L’alchimia di Valdefora, ovvero come trasformare i metri quadrati in oro

Come si cambia e ci si adegua alle tendenze del momento e del soldo

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L’alchimia di Valdefora, ovvero come trasformare i metri quadrati in oro
Valdefora. Foto: DARIA DEGHENGHI

L’insenatura è meravigliosamente protetta, il mare pulito, le spiagge deliziose. Valdefora è sempre stata un gioiello, anche quando era stata popolata dai pochi residenti in epoche anteriori ai fenomeni della turistificazione e della cementificazione delle coste. Poi l’evoluzione urbanistica ha preso un’altra piega e dalle casette abitate negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta i residenti hanno cominciato ad allargare gli… orizzonti delle proprie possibilità economiche facendo gonfiare i volumi delle case a scapito dei cortili, dei garage, degli orti e dei giardini privati. Per intenderci, nemmeno ai tempi del presunto egualitarismo socialista Valdifora è stata un quartiere popolare. Al contrario, un poco alla volta quell’angolino di paradiso nascosto tra Valcane e Valovine è stato colonizzato da una borghesia comunista portata all’impresa, capace di fare soldi anche in condizioni di supposta parità di opportunità e diritti. Ma mentre fino a una trentina di anni fa questa tendenza era ancora domata da una mancanza di capitali e dall’eredità dell’economia pianificata (anche in termini di urbanistica), a partire dagli anni Novanta l’alchimia del metro quadrato tramutabile in oro non ha più incontrato lo straccio di una limitazione. Un poco alla volta sono cambiati i piani, i parametri, la volumetria, le estensioni, i livelli, gli indici di edificabilità, le superfici utili lorde e nette, i minimi e i massimi termini, insomma, le casette formato famiglia sono diventate villette a tre piani: uno per i padroni di casa e gli altri due da affittare ai turisti che nel frattempo hanno preso a frequentare Pola con maggiore disinvoltura. E quello era solo l’inizio, perché la versione 3.0 di Valdefora è un’accozzaglia di caseggiati per le locazioni turistiche di massa con decine di unità immobiliari capaci di generare un flusso di introiti costante da maggio a ottobre, rendite pluriennali e persino capitali da reinvestire nel prossimo ciclo in modo da accontentare anche gli eredi degli eredi.

Architetture spropositate
A ritmi incalzanti, le piccole abitazioni e i locali d’un tempo sono diventati casermoni che incutono spavento. Un ristorante della vecchia scuola ha sgomberato la strada moltiplicando di varie volte la cubatura e il valore degli immobili pur mantenendo l’attività dei fondatori, ora aggiornata secondo i gusti del momento. In via Vergarolla è venuto su uno stabile di dimensioni eccezionali che la rete stradale e il vicinato non giustificano, ma i piani urbanistici e le licenze edili sì. Il caseggiato sembra un albergo di quelli che imitano le navi da crociera e sono in voga da una ventina di anni in qua, come il famoso “Lone” di Rovigno. Dell’albergo ha pure le dimensioni, ma si tratta di appartamenti autonomi con funzione di seconda casa, affitto o investimento per i risparmi che in banca svaluterebbero ma che in cemento durano una vita, se non due. Piaccia o non piaccia poco importa, perché è ben nascosto dal ristorante con i suoi annessi affittabili e quindi nessuno si lamenta. Ci si lamenta invece di come stia cambiano la fisionomia del vecchio quartiere di Valdefora, quello che scende la china fino al mare e gode della vista su alcune tra le più belle spiagge di Pola.
Le costruzioni di una volta, come l’altro ristorante storico della zona che ha mantenuto il suo aspetto rustico di proposito, stanno scomparendo a un ritmo incalzante. Una generazione dopo l’altra, ad ogni cambio di proprietà gli edifici crescono e s’allargano, il capitale entra ed esce, i piani volano al cielo. I primi esperimenti in questo senso non hanno sortito buoni esempi di edificazione sobria ed elegante, anzi: ne sono venuti fuori alcuni palazzi che sembrano scatoloni enormi che racchiudono a loro volta appartamenti-scatole con balconi-scatolette completamente uniformati secondo le usanze della prima euforia immobiliare degli anni Novanta. Naturalmente, di verde intorno non se ne parla nemmeno. La seconda e terza ondata immobiliare, tutt’ora in corso, presentano qualche pregio architettonico in più, come le terrazze aperte al panorama, protette da soli parapetti in vetro trasparente, tetti piani e geometrie cubiche, come vuole la moda del momento. Ultimamente è cambiata anche la tavolozza dei colori: ora le facciate non indossano più il color pesca, il salmone o il vinaccia, ma sfoggiano piuttosto una palette di diverse sfumature di grigio. Se non sono cinquanta, poco ci manca. Naturalmente sono cambiati anche i materiali da costruzione: i laterizi non si usano più, come nemmeno si usano più i tetti spioventi. Le linee delle costruzioni nuove sono tutte perpendicolari e gli angoli sono sempre retti: un cubo di qua e uno di là col tetto piano e il limone in giardino (uno solo, perché non c’è più posto per due). Se manca lo spazio per parcheggiare le automobili (perché davanti casa ora c’è una piscina), nessun problema: l’appartamento sale di un piano e al livello terra c’è posto a sufficienza per due o tre veicoli a seconda delle dimensioni. E visto che gli investimenti pagano, ci guadagna anche la Città. Gli ultimi lotti edificabili non edificati vengono messi in vendita e venduti per importi che superano i duecento e trecentomila euro. Non c’è dubbio che prima o poi vi spunteranno altre case-dormitorio per locazioni turistiche. Il fascino di questa zona residenziale un tempo godibile è andato perduto.

Appartamento con vista superba.
Foto: DARIA DEGHENGHI

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