I piccoli negozi soccombono per via dei centri commerciali

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I piccoli negozi soccombono per via dei centri commerciali

La paura fa 90 o almeno 50… per cento: di sconto. I commercianti del centro città sembrano soffrire di una strana rinnovata crisi, affetti da un male da “Mall”, provocato dall’ascesa delle grandi catene distributive City Mall e Max City. Se quella di Stoia (la seconda delle due) ha appena aperto i battenti subendo l’invasione e l’euforia di massa (che ancora non accenna a estinguersi), l’altra ha reagito proprio adesso con un contraccolpo alla concorrenza proclamando la prima giornata dello shopping generale con sconti insolitamente allettanti. Beati noi acquirenti, danarosi come non mai. C’è da porsi il quesito se riusciremo a mantenere arzilli gli affari di cotanta disponibilità commerciale.

I negozi del centro città, brulli e sottotono, rischiano di chiudere bottega non solo a causa della congiuntura economica difficile, della concorrenza spietata rappresentata dalle “tower” degli affari all’ingrosso, ma perfino a causa dell’era dell’e-commerce e degli e-shoppers, che vede sempre più clienti, giovani in particolare, provare scarpe e indumenti in negozio, per poi ordinare la medesima merce a costo più conveniente online. Evidentemente, il timore di sbaraccare per cessazione dell’attività commerciale e l’estremo istinto di sopravvivenza stanno facendo aguzzare l’ingegno e sciogliere le briglie alla fantasia. Le studiano tutte per tentare di capire gli stili di consumo di coloro che comprano indumenti e fanno leva sui possibili punti forza del commercio “fisico” nelle boutique, con capi griffati o meno. Si denota un’inusuale bontà d’animo da parte di venditori di marchi di qualità (Ralph Lauren, Tommy Hilfiger a metà prezzo), con i quali rendono un favore aggiuntivo a coloro che comunque risultano essere acquirenti di… classe.

La mezza stagione? C’è

Vedi poi i negozi (Top sport e altri), che s’inventano il “mid season sale” (inediti ribassi di mezza stagione), quelli che tentano di richiamare la clientela con “sconti a sorpresa!” (entrare in Coccinella per verificare se sul prezzo delle scarpe da 1.000-2.000 kune, è stato cancellato qualche zero), quelli (come Gerry Weber), altri che proclamano la “Settimana della moda” (mai proposta prima), e altri ancora (Moderato) che applicano il ribasso sull’offerta “top” (i capi migliori?). E alla lista dei cacciatori di clientela si aggrega tutta una sfilza di esercizi che si affidano a buoni acquisto, diffusi mediante riviste di gossip e di moda. Una settimana di tempo per staccare i tagliandi e procacciare riduzioni di costi fino al 40 per cento. Una pacchia. E non è ancora Natale.
​A osservare le vetrine – specchio dell’atteggiamento dei venditori – si coglie abbastanza per procedere con la stesura di una guida di sopravvivenza confacente ai piccoli proprietari di attività commerciali. Diremmo che sarà il caso di incominciare a ragionare altrimenti, di giocare anche sui rapporti di fiducia, sull’accoglienza degli spazi da boutique, dove si vendono articoli con sconti reali e non fittizi, sull’offerta di esperienze d’acquisto differenziate, con servizi di sartoria, inesistenti nei Mall. Dicono che il fare la spesa in un negozio di catena sia un fenomeno destinato a crescere alla pari di quello del cliente che prova in camerino e acquista online, comodamente a domicilio, già esperto nelle operazioni di restituzione e sostituzione della merce non gradita.

L’ibernata via Sergia

​La rivoluzione commerciale è inarrestabile e non c’è via di scampo. Via Sergia è stata da sempre la strada dei negozi, ma le botteghe tradizionali per come le conosciamo sembrano essere spacciate, già modificate e sacrificate esclusivamente in funzione del cliente turista. Vincono le proposte sistemate in una bizzarra alternanza: un bar, un negozio di souvenir, una trattoria, una boutique, una rivendita di pizza al trancio e una di costumi da bagno e biancheria intima. Tutto va bene finché dura. Ma nell’ibernato mese di novembre, arido di turisti niente Candy bar, Sweets &Pepper, Souvenir Centar, Gifts. Ogni secondo ingresso è ermeticamente chiuso da saracinesca, altri che non si preoccupano di catturare la clientela che non c’è, hanno affisso il cartello “Inventario”. Matura il presentimento che in città il mostro della chiusura non si farà avanti tanto quanto la volontà di risparmiare energie, di vivacchiare, alimentati dalla pazienza dell’attesa e dalla convinzione di incrementare esponenzialmente il profitto nei mesi d’oro delle vacanze balneari. E a noi non resta altro che rifugiarci presso la grande distribuzione. Vittime del morbo di Mall.

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