San Giusto. Riportata alla luce un’importante parte del passato albonese

Negli spazi del Museo popolare un’esposizione dedicata al patrono cittadino accompagna i visitatori in un viaggio che inizia nel VI secolo

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San Giusto. Riportata alla luce un’importante parte del passato albonese
La chiesa parrocchiale nel centro storico. Foto: TANJA ŠKOPAC

“Siamo rimaste piacevolmente sorprese dalla quantità dei materiali di cui dispone la nostra città, non soltanto di quelli che interessano San Giusto, ma anche per quanto riguarda gli altri Santi”. Così Olja Višković e Stephanie Peršić, curatrici della mostra “Kult Sv. Justa – od simbolike do zaštitnika grada” (Il culto di San Giusto – da simbolo a protettore della città), rispettivamente dirigente del Museo popolare e coordinatrice della Galleria civica, nel soffermarsi sulla loro ricerca svolta per l’allestimento dell’esposizione. Questa è una delle iniziative realizzate nell’ambito del programma delle celebrazioni del 400esimo anniversario dell’inizio della costruzione del campanile nel centro storico, dedicato a San Giusto.

Allestita negli spazi del Museo popolare di Albona riservati a mostre temporanee e inaugurata all’inizio di dicembre, comprende una presentazione di patrimonio mobile e immobile tramite la quale si racconta la presenza del culto di San Giusto a livello locale e non solo. L’esposizione sarà visitabile fino al 1.mo maggio. Tuttavia, come confermato da Renata Kiršić Veselica, direttrice dell’Università popolare aperta di Albona, nell-ambito della quale operano il Museo e la Galleria, anche vista l’importanza del tema e della ricerca eseguita, l’apertura potrebbe essere prolungata.

La riscoperta di un tesoro
Le due curatrice sono rimaste stupite nel momento in cui si sono trovate di fronte a quello che si potrebbe definire un vero e proprio tesoro, che per molto tempo era conservato nel sottotetto della chiesa parrocchiale della Natività della Beata Vergine Maria, aspettando di essere (ri)scoperto dagli intenditori di storia e storia dell’arte e di essere presentato a un pubblico più vasto. Alla fine, ciò è stato fatto con successo dalle due professioniste. “Prima di iniziare la ricerca, pensavamo che avremmo avuto materiale sufficiente per una parte di uno di questi due vani”, ha confermato Olja Višković, parlando delle aspettative che avevano preceduto la “riscoperta” dei preziosi materiali dell’archivio parrocchiale nella soffitta della chiesa, resa possibile dalla collaborazione con l’Ufficio parrocchiale e il parroco Mirko Vukšić.
Non sorprende che la stessa chiesa sia uno degli elementi fondamentali del patrimonio presentato dalla mostra, che, dal punto di vista cronologico, comprende il periodo che va dal VI secolo (al quale si fa risalire, esattamente nel 524, l’”arrivo” del culto di San Giusto da Trieste ad Albona, ovvero delle prime reliquie del Santo) fino ai giorni nostri. La struttura fu costruita per sostituire la chiesa dedicata a San Giusto, con l’edificazione della quale a livello locale iniziò la celebrazione del culto di San Giusto. Lo stesso edificio si trovava nel luogo in cui è situato il campanile, la cui costruzione ebbe inizio nel 1623, e aveva il ruolo di chiesa parrocchiale fino al XIII secolo. Con la crescita della popolazione nell’odierno centro storico di Albona, all’epoca una cittadina i cui confini non andavano oltre la parte centrale del colle con il campanile, si rese necessario costruire una chiesa più grande, che nel corso dei secoli fu ampliata e ricostruita più volte. Nel 1664 quella che all’epoca era la chiesa di Santa Maria Maggiore accolse, accanto alle reliquie giunte da Trieste nel 524, pure quelle di San Giusto arrivate da Roma.
“È interessante il fatto che esistevano diversi Santi dallo stesso nome, distinti in base alle loro origini, agli epiteti e alle feste loro dedicate. Per esempio, queste ultime reliquie appartengono a San Giusto soldato romano martire convertito al cristianesimo che si celebra il 14 luglio. È evidente che in questo modo si uniscono i culti dei Santi con lo stesso nome”, si legge nei materiali della mostra. Ad Albona San Giusto viene celebrato il 2 novembre, mentre a Trieste il giorno successivo.

Dal martirio alla Confraternita
La parte introduttiva della mostra comprende così, tra le altre, le informazioni relative alla vita del patrono di Trieste, il cui corpo, legato a pesi e buttato in mare, fu “miracolosamente trasportato sulla riva dalla corrente”, e a quella del martire romano celebrato il 14 luglio, che si convertì al cristianesimo dopo l’apparizione della croce e della cui vita si conosce poco. Per il primo, nato in una famiglia cristiana ad Aquileia all’epoca degli imperatori romani Diocleziano e Massimiano durante la persecuzione dei cristiani, si specifica che fu catturato e, non volendo rinnegare la propria fede, condannato a morte da Mannaccio. Il suo martirio avvenne il 2 novembre del 303.
I pannelli tramite i quali si viene a conoscenza di questi particolari della vita del martire triestino e di quello romano si trovano accanto al primo oggetto del percorso espositivo che fa parte del patrimonio mobile scelto per l’esposizione, ovvero la bandiera della Confraternita della Beata Vergine del Rosario di Pompei del 1896. Seguono, in una vetrina, i materiali che raccontano la fondazione e l’inizio delle attività della Confraternita di San Giusto Martire, la cui costituzione risale al 1673, ovvero all’anno in cui entrò in vigore lo Statuto del sodalizio contenuto nel volume intitolato “San Giusto Martire Santo Corpo, Libro Primo”. Come traspare dal contenuto scritto preparato per l’esposizione, oltre a regolare il modo in cui venivano iscritti i membri e le elezioni del dirigente, lo Statuto definiva pure le regole per la manutenzione dell’altare con le reliquie di San Giusto in quella che è oggi la chiesa della Natività della Beata Vergine Maria. Una delle regole era anche quella legata al numero di soci e socie: nel caso dei primi, non potevano essere ammesse più di 40 persone, mentre il numero delle donne, consorelle, “poteva essere indefinito”.

Sergio e Bacco
Lo Statuto fu confermato il 1º settembre del 1673 dall’arcidiacono Tommaso Battiala, uno dei membri della storica famiglia albonese alla quale apparteneva il palazzo in cui oggi opera il Museo popolare di Albona. Il suo nome si lega a un altro documento esposto in questi giorni al Museo, l’Inventario delle reliquie esistenti nella chiesa di Santo Stefano Protomartire, ovvero nella struttura che ormai da anni viene utilizzata come spazio espositivo nell’ambito di eventi promossi dalla Città. Nella lista, stilata dallo stesso componente della famiglia Battiala-Lazzarini e completata nel 1849 da Antonio Scampicchio (discendente della famiglia alla quale nel 1582 fu approvata la costruzione di un passaggio pensile tra il suo palazzo e la chiesa parrocchiale), si menzionano pure frammenti d’osso di San Giusto Martire. Le reliquie del Santo conservate, comprese quelle trasportate nel 1859 da Trieste, sono visibili nelle fotografie esposte in questi giorni al Museo.
Tra le reliquie citate nell’elenco in parola ci sono pure quelle di San Sergio, un altro patrono di Albona, al quale fu intitolata una chiesa che si trovava nel luogo in cui oggi è situata la sede della Città di Albona e il cui culto venne adottato ad Albona con l’arrivo della Serenissima, quando l’iconografia di San Giusto si avvicinò alla coppia dei Santi Sergio e Bacco. Come hanno spiegato anche le curatrici della mostra, San Sergio viene spesso rappresentato assieme a San Giusto, mentre un esempio ne è la pala d’altare esposta nella sala in cui inizia il percorso espositivo, nella quale San Giusto, con addosso l’armatura romana, oltre ad avere il gonfalone, regge il modello della città di Albona, simile a come viene raffigurato il martire a Trieste. “Ad Albona, Sergio si unisce al già esistente culto di San Giusto, il quale assume l’aspetto di un soldato romano”, si legge nei materiali della mostra.

Conservare per il futuro
Sempre per quanto riguarda i lavori pittorici, grazie alla collaborazione con il Museo storico e navale dell’Istria e con le curatrici Sunčica Mustač e Katarina Procedić, nella mostra è stato inserito pure un ritratto di Tommaso Battiala. L’opera è appesa vicino a un ombrellino processionale e alla vetrina con vari registri di “messe e vesperi, cantate per obbligo della Fraternità del Venerando Capitolo d’Albona” del ‘700, ossia risalenti anche al periodo dal 1762 al 1796, in cui, sempre secondo i dati resi noti nell’ambito della mostra, nella zona albonese si contavano 21 confraternite. Lo scioglimento di questi sodalizi iniziò nella metà dello stesso secolo per proseguire fino all’inizio dell’800, quando, con l’arrivo dell’amministrazione francese, si sciolsero le ultime rimaste. La Confraternita di San Giusto smise di operare dopo l’entrata in vigore di un decreto del 26 aprile 1806 in base al quale l’Ufficio per la proprietà statale reale confiscò i beni dello stesso sodalizio.
Per le esigenze della mostra è stata pulita una statua di San Giusto della seconda metà dell’800 per la quale si suppone essere stata parte dell’altare della Trasfigurazione di Gesù, della cui manutenzione si occupavano la Confraternita di San Giusto e quella del Santissimo Salvatore. A effettuare i relativi lavori, che hanno interessato pure le due sculture poste accanto a quella di San Giusto, è stata Osanna Šašinka. Le altre due opere raffigurano San Liborio o San Biagio e Santa Domitilla o Sant’Agnese: purtroppo, a causa dei danni subiti dalle statuette non è possibile individuare con certezza il Santo e la Santa rappresentati.
“Spero che con uno sforzo da parte di tutte le istituzioni coinvolte riusciremo ad assicurare le condizioni per conservare in modo adeguato il materiale, soprattutto le sculture lignee e i manoscritti, perché si tratta innanzitutto del patrimonio albonese, che è pure istriano e croato, ma non solo, visto che i materiali risalgono all’epoca della Serenissima”, ha dichiarato Stephanie Peršić, sottolineando la necessità di rendere possibile anche un vero e proprio restauro di quelle che ha definito “rarità” ai piedi del campanile di San Giusto. Quest’ultimo è stato “portato” al Museo, come la cattedrale triestina e la chiesa di Gallesano dedicate allo stesso santo, tramite una fotografia, di fronte alla quale si trova anche un modello tridimensionale della struttura.

Un’iniziativa molto valida
Nel soffermarsi per il nostro giornale sull’importanza dell’esposizione, il professor Tullio Vorano, storico e già dirigente del Museo popolare di Albona, ha detto che con la mostra sono state colmate tutte le lacune presenti da tempo nel contesto del patrimonio riguardante il Santo e si è riusciti a recuperare una parte della storia del culto di San Giusto e di Albona. “L’esposizione è davvero molto valida anche per il fatto che sono intervenute molte persone, specialisti nel loro campo, ad altissimo livello professionale. Davvero merita visitarla e conoscere a fondo tutte le vicissitudini di questo nostro San Giusto”, ha concluso.
Un ringraziamento degli organizzatori è andato a tutti i collaboratori. Oltre alle esperte menzionate, hanno contribuito pure Toni Ivetić e Biserka Budicin, che hanno assistito le curatrici nell’interpretazione dei manoscritti, mentre Oleg Morović si è occupato dell’identità visiva. Della correzione linguistica dei testi in croato si è occupata Roberta Pulić. Hanno tradotto il contenuto in italiano e in inglese rispettivamente Antonela Pamić e Karla Golja Milevoj. Gli altri collaboratori sono Marina Rajšić, Mateo Gobo, Ivo Puniš e Milan Negovanović, come pure le ditte “Asap”, “3D Kucin” e “Grafika Režanci”. Hanno sostenuto la mostra il Ministero della Cultura e dei Media della Repubblica di Croazia e la Città di Albona.

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