Pola. Dal sottosuolo spuntano soglie, sarcofagi, macine…

Piazza Dante. I nuovi risultati della campagna archeologica

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Pola. Dal sottosuolo spuntano soglie, sarcofagi, macine…
Elementi architettonici antichi in bella mostra. Foto: ARLETTA FONIO GRUBIŠA

Mai la fine. Il sottosuolo archeologico di Pola non la smetterà di sfornare reperti, manco a decretare il divieto degli interventi edili-infrastrutturali, figurarsi quando l’intraprendenza si spinge a cambiare i connotati e le carte in tavola al centro storico cittadino. La ricerca preliminare necessaria per dare campo libero alla costruzione di un edificio abitativo-imprenditoriale su iniziativa privata nelle immediate vicinanze di Piazza Dante era cominciata la scorsa primavera, previa demolizione del vecchio e fatiscente edificio che era stato occupato dalla Tehnomont e ora è ripresa dopo la pausa estiva. Le ruspe ci hanno messo pochi giorni per rimuovere il terreno e i detriti insignificanti e gli esperti dell’impresa archeologica “IN SITU” di Rovigno ci hanno messo ancora meno per trovare, pulire, tutelare, ma anche gestire la rimozione di fior di pietre di fattura romana, paleocristiana, medievale, moderna e di chissà quali esatti periodi d’umana presenza e attività tutti da scoprire.

Il mosaico di romana fattura
L’enigma si ripresenta, nuovamente a un metro e mezzo o due sotto la superficie pedonale, nella “pancia” di un considerevole appezzamento urbano costituito da un migliaio di metri quadrati che ora si mostra per la prima volta al secolo con grossi blocchi di pietra di pavimentazioni che si intersecano, frammenti importanti di sarcofagi, colonne e soglie (ri)utilizzati attraverso i secoli come materiale da costruzione o da risulta, e, più ci si introduce nel terreno, più spuntano i sassi assieme alla melma e alle acque del sottosuolo poco distante dall’area portuale di Pola. La battaglia con le paludi continua, ma non scoraggia grazie ai risultati che l’indagine archeologica ha sortito la scorsa primavera quando su 100 metri quadrati era stato scoperto un mosaico monocromo di romana fattura in buon stato di conservazione, che aveva l’aspetto del fondale di una piscina pubblica. Allora si era giunti alla metà dell’opera e questa seconda porzione di terreno ancora da scandagliare contribuirà certamente a completare la visione d’insieme.

Un terreno completamente sterile
Intanto, per capire qualcosa di quel che è già dato, ci rivolgiamo all’esperta Aleksandra Pajić che assieme a Elvin Zejnilhodžić, porta avanti la ditta IN SITU, specializzata in sovrintendenza e ricerca archeologica, elaborazione dei rinvenimenti e del materiale archeologico, nonché realizzazione di ricostruzioni tridimensionali delle località e dei reperti. Parlando, si scopre che il terreno seppur florido di lastricati e massi di pietra, porta scalogna: strano ma vero, è completamente sterile, privo di ‘detriti’ significativi, di quel piccolo inventario di reperti minuti che solitamente costituiscono la manna dal cielo per l’archeologia in quanto aiutano a definire meglio l’appartenenza storica. “Da quanto visibile finora – rileva Aleksandra Pajić – abbiamo a che fare con la pavimentazione di una strada dalla fattura di notevole qualità, forse romana o tardoantica, che si interseca con altri percorsi e situazioni a noi ancora intelligibili e difficilmente interpretabili. Niente si può dedurre ed asserire con esattezza scientifico-matematica e tanti sono gli esempi di ‘spolia’, cioè di reimpiego di elementi di architettura d’epoca romana come ad esempio pezzi di macine, sarcofagi, soglie d’ingresso, cornicioni, colonne e quant’altro di non ubicato in situ. Vede… qui abbiamo trovato anche un pozzo, dal quale va ancora estratto il materiale da riempitura che speriamo ci fornirà qualche informazione utile alla ricerca. Poi vi è un sarcofago che sembra stato riutilizzato in funzione di contenitore per liquidi ma, per il momento sono ancora solo supposizioni”.

I prossimi scavi
Le intenzioni sono ora quelle di estendere lo scavo fino al bordo della corsia che delimita piazza Dante, ricollegandosi al vasto quadrante già scavato la scorsa primavera. In direzione della Riva non si procede oltre essendo arrivati a un metro e mezzo dalle case, la cui statica non deve essere compromessa. Va anche precisato che la superficie interessata dei lavori corrisponde ad un’area cittadina antico-medievale per eccellenza e che non si avrà anche la fortuna di raggiungere il punto critico dove passano i vicini resti sotterranei dell’antica cinta muraria.
Ambienti pubblici a tutti gli effetti
Merita, intanto, riproporre l’elenco di quello che l’archeologia ha finora collezionato: la lista curata da IN SITU comprende mosaici bicromi, un muro con soglia, un ambiente, una struttura muraria divisoria, pietre a rigolo in funzione di scolo. E in detto caso si può già parlare di fiorente epoca romana-imperiale, vale a dire di I secolo d.C. Spia di tutto i reperti rinvenuti e appena analizzati. Finalmente arriva la rivelazione che il fondo archeologico polese è stato arricchito di un’anfora con datazione e timbro “Gajus Lecanius Bassius”, della nota fabbrica fasanese di anfore e di una lucerna ad olio tipo “Loeschke IX” con sigillo dell’officina Fortis. “Posso asserire in definitiva che questi – così Alksandra Pajić – non erano sicuramente spazi privati ma ambienti pubblici a tutti gli effetti, aperti verso l’area portuale. Gli scavi successivi, che già ci fanno imbattere in un infinità di strati culturali sovrapposti, riusciranno sicuramente a raccontare di più”.

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