Croazia, negozi: domenica libera, sì trasversale

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Croazia, negozi: domenica libera, sì trasversale
Foto: Davor Javorovic/PIXSELL

Le modifiche alla Legge sul commercio che prevedono la chiusura domenicale dei negozi – eccezion fatta per sedici domeniche all’anno a scelta dei commercianti – hanno suscitato polemiche a non finire negli ultimi giorni. Inevitabilmente anche il dibattito al Sabor ieri pomeriggio sul progetto di legge presentato dal governo è stato molto vivace. Il ministro dell’Economia e dello Sviluppo sostenibile, Davor Filipović, ha difeso a spada tratta il provvedimento, affermando che la chiusura domenicale dei negozi non porterà né a licenziamenti, né a un crollo dell’attività economica e men che meno a scenari catastrofici. Anzi, tutto il contrario.

Shopping al venerdì e al sabato

Le modifiche di legge, secondo il ministro, rafforzeranno l’economia nazionale. La prassi di altri Paesi in cui vige la chiusura domenicale dei negozi, come ad esempio l’Austria, la Germania, il Belgio e la Francia, dimostra, sempre secondo Davor Filipović, che le entrate e il numero dei dipendenti sono destinati ad aumentare, in quanto lo shopping si trasferisce ad altre giornate della settimana, in particolare al venerdì e al sabato. Il ministro ha aggiunto che ad attaccare la proposta governativa sono spesso quelle catene commerciali straniere proprietarie di empori in Croazia, nei cui Paesi di provenienza vige il divieto di apertura domenicale dei negozi. Davor Filipović ha pure sottolineato che la nuova più rigida regolamentazione del lavoro domenicale innalzerà la qualità della vira, in quanto circa 118mila dipendenti del comparto commerciale avranno più tempo libero a disposizione che potranno trascorrere in famiglia con i loro cari.

Meglio le briciole che niente

Ad appoggiare le nuove soluzioni in aula oltre all’HDZ sono state anche le principali formazioni di sinistra, secondo le quali, per quanto si tratti di briciole concesse ai lavoratori, sono sempre meglio di niente. Quindi dalle file del centrosinistra critiche sì alla proposta di legge per come è formulata, con tutti i possibili dubbi che questa pone, ma appoggio comunque all’idea che la domenica non si lavori.
Tra le file dell’opposizione non sono mancati in ogni caso dei deputati che hanno ammonito che la legge potrebbe essere bocciata dalla Corte costituzionale, la quale già in passato aveva cassato soluzioni simili. Altri parlamentari hanno avvertito che le norme proposte impongono limitazioni troppo selettive, perché se da un lato negozi e panetterie dovranno rimanere chiusi, potranno comunque aprire i battenti la domenica ad esempio le rivendite annesse ai distributori. Inoltre nulla garantisce, sempre secondo l’opposizione, che i datori di lavoro possano costringere i dipendenti a lavorare comunque la domenica ad esempio nei magazzini per effettuare le consegne di merci che vengono acquistate online.

Si parte il 1º luglio

Le polemiche, dunque si sprecano. In ogni caso è evidente che al Sabor esiste una maggioranza trasversale, molto netta, favorevole all’approvazione della nuova legge che dovrebbe entrare in vigore il 1º luglio. Se tutto andrà per il verso voluto dal governo, pertanto, in futuro i negozi rimarranno aperti per 16 domeniche all’anno – in prevalenza, si suppone, d’estate e alla vigilia delle principali festività – mentre resteranno chiuse per altre 37 domeniche. A meno che la Corte costituzionale alla fine, come già fatto diversi anni addietro, non azzeri tutti gli sforzi del legislatore perché “discriminatori”, in quanto comunque diverse rivendite rimarranno aperte, magari sotto mentite spoglie, come quelle alle stazioni di servizio. Eppure anche in quel caso, agli occhi degli elettori, le forze sia di maggioranza che di opposizione potranno dire di aver fatto il possibile per venire incontro ai dipendenti, anzi in maggioranza alle dipendenti, del settore commerciale. Probabilmente non per niente il dibattito in aula si è svolto nella data simbolica dell’8 marzo…

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