Ricordare, imparare e non ripetere mai più

«Volevo solo vivere». Un percorso didattico integrato negli spazi della SEI Gelsi in vista del Giorno della Memoria, che ricorre il 27 gennaio. «L’Olocausto non va dimenticato», è stato il fil rouge dell’evento

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Ricordare, imparare e non ripetere mai più
L’insegnante Katica Dessardo con i ragazzi. Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Volevo solo vivere. È stato intitolato così il percorso didattico integrato, tenutosi negli ambienti della SEI Gelsi e al quale hanno preso parte gli alunni della VII e VIII classe. Un percorso di studio, ideato dall’insegnante di religione cattolica, Katica Dessardo, il cui obiettivo è stato sensibilizzare i ragazzi verso le tematiche della tolleranza, verso la riflessione su temi quali la Shoah e l’antisemitismo, ma non solo. Il tutto in vista del 27 gennaio, Giorno della Memoria, ricorrenza internazionale. Un’occasione, come rilevato dall’insegnante, per presentare agli alunni quanto affermò Primo Levi: “Se è accaduto, può di nuovo accadere”. Un momento, inoltre, per renderli consapevoli dei fatti, in modo che avvenimenti simili non si ripetano. “Avevo presentato questo progetto qualche anno fa, per la I classe delle SEI Gelsi e San Nicolò, perché reputo che sia molto meglio organizzare una giornata integrativa con più ore scolastiche dedicate a questo tema, di quante non ne siano previste dal curricolo nelle lezioni di storia – ha spiegato Katica Dessardo –. Il titolo del percorso prende spunto dal nome del documentario che i ragazzi hanno avuto occasione di vedere in mattinata. È stata presentata loro soltanto una parte del documentario, ovvero quella che racconta la vita degli ebrei prima dei successivi tragici eventi e fino al loro arrivo nei lager, perché volevamo far vedere che non ci sono differenze tra le persone, siano esse ebree, tedesche o italiane. Erano persone che svolgevano gli stessi lavori, condividevano la vita di ogni giorno. L’arrivo nei lager fa capire il processo voluto dai nazisti, con il quale hanno saputo togliere ogni dignità alle persone, disumanizzandoli a tal punto da non essere più in grado di porre resistenze. In seguito, i ragazzi sono stati invitati a rispondere a una serie di domande e poi a dividersi in gruppi dove hanno trattato il tema attraverso varie ore di lezione, ovvero lingua croata, italiana e inglese, storia e religione. Hanno discusso delle giornate nel campo di concentramento, preparato delle scenette prendendo spunto dai film ‘La vita è bella’ e ‘Il bambino con il pigiama a righe’. Poi c’è stata anche la visione del filmato ‘Cronache da Auschwitz’, che tratta la storia d’amore tra un giovane polacco e una ragazza ebrea che purtroppo vengono uccisi mentre tentano di scappare. Durante il laboratorio di italiano e croato è stato invece creato un glossario con i termini meno conosciuti. A fine giornata i gruppi si sono riuniti e hanno presentato il lavoro svolto nei laboratori. Per quanto riguarda invece le mie lezioni di religione, ho deciso di far conoscere loro, nei prossimi giorni, la Comunità ebraica a Fiume e la Sinagoga dove ci accoglierà la prof.ssa Rina Brumini”.

Serietà e compostezza
I ragazzi hanno seguito con grande interesse il documentario e sono stati molto attivi, rispondendo alle varie domande. “Sono rimasta piacevolmente sorpresa della loro serietà e sensibilità dimostrata riguardo a questo delicato argomento. Hanno capito che il tema dell’Olocausto è molto difficile da trattare e di conseguenza si sono comportati in modo consono. Sono stati molto presi dal tema, in particolar modo quando si parlava dell’arrivo nei lager e hanno partecipato con molta serietà”, ha spiegato Katica Dessardo, sottolineando il suo auspicio di riuscire a trovare dei finanziamenti con cui organizzare un viaggio fino alla Risiera di San Sabba a Trieste, il campo di concentramento più vicino alle nostre parti.

Un tema da trattare più spesso
Di quanto siano stati coinvolti nel tema e colpiti da quanto appreso, ce l’hanno raccontato gli stessi alunni dell’VIII classe. “Ero a conoscenza del tema relativo all’Olocausto, forse più degli altri ragazzi – ci ha spiegato Vito –, per il fatto che ho dei familiari che sono sopravvissuti nei campi di concentramento, non ad Auschwitz, ma in Croazia e in due campi in Italia, ovvero mia bisnonna, sua sorella e mia nonna. Quando sono poi state liberate, sono state trasferite in Egitto. La bisnonna è ancora viva, ha 86 anni, e ci ha raccontato di com’era la loro vita. Non erano ebree, ma sono state rinchiuse per motivi politici. Il tema che abbiamo trattato è molto difficile, specialmente se non si capiscono gli eventi. La storia vista mi ha commosso particolarmente. Penso che servirebbe parlare molto di più e organizzare più progetti simili affinché la storia non si ripeta mai più”.
Anche Đenka reputa che il percorso integrativo sia stato molto utile. “Non ho mai sentito, però, delle testimonianze in prima persona e credo che senza queste lezioni non avrei avuto occasione di scoprire tutti questi dettagli”, ha dichiarato per il nostro quotidiano.
Lara ci ha raccontato, invece, che anche la sua bisnonna era stata internata in un lager e di avere sentito da lei tante testimonianze. “Sono a conoscenza di alcuni fatti, ma guardando il documentario mi sono resa conto dell’inferno che queste persone hanno vissuto. Con il passare degli anni purtroppo non abbiamo imparato molto, dato che casi simili accadono anche al giorno d’oggi”, ha detto Lara.
Niko ha trovato il progetto molto interessante. “Penso che temi del genere debbano venir trattati in tutte le classi, perché tutto quello che è successo è terribile. Il solo fatto di sminuire una persona perché di razza diversa non ha alcun senso”, ha affermato.
Nino ha imparato quanto sia stato difficile vivere in quel periodo. “È stato molto commovente per me ascoltare queste testimonianze. Noi ci preoccupiamo di cose inutili, mentre ci sono state persone che hanno perso intere famiglie e so che cosa significa perché anch’io ho perso un mio caro e la tristezza è immensa”, ha concluso.
Alla giornata integrativa hanno partecipato i docenti Jenny Chinchella, Ksenija Benvin, Soraya Matulja Sošić e Albert Merdžo.

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