Vestirsi di ROSSO per contrastare la malattia

La Regione litoraneo-montana, in collaborazione con il Centro clinico-ospedaliero di Fiume, ha organizzato un evento volto a sottolineare l'importanza della prevenzione dell'ictus cerebrale nelle donne

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Vestirsi di ROSSO per contrastare la malattia
Il supporto dei familiari e degli amici è fondamentale, soprattutto nella fase riabilitativa. Nelle foto sopra, quattro delle “sopravvissute” che hanno partecipato alla serata, sfilano in passerella

“Oggi vestiamo rosso”. Questo il titolo dell’evento organizzato dalla Regione litoraneo-montana in collaborazione con il Centro clinico-ospedaliero, svoltosi a inizio febbraio nella splendida cornice della Sala dei marmi del Museo di Marineria e Storia del Litorale croato di Fiume in occasione, appunto, della Giornata dei vestiti rossi. Una ricorrenza volta a sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema dell’ictus cerebrale nelle donne e per offrire supporto a tutte coloro che dopo avere superato la malattia, hanno ricominciato a vivere normalmente. La manifestazione, che viene celebrata (il primo venerdì di febbraio) a livello internazionale e che in Croazia viene organizzata dalla Società nazionale di neurologia, nel capoluogo quarnerino quest’anno è stata ricordata per la quinta volta consecutiva. Tanti i partecipanti che hanno preso parte all’evento, con l’obiettivo di sottolineare che, ancor sempre, nonostante le statistiche non tanto rosee, la patologia in sé spesso non viene considerata con la dovuta serietà. Purtroppo, invece, al giorno d’oggi abbiamo donne che vengono colpite da ictus cerebrale due volte di più in rapporto, ad esempio, al tumore al seno, che è anch’esso una delle cause più ricorrenti di morte tra il gentil sesso. La Regione, in collaborazione con il CCO, è stata la prima a livello nazionale a organizzare tutta una serie di programmi di prevenzione, sia per le donne che per gli uomini, grazie ai quali l’incidenza dei casi di decesso è stata ridotta sensibilmente.
Dai dati forniti dal CCO di Fiume, scaturisce che le malattie vascolari e cardiocircolatorie sono oggi la causa principale dei decessi nelle donne. Anche se l’incidenza è in calo, grazie ad azioni di prevenzione, rimane pur sempre altissima. Infatti, ogni settima donna viene colpita dal cancro, mentre le malattie cardiovascolari ne colpiscono ogni seconda. Il quadro clinico, inoltre, si differenza sensibilmente tra le donne e gli uomini. Di solito nelle donne le cause sono legate allo stress, all’ansia e alle varie malattie autoimmuni, che poi portano spesso al decesso.
Sintomi diversi da quelli degli uomini
Un ruolo molto importante, per chi viene colpito dall’ictus, lo giocano le persone che si trovano vicino nel momento in cui la persona ne avverte i sintomi. Come spiegato dalla dott.ssa Vladimira Vuletić, a capo della Clinica di neurologia del CCO fiumano, l’importante è capire che si tratta di ictus, motivo per cui sono stati organizzati anche degli incontri nelle scuole elementari, dato che spesso ci sono anche dei bambini piccoli, che magari vengono accuditi dai nonni, e a cui bisogna spiegare come chiamare il Pronto soccorso se i loro cari vengono eventualmente colpiti da questa patologia mentre sono assieme. “I sintomi principali sono dolori alla testa atipici, insonnia, intorpidimento degli arti o della faccia, singhiozzo, problemi con la vista o di comunicazione. Le donne comunque hanno dei sintomi diversi dall’uomo, che possono includere malumore o tachicardia. Purtroppo, spesso lasciano perdere e non reagiscono in tempo e invece una visita medica in casi come questo potrebbe risultare di fondamentale importanza. Per tale motivo, con la Giornata dei vestiti rossi vogliamo puntare su quanto sia essenziale la prevenzione, in particolar modo in ambito femminile. È un dato di fatto che l’80 p.c. dei casi può venir curato se trattato per tempo. Lo stesso discorso vale per la riabilitazione”, ha affermato la dott.ssa Vuletić, la quale ha partecipato all’evento assieme ai medici David Bonifačić, Lovro Tkalčić e alla psicologa Ines Torić.
Come dive
A rendere di persona le rispettive forti testimonianze, sono state Đudita Franko, Agneza Kiković, Kristina Paravić, Sandra Erceg, Marjana Ratkić, Katarina Kiš Badurina, Lidija Jovanović e Dubravka Cetinski, otto donne coraggiose che, dopo esser state colpite da un ictus, sono riuscite a riprendersi quasi del tutto, e che in occasione del suddetto evento nella Sala dei marmi, hanno sfilato su un tappeto rosso, come delle vere dive, accompagnate dal designer che ha creato i loro vestiti, tutti rigorosamente di colore rosso. Non è stato facile per loro, non essendo abituate a essere al centro dell’attenzione, parlare davanti a una platea della loro vita privata e dei momenti più bui che hanno vissuto, sia loro stesse che i rispettivi familiari. Quelle che abbiamo avuto modo di sentire da parte loro, avendo noi stessi partecipato alla serata in veste giornalistica, sono state delle testimonianze cariche d’emozione.
Il caso ha voluto che Agneza Kiković venisse colpita da questa subdola patologia proprio nella Giornata mondiale dell’ictus cerebrale, il 29 ottobre 2022, durante una cena di lavoro. “Avevo mal di testa tutta la sera, tanto che ho preso due antidolorifici. Una volta salita in macchina, mi sono però sentita male, dopo di che non ricordo più nulla. Ad aiutarmi è stato un uomo che passava di là per caso e che ha notato il mio malore. Non ho idea in che modo io sia riuscita a dargli il numero di telefono di mio marito. Il resto è storia”, ha raccontato Agneza, che in seguito all’ictus è diventata ipovedente.
Đudita Franko, ex preside del Primo ginnasio croato di Sušak, anch’essa una delle sopravvissute, prima di avere un attacco aveva notato un qualcosa di strano mentre stava seduta per un caffè nel bar vicino alla scuola in cui lavora. “Ho avuto la sensazione che qualcosa si sia spostato nella mia testa. Ho provato ad alzarmi e a muovere le mani, ma mi risultava difficile. Fortunatamente, i miei alunni si sono resi conto che qualcosa non andava e hanno chiamato il Pronto soccorso”, ha raccontato Đudita. Con un trombo nella carotide, la donna era stata trasportata d’urgenza a Zagabria e sottoposta immediatamente a un intervento chirurgico, visto che operazioni di questo tipo, nel 2018, a Fiume non venivano ancora effettuate.
Una patologia subdola
Kristina Paravić ha avuto, invece, un infarto nel 2021. Allepoca aveva 45 anni ed era reduce da un torneo di tennis a Zagabria. Anche se percepiva dei sintomi che avrebbero potuto farle capire che qualcosa non andasse bene, era convinta che fosse una cosa momentanea e che sarebbero presto spariti. “Non immaginavo minimamente potesse trattarsi di un infarto. Non avevo ritenuto necessario interrompere la partita e avevo addirittura vinto. Al termine del match ero andata direttamente al Pronto soccorso, da dove mi avevano immediatamente trasferita in ospedale in quanto era stato appurato che avevo avuto un infarto. Da quel momento è iniziata la mia battaglia. Ora ho tre bypass aorto-coronarici, ma non mi lascio scoraggiare”, ha concluso.
A soli 41 anni, Sandra Erceg è stata colpita da un ictus. È successo nell’ottobre del 2022. “La parte peggiore è quella in cui ti rendi conto che il tuo corpo non reagisce a niente. L’ho avuto mentre in video chiamata stavo parlando con mia figlia. Avevo iniziato a farfugliare in maniera talmente evidente, che lei mi aveva chiesto se avessi bevuto. Io non mi rendevo conto di nulla. Sospettando di che cosa si trattasse, mia figlia aveva immediatamente avvertito il mio compagno, il quale mi aveva accompagnata al Pronto soccorso. Come già spiegato dalla prof.ssa Vuletić, le donne hanno sempre qualcos’altro da fare invece che pensare prima a sé stesse: seppure ammalate, devono per forza lavare, pulire, riordinare casa. Io, quel giorno, non volevo uscire prima di farmi una doccia. Non potevo mica presentarmi in ospedale in quel modo. Non mi rendevo conto del pericolo, perché l’ictus non fa male. Ti colpisce senza fare rumore, in modo subdolo”, ha raccontato Sandra Erceg.
A confermarlo pure Lidija Jovanović, che sentiva per giorni degli strani sintomi, non riconoscendo il pericolo. “Una gamba non rispondeva ai miei ‘comandi’, al punto che mi ero convinta fossi semplicemente imbranata. E invece era soltanto l’inizio. In seguito non riuscivo a controllare nemmeno il movimento delle mani, non riuscivo a parlare e a chiamare aiuto. Non percepivo, però, alcun dolore, a parte il fatto di non riuscire a muovermi”, ha dichiarato.
Katarina Kiš Badurina ha avuto, invece, la sensazione di essere stata colpita da un fulmine. Aveva mal di testa, nausea e non poteva muovere le mani. Fortunatamente suo marito si era accorto di tutto e aveva reagito per tempo.
Vortice di emozioni
Oltre a livello fisico, la malattia può incidere anche sulla psiche: molte donne hanno sensi di colpa, si sentono depresse e vengono catapultate in un vortice di sentimenti che si intervallano. “Non mi sono mai chiesta ‘perché io?’. Ero grata per esser rimasta viva. Non sapevo di essere in terapia intensiva e non capivo perché tutti i medici si dessero tanto da fare. Sinceramente mi sentivo come in un buco nero dal quale non riuscivo a uscire. In seguito ho avuto paura della paura. In me c’erano tantissime emozioni contrastanti”, ha illustrato la sua esperienza Dubravka Cetinski.
Marjana Ratkić ha voluto, infine, sottolineare quanto sia importante rimanere positivi. “Dobbiamo scacciare la parte negativa. Con un approccio giusto, possiamo incidere sul nostro modo di pensare e di reagire, il che ci aiuterà a guarire prima e a ritornare alla vita di sempre. Di grande aiuto, anche il supporto delle persone che ci circondano, che seppure in un primo momento possano un po’ infastidirci con le loro continue attenzioni, il che non aiuta di certo a dimenticare quello che abbiamo vussuto, in realtà risultano essere un supporto fondamentale”, ha concluso Marjana Ratkić.

Testimonianze forti sono state rese nel corso dell’evento tenutosi nella Sala dei marmi del Museo di Marineria e Storia del Litorale croato a Fiume

sono legate allo stress, all’ansia e alle varie malattie autoimmuni, che poi portano spesso al decesso.

 

 

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