Pulizie primaverili ai quadri dell’MMSU

La conservatrice e restauratrice Duška Sekulić Ćiković ha tenuto al Museo fiumano una «Clinica di restauro» illustrando ai presenti le tecniche di pulitura per ridare alle tele lo splendore originale

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Pulizie primaverili ai quadri dell’MMSU
Duška Sekulić Ćiković durante il laboratorio. Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

I quadri nei musei vengono esposti così come sono, incorniciati ma senza il vetro che protegge le tele dagli influssi atmosferici. Il riflesso del vetro, infatti, preclude la visione della tela così com’è stata realizzata dall’autore. A lungo andare, però, indipendentemente dalle condizioni in cui vengono conservati i dipinti, sulle tele si deposita uno strato di polvere e altre impurità, che devono venire rimosse regolarmente. Il Museo di Arte moderna e contemporanea (MMSU) di Fiume, ha organizzato una “Clinica di restauro” nel corso della quale la conservatrice e restauratrice Duška Sekulić Ćiković ha spiegato e dimostrato come e perché è necessario pulire le superfici dei quadri. Il pubblico presente ha ascoltato con attenzione l’intervento e poi ha avuto modo di intervenire su alcune delle tele esposte in seno all’esibizione “Dov’è il posto della donna”, usando un cotton fioc intriso di acqua distillata o speciali solventi, a seconda del colore usato.

Tutela del patrimonio culturale
“Con questa mostra abbiamo voluto mostrare ai cittadini una parte del nostro fondo che solitamente viene conservato nel nostro magazzino – ha spiegato Duška Sekulić Ćiković –, ma allo stesso tempo abbiamo voluto risvegliare nei visitatori una consapevolezza del bisogno di tutelare il nostro patrimonio culturale, conservarlo e restaurarlo, considerando anche che una parte dei quadri fa parte di collezioni private. Una parte dei nostri consigli, infatti, può venire applicata anche per quanto riguarda i quadri che teniamo in casa. Quando decidiamo di allestire una mostra dobbiamo scegliere i dipinti che verranno esposti, valutare in quali condizioni versano e prepararli per l’incontro con il pubblico. La mostra ‘Dov’è il posto della donna’ è stata realizzata in un arco di tempo relativamente breve e dato che il tema trattato è vicino al femminismo e al ruolo della donna, ho pensato bene di parlare di pulizia nel corso di questo laboratorio. Le faccende di casa, tra cui la pulizia, infatti, storicamente venivano considerate prerogativa delle donne, accanto alla maternità e all’educazione dei figli”.
La curatrice ha aggiunto che nel laboratorio di restauro non ha voluto limitarsi a parlare di pulizia come la consideriamo noi, ma ha voluto assumere piuttosto un approccio legato alla filosofia orientale, che la considera una riduzione di tutte le cose superflue per giungere all’essenza delle cose. L’autenticità celata sotto uno strato di impurità ci permette di riflettere su ciò che noi stessi teniamo celato dentro di noi.

Individuare e rimuovere le impurità
Duška Sekulić Ćiković ha dichiarato che i visitatori presenti non si limiteranno ad ascoltare passivamente la sua lezione, ma dovranno prendere delle decisioni e intervenire sulle tele in mostra. Il Museo di Arte moderna e contemporanea, come dice il nome stesso, è un museo che conserva ed espone soprattutto quadri recenti e che dunque non presentano spesso strati di impurità o almeno non quanto altri musei di carattere tradizionale.
“Nell’MMSU non abbiamo tanti dipinti con diversi strati di lacca, come succede in altri musei – ha illustrato –. La lacca è problematica perché con gli anni ingiallisce e dà una patina scura al quadro. Però abbiamo problemi di altro tipo legati soprattutto alla contaminazione da nicotina o fumo di stufe a legna, nonché ad interventi sulle tele che non erano previsti dall’autore e che dunque devono venire individuati e rimossi”.
Alla “Clinica di restauro” dell’MMSU era presente anche la dottoressa Ana Alebić, la quale è non solo scienziata e chimica, ha lavorato all’Istituto di salute pubblica e alla Facoltà di Medicina, ma si è occupata da vicino anche di analisi chimica delle impurità rinvenute sulle tele. Sekulić Ćiković ha spiegato di aver collaborato con Alebić nel 2003, anno in cui è stato fatto uno studio che ha riguardato l’analisi di tutta una serie di campioni presi dalle tele dei dipinti. I risultati pionieristici di questa importante ricerca sono stati presentati in Inghilterra, a una conferenza prestigiosa, e hanno rappresentato per moltissimi anni oggetto di studio e dibattito tra i professionisti. Soltanto ora, a venti anni di distanza, analisi di questo tipo vengono fatte anche da altri laboratori a livello mondiale.

Occhio al fai da te
“Ogni intervento su un’opera d’arte è un momento chiave che ci permette di ottenere delle informazioni su tale opera – ha continuato l’esperta –. Innanzitutto dobbiamo tener conto della composizione dei colori. Se si tratta di colori ad olio possiamo ripassare la tela con l’acqua distillata, ma in alcuni casi i colori possono essere delicati e allora dobbiamo usare dei solventi speciali di cui non vorrei fare il nome per evitare che qualcuno decida di ‘ripulire’ i propri quadri danneggiandoli. Dopo aver passato il solvente e aver rimosso le impurità, ripassiamo l’area con un po’ di ovatta umida per rimuovere i resti di solvente e evitare che con il passare del tempo penetri in profondità nel colore”. Il gruppo di volontari ha cercato di ripulire un dipinto di Sonja Kovačić Tajčević, che raffigura una madre che sta allattando il suo bambino, ma non ha riscontrato alcuna impurità. Successivamente la curatrice ha rivelato che il quadro era già stato ripulito per ridargli lo splendore originale. Uno strato notevole di sporco, però, è stato registrato sul quadro del nostro connazionale, Romolo Venucci, che sicuramente verrà trattato in futuro dagli esperti, anche perché la tela presenta dei danni che rendono difficoltoso il lavoro di pulizia. Un altro quadro che ha mostrato una quantità non indifferente di impurità è stato quello di Miljenko Stančić.

Gli interventi sui dipinti
Duška Sekulić Ćiković ha spiegato che a volta è necessario rimuovere degli interventi che sono stati fatti sulle tele per ricoprire alcune parti, sia che si tratti di danni subiti, che del desiderio di modificarne l’aspetto. Questa pratica era molto popolare negli anni Trenta e Quaranta con l’inizio dei sequestri dei beni delle famiglie ebree. Tanti ebrei, allora, per proteggere o nascondere le opere d’arte in loro possesso le facevano ridipingere. Rimuovere questi strati di colore senza danneggiare l’originale è una sfida per i restauratori, ma anche un lavoro che dà moltissime soddisfazioni perché permette di veder riaffiorare un disegno originale che si credeva perduto. Per rinvenire le zone ridipinte viene usata una speciale lampada UV. La curatrice ha mostrato un dipinto di Carlo Ostrogovich sul quale alcune zone sono state rifatte da un altro artista, usando uno stile diverso.

La fretta è cattiva consigliera
La curatrice ha concluso il suo intervento parlando della sua esperienza personale, soprattutto per quanto riguarda i quadri appartenenti a collezioni private. Si tratta di dipinti che per decenni erano esposti nelle case dei collezionisti, che col tempo hanno sviluppato un legame emotivo con l’immagine e sono abituati, spesso già dall’infanzia, a considerarla con tutti i suoi difetti. Rimuovere la patina giallognola della lacca o le impurità rivela un quadro diverso che spesso nei proprietari causa una reazione di incredulità e shock. Alcuni si rifiutano di accettare il dipinto nel suo aspetto originale. La regola di base del suo lavoro, ha illustrato Sekulić Ćiković, è approcciarsi sempre alle opere a mente tranquilla e senza limiti di tempo. Anche se spesso viene richiesto un intervento tempestivo, perché i quadri devono venire esposti o mandati in qualche altro museo, è necessario ritagliarsi degli spazi per non dover lavorare sotto pressione.

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