Quelli che… donano: grazie di cuore

Hanno partecipato all’evento coloro che stendono il braccio, gli attivisti e le autorità. Si è parlato della storia, dello stato attuale e del futuro della donazione

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Quelli che… donano: grazie di cuore
Le targhe della regione alle associazioni della croce rossa dell’Istria. Foto: Daria Deghenghi

Nel settantesimo della donazione del sangue in Croazia, la Croce rossa polese ha chiamato a raccolta i soci, i donatori, gli attivisti e le autorità per una conferenza sulla storia, lo stato attuale e il futuro della donazione. La conferenza ha avuto luogo all’hotel Park Plaza Histria davanti a una platea gremita di volontari che in un modo o nell’altro partecipano alla raccolta del liquido ematico che non ha sostituti tra tutti i medicinali scoperti fino a oggi. Al convegno hanno preso parte anche numerosi specialisti di medicina trasfusionale, né sono voluti mancare all’appello il presidente della Regione Boris Miletić e il sindaco Filip Zoričić. Miletić si è concesso una fugace considerazione sull’ambivalenza della natura umana: “Da una parte, l’altruismo, la sensibilità e la disponibilità praticamente illimitata a soccorrere il prossimo, e dall’altra la vocazione alla distruzione, per cui le guerre continuano a imperversare in ogni angolo del globo, senza accenno a estinguersi. Siamo capaci di dare la vita e di toglierla con la stessa passione nel cuore – ha detto Miletić – e benché questo ci rattristi, abbiamo motivo di festeggiare la vostra umanità, che vorremmo poter insegnare alle future generazioni”.

Nobiltà e pregio
Il sindaco Zoričić ha evidenziato l’anonimato quanto della donazione tanto della fruizione del sangue: “Tutti voi che donate il sangue anche una sola volta, per non dire 100, fate un dono incommensurabile perché ignorate l’identità di chi trarrà beneficio del vostro sacrificio. È proprio questa imparzialità della donazione a conferirle un carattere di assoluta nobiltà e pregio”, ha concluso il sindaco. Jasna Vekić, dirigente della Croce rossa polese si è soffermata sul fatto che oltre l’imparzialità, il volontariato (la non remunerazione), vi è il fatto che il gesto umano semplicemente non ha alternative: “Fintanto che la scienza non avrà trovato il modo di sintetizzare il prezioso liquido in laboratorio, non vi sarà altra possibilità di salvare le vite umane se non facendo quello che stiamo facendo ora”. Che poi non si tratti di poca gente, basta riconoscere che i donatori attivi in Istria sono attualmente 7.500. Un dato su cui varrà la pena di riflettere tutte le volte che si finisce al Pronto soccorso oppure ci si rechi all’ospedale per un intervento chirurgico qualsiasi: il sangue donato da un anonimo donatore sarà sempre pronto per la trasfusione.

Il panel sulle sfide della donazione dopo la pandemia.
Foto: Daria Deghenghi

Le esperienze del passato
Ai discorsi di circostanza sono seguiti i due panel che hanno gettato nuova luce sulle esperienze del passato e le sfide che l’invecchiamento della popolazione e l’evoluzione della medicina curativa e palliativa hanno posto di fronte alla raccolta di sangue. Una veterana della medicina trasfusionale, Arne Slivar, ha ricordato le pratiche anteriori al 1953, quando il sangue veniva letteralmente acquistato dai fornitori, che per il loro contributo erano remunerati. La dottoressa ha raccontato un aneddoto dei tempi che precedettero la raccolta istituzionalizzata: “Come si decideva quando era il momento per interrompere il prelievo? Beh, si aspettava che il paziente impallidisse: era tutto lì il campanello d’allarme che metteva fine al procedimento. Ma quelli erano altri tempi. Tra l’altro i medici rifiutavano i fornitori che non fossero donatori universali. Non sei del gruppo “0”? Via di qui e avanti il prossimo”. Poi le cose sono cambiate, naturalmente in meglio. La remunerazione è stata abolita e la donazione è diventata assolutamente volontaria, sicché si sono rese necessarie le campagne di divulgazione e di sensibilizzazione. Ma nemmeno questo era un problema: “Col solo cantiere navale, che oggi non c’è più, avevamo assicurate 600 dosi in primavera e altre 600 in novembre, senza contare tutte le altre fabbriche, i sindacati, le Università…”, ha ricordato ancora Arne Slivar.

Necessità in aumento
E oggi? Oggi c’è una tendenza a “delegare” la responsabilità agli altri. “Ci penserà qualcun altro”, si usa dire, ma non è il caso di fare affidamento su quel qualcun altro in eterno. La verità è che le necessità sono in aumento e la disponibilità, che ristagna, in calo. Lo spartiacque è stato il momento critico della pandemia. “Fino al 2019 il fabbisogno nazionale annuo era stimato a 190.000 dosi – ha fatto sapere la dottoressa Lorena Lazarić Stefanović – mentre dopo il 2020 la domanda è stata aggiornata a 200.000 unità e da allora non abbiamo più attuato il piano”. Nel 2020 l’Istria ha totalizzato solo l’85 per cento del preventivo mentre la media nazionale ha raggiunto il 91 per cento. Nel 2021 è andata un po’ meglio: il 96 p.c. per l’Istria e il 98 p.c. per la Croazia. Inoltre le giovani generazioni non sembrano disposte a seguire l’esempio delle vecchie: se nel 2018 i nuovi donatori erano 540, nel 2022 si sono uniti alla famiglia solo 386 neofiti. La cosa comincia a preoccupare.
Perché si stenta a completare il programma? I motivi non sono del tutto chiari ma certamente contribuiscono l’invecchiamento della popolazione e quindi l’aumento delle patologie, ma anche le nuove possibilità curative che servono ad allungare la durata o perlomeno ad aumentare la qualità della vita. In secondo luogo sembra che entri in gioco anche un deficit di cognizione e consapevolezza, hanno messo in chiaro i medici mentre Irena Hrstić, direttrice dell’Ospedale di Pola, ha precisato che non giovano alla pratica i continui ordini e contrordini di centralizzazione e decentramento del servizio sanitario pubblico. Tuttavia Jasmina Simović Medica del Reparto di medicina trasfusionale ha spiegato che le occasionali carenze di sangue non influiscono sulla cura dei pazienti che ne hanno assoluto bisogno sul momento: “Utilizziamo in media tra le 7.000 e le 7.500 dosi di sangue ed emocomponenti come plasma o trombociti l’anno e nessun paziente ha mai rischiato la vita per una carenza di forniture: se mai, viene disdetta un’operazione di routine (ernie, cistifellea ecc), ma i casi urgenti e i pazienti oncologici sono serviti sul momento”. Ciò non toglie che la donazione di sangue ha bisogno di nuovi volontari e quindi anche di nuove campagne di sensibilizzazione.

Autorità, soci, donatori e volontari in ascolto.
Foto: Daria Deghenghi

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