secolo) e l’Abbazia di San Michele risalente al VI secolo (epoca dell’arte ravvenate- bizantina), vi è anche la chiesetta alla croce di San Clemente (forma e dimensioni della Cappella di Santa Maria Formosa), rasa al suolo sotto l’Austria-Ungheria, per dar posto alle necessità militari (fortino) nella seconda metà del XIX secolo. Invece, niente architetture che crescono in altezza, ma tombe, che come spiegato da Klara Buršić Matijašić appartennero al Convento di San Michele. Quel medesimo di cui scrisse Bernardo Schiavuzzi.

Ho visto un re

La coordinatrice degli scavi ci fornisce tra l’altro l’interessante scritto su “L’Abbazia di San Michele in Monte di Pola” attinto dall’Archivio veneto nel quale si racconta del grande rinvenimento avvenuto in zona: la tomba del re ungherese Salomone, i cui resti sono oggi custoditi al Convento di San Francesco. Rivela Schiavuzzi che “nel 1851, quando si inizio il disegno di ridurre Pola porto di guerra, i pionieri spianarono al suolo i resti di quell’antico recinto, e trovarono la pietra sepolcrale del re anacoreta, con la seguente iscrizione: HIC REQUIESCIT ILLUSTRISSIMUS SALOMON REX PANNONIAE. La cella era vuota, perché le ceneri raccolte in uno stipetto di legno incorruttibile, vennero in sul principio del secolo XV deposte dal vescovo Biagio Molin nell’arca dei corpi santi del Duomo. Neanche la morte lo lasciò consumarsi in pace: il suo regno fu una rivoluzione continua di gente che si contendeva col sangue l’istessa corona, e il tempio di San Michele che lo accolse cadavere, caduto sotto la picozza dei guastatori militari, lasciò il nome a un grosso e ben munito fortalizio”.

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Scavi a…oltranza

​Tornando al presente, la coordinatrice della campagna di ricerca indica la superficie di 12 metri per 15 interessata dallo scavo, che dura dallo scorso 5 luglio e si protrarrà fino alla fine del mese, senza fermarsi prima di raggiungere la roccia viva, ossia, detto nel linguaggio della scienza archeologica, fino all’ultimo “strato culturale”. Ci si trova a 31 metri sopra il livello del mare, alla medesima altezza del Castello di Pola. “Sperando nella possibilità di individuare l’ubicazione esatta della chiesa di San Michele – spiega la Buršić-Matijašić – abbiamo trovato, invece, il muro di cinta del fossato che circondò il forte austroungarico, una struttura edile destinata a venire riutilizzata in funzione di attività da definirsi. Una sonda aggiuntiva nel terreno più lontana dal quadrante soggetto agli scavi, ha confermato il tracciato e la continuazione della medesima struttura di recinzione. Le tombe appena scoperte non presentano lapidi di copertura in quanto rimosse nei secoli successivi, per venire riutilizzate come materiale da costruzione. Sono state aperte appena in parte senza rivenire corredi tombali. Fa eccezione solo una fibbia di cintura. Si tratta di modeste sepolture dei monaci del chiostro e lo scavo si rivela alquanto complesso per l’accatastarsi di numerosi scheletri e ossa sparpagliate nel terreno, entro uno stessa tomba. Il primo sepolcro rinvenuto presenta una spoglia d’epoca romana, materiale riutilizzato nell’era medievale”. Curioso il pezzo di sarcofago in rilievo, prestato dall’antichità, che, come sentito rappresenta l’ingresso nell’aldilà. La ricerca si fermerà alla fine di luglio per aprire nuovi quadranti l’autunno prossimo.

«Dante a Pola»

A questo punto non è facile scordare le scoperte delle tombe e degli scheletri fatte nel 2013 nella vicinissima via Preradović, che quasi avevano fatto scoppiare un caso mass mediatico. In quell’occasione si parlò del sommo poeta Dante Alighieri, che nel suo ipotetico viaggio a Pola avesse tratto ispirazione proprio dalla visione dell’enorme necropoli che saliva anche in direzione del colle di San Michele, per descrivere il triste aspetto della Città di Dite. Vedi Canto IX dell’Inferno, sesto cerchio occupato dai dannati eretici il cui celeberrimo incipit recita “Sì come ad Arli, ove Rodano stagna,/sì com’a Pola, presso del Carnaro/ch’Italia chiude e suoi termini bagna,/ fanno i sepulcri tutt’il loco varo…” Allora furono segnalati gli interessanti scritti di Camillo De Franceschi, nell’intervento intitolato “Dante a Pola”, pubblicato nel 1933, negli Atti e memorie della Società Istriana di Archeologia e storia patria. In essi De Franceschi cita l’opinione dell’illustre storico Pietro Kandler, che si rifà alla tradizione secondo alla quale Dante avrebbe visitato Pola tra il 1302 e il 1321 e avesse albergato proprio presso l’“Abbazia di San Michele in Monte”, da cui sarebbe riuscito a intravvedere i lontani profili del Monte Maggiore. Più storia di così.

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