Ivano Srdoč: «Fatico ancora a crederci»

Studente della SMSI di Fiume e attaccante del Rijeka, ha segnato due gol alla Dinamo nella finale di Coppa Croazia allievi

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Ivano Srdoč: «Fatico ancora a crederci»
Ivano Srdoč festeggiato dai compagni dopo uno dei due gol segnati in finale alla Dinamo. Foto: HNK RIJEKA FACEBOOK

Nella recente parentesi di Coppa Croazia c’è stato anche un Rijeka che ha festeggiato. Se a Spalato la squadra seniores si è fatta battere dall’Hajduk, poco distante, ovvero a Dugopolje, gli allievi di Hrvoje Stilinović hanno alzato ai cielo il trofeo battendo per 4-1 in finale la Dinamo. Un successo tanto strepitoso quanto meritato, con una figura centrale: il 17.enne Ivano Srdoč, attaccante esterno e studente, indirizzo generale, alla SMSI di Fiume. Suoi i due gol, nell’arco di quattro minuti (64’ e 68’), che hanno ribaltato il passivo e indirizzato poi il match per il verso sperato. Ivano è reduce da una stagione condizionata dagli infortuni e quanto successo a Dugopolje è forse un segno del destino, quel qualcosa che lo spingerà a tornare ancora più forte di prima. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare quella meravigliosa mattinata, rimanendo subito colpiti dalla maturità e dal modo di ragionare di questo giovanotto dal grande potenziale tecnico, ma soprattutto (e ce lo conferma anche chi lo conosce al di fuori dal pianeta calcio) un ragazzo che sa usare sia i piedi che la testa, e non soltanto in senso sportivo.

Ivano con la medaglia destinata ai vincitori della Coppa Croazia.
Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Che effetto fa aver vinto la Coppa e soprattutto deciso la finale con due gol e un assist?
“Qualcosa di straordinario. Durante e dopo la partita ero un in una specie di trans agonistico. Le emozioni hanno fatto sì che non mi ricordassi bene di tutto quanto è successo quel giorno. Direi che è stato sicuramente fin qui il più bel momento della mia carriera di calciatore. Soltanto nei giorni seguenti ho iniziato a realizzare che cosa abbiamo fatto la squadra e il sottoscritto. Mi pare che la formazione allievi del Rijeka non abbia vinto la Coppa Croazia da una ventina d’anni e anche per questo motivo siamo così orgogliosi di questo successo”.

La partita dal tuo punto di vista?
“Nel primo tempo abbiamo giocato davvero bene e dovevamo passare in vantaggio. Diciamo che un 2-1 a nostro favore all’intervallo sarebbe stato del tutto reale. Quei 45 minuti ci hanno comunque fatto capire che l’impresa sarebbe stata possibile, che potevamo farcela ad aggiudicarci il trofeo. A inizio ripresa abbiamo avuto qualche difficoltà nel contenere la Dinamo, incassando anche il gol dello svantaggio. Poi, complice anche qualche sostituzione, abbiamo ritrovato il carattere e ribaltato il risultato. Ho segnato due gol, il che ci ha dato morale. Direi che in quei momenti tutti abbiamo dato il doppio, tirato fuori le energie che ci rimanevano”.

Sapevate che di fronte c’era la Dinamo, campione nazionale e di gran lunga la squadra più forte visti anche gli oltre 30 punti di distacco sul Rijeka. In tutta sincerità, credevate nell’impresa?
“Sì, perché uno sportivo è obbligato a farlo. Ci credevamo in quanto eravamo anche consapevoli dei progressi che stavamo facendo nelle ultime settimane. A Zagabria ad esempio la Dinamo ci aveva massacrato per 5-0, mentre al ritorno a Fiume abbiamo sì perso 3-1, ma immeritatamente. Memori di quella gara, sotto sotto confidavamo nella possibilità di batterli. Intorno a noi c’era forse poca fiducia, il che ci ha dato una forza di volontà ancora maggiore. Volevamo vincere per mostrare a tutti il valore del Rijeka”.

Guardando il 4-1 in Coppa agli zagabresi ci si chiede come mai in campionato non avete chiuso tra le prime della classe…
“Abbiamo aperto la stagione davvero male. Il gioco latitava e i risultati non arrivavano. Poi, con il passare del tempo, l’allenatore Stilinović ha dato una ben precisa identità alla squadra e le cose hanno iniziato a migliorare. Nel girone di ritorno, complice anche il rientro di qualche giocatore infortunato, abbiamo dato prova delle nostre qualità fino a qualificarci alla finale di Coppa Croazia e poi vincerla”.

Tra i giocatori infortunati c’eri purtroppo anche tu.
“Sì, sono rientrato alla fine del girone autunnale dopo un problema al ginocchio. Ovvio che non ero al massimo e che mi serviva del tempo per recuperare in pieno. Poi mi sono infortunato nuovamente, vedendomi costretto a un mese e mezzo di stop. Sono rientrato giusto in tempo per la finale di Dugopolje, con appena due allenamenti nelle gambe. Visto che ho poi segnato due gol direi che non poteva esserci migliore rientro di questo. Avevo dentro di me una voglia matta, quasi indescrivibile, di strafare. Quando sono subentrato nella ripresa ho dato tutto ciò che avevo. A fine gara ero talmente stanco che non riuscivo a trovare nemmeno la forza per celebrare la vittoria”.

Speranze per la prossima stagione?
“Prima di tutto quello di restare sano. Per un po’ basta con gli infortuni. Voglio soltanto giocare a calcio. Quando c’è la salute arrivano anche le altre cose, ovviamente a patto di lavorare sodo. Io non mi tiro certo indietro. Le prossime due o tre stagioni saranno importantissime per il prosieguo della mia carriera”.

Chi è Ivano Srdoč? Raccontaci un po’ la tua carriera, le passioni, il personaggio…
“Da piccolo la mia passione era il tennis. All’età di 4 anni giocavo con papà. Da quando ho visto però il pallone di calcio tutto è cambiato. Ho iniziato ad allenarmi a Zamet, dove vivo da sempre, ma nessuno voleva prendermi. Poi, ai tempi della prima elementare, sono passato alla scuola calcio Torretta. Lì sono maturato un po’ come giocatore, quanto è bastato per ricevere l’invito da parte del Rijeka per vedermi all’opera. Ed è andata bene. A casa i miei pensavano che si trattasse soltanto di una passione… passeggera, ma non è stato così. Con il tempo hanno capito che avevo talento e hanno approvato pienamente la mia scelta. Li ringrazio per l’incoraggiamento che mi hanno dato e che continuano a darmi. Non sono stati comunque anni facili, anche perché già allora avevo qualche infortunio di troppo, come quello al gomito rimediato durante una partita. Poi è stato il turno della gamba…”.

Che ruolo prediligi in campo?
“Senza dubbio quello di attaccante destro. Nel corso degli anni mi sono ormai abituato a questa posizione”.

Pregi e difetti?
“Sono veloce e bravo nella profondità, mi piace attaccare gli spazi. D’altra parte, anche se sono piuttosto alto dovrei migliorare nel gioco aereo. Stesso discorso anche per quanto riguarda la tecnica di corsa. Lo faccio in modo sbagliato e da qui forse anche qualche infortunio di troppo”.

Cambiamo argomento. Che ne dici della stagione del Rijeka, di quello “vero”?
“Onestamente mi aspettavo qualcosa in più. A inizio stagione ero ottimista, credevo nella squadra. Confidavo molto proprio nella possibilità di vincere la Coppa. Invece è andata male. Vero che si giocava al Poljud, ma qualcosa in più si doveva comunque fare. Non era il vero Rijeka, sin dall’inizio di partita si capiva che non sarebbe stata la serata giusta. Pazienza, sarà per il prossimo anno. In quanto al campionato, c’era forse poca continuità di rendimento. Troppi i punti persi con le ‘piccole’, il che indica un problema mentale. Ma è successo anche a noi”.

Segui il calcio italiano?
“Sì. Il Milan ha vinto il campionato e mi fa piacere visto che mi ritengo un simpatizzante dei rossoneri. Non il classico tifoso, bensì qualcosa di più soft. In pochi se l’aspettavano, anche perché non è una squadra ricca di campioni. Però il trionfo è del tutto meritato. Sono felice per Ibrahimović, un campione in tutti i sensi”.

I tuoi idoli, qualcuno a cui ti ispiri?
“Per me Leo Messi è il numero uno al mondo. Mi piace Sergio Aguero, mentre mi ispiro a Gareth Bale: è fisicamente potente e veloce”.

Un messaggio ai coetanei e ai giovani in generale…
“Il lavoro paga, sia nel calcio che nella vita. Ma bisogna anche sapersi divertire. Il calcio, nel suo piccolo, è prima di tutto divertimento e piacere. Un giovane non deve privarsi di nulla, ma entro certi limiti. C’è bisogno di trovare la giusta misura per poter allo stesso tempo giocare a calcio, studiare e divertirsi. Vale per me, ma credo anche per tanti altri”.

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