Siana attraverso i secoli: una periferia senza… centro

Il rione ha i confini chiaramente definiti da un bosco urbano e dalle vie di comunicazione moderne, ma il suo cuore storico è ancora oppresso da una sofferta pianificazione ambientale

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Siana attraverso i secoli: una periferia senza… centro
La scuola elementare rionale oggi. Foto: DARIA DEGHENGHI

Il comitato locale Šijana-Siana comprende i rioni urbani di Siana e Monteghiro e i sobborghi di Valica-Illiria, Vidrian e Vernal, che insieme si estendono su un’area pari a 3.421.918 metri quadrati popolati da poco meno di settemila abitanti (per l’esattezza 6.897). Questa è la definizione. Tutto qua? Niente affatto. La storia del quartiere è lunga tanto quanto quella dell’uomo moderno e la sua storia recente riflette praticamente tutti i drammi politici e sociali del XX secolo. Vale la pena di ripercorrerne le tappe salienti visto che un cicerone moderno molto ben documentato in storia locale del primo Novecento, David Orlović, ha da poco deliziato un pubblico di residenti con una lezione incentrata appunto sull’evoluzione urbanistica, economica e sociale del quartiere (“Siana: i segreti dell’Oriente polese”) nella scuola rionale. Anche oggi nell’immaginario collettivo dei polesi, Siana gode di una reputazione poco nobile, poco più che ancillare. I rioni d’occidente, quelli che s’affacciano o si avvicinano al mare, fanno i preziosi e si vantano della propria posizione geograficamente ed economicamente più vantaggiosa, mentre considerano gli antipodi orientali della città alla stregua di dormitori con un passato industriale o rurale e un presente poco appagante di periferia urbana commerciale. Tanti sono ancora i miti da sfatare.

Scuola popolare in via Siana sotto l’Austria.
Foto: COLLEZIONE DI DAVID ORLOVIĆ

La grotta di San Daniele
Siana è abitata fin dall’inizio delle migrazioni degli ominidi in Europa. Lo prova la grotta di San Daniele, i cui rinvenimenti archeologici più remoti risalgono addirittura al Pleistocene ossia a niente meno che 800-900mila anni fa e raggiungono l’ultima era glaciale. La sola denominazione del quartiere è decisamente latineggiante. Benché incerti sull’origine precisa del nome “Siana”, gli storici sono convinti della sua provenienza romana per analogia: tutti i toponimi istriani con terminazioni in “ana” e “ano”, come in Gallesano, Stignano e Marzana – spiega Orlović – vantano origini romane e la denominazione generalmente include il nome proprio del signore della villa e del fondo rustico di proprietà da cui la località ebbe inizialmente origine. In questo caso è possibile ipotizzare l’esistenza di un borgo detto Seianum, appartenuto a un possidente romano opulento chiamato Seius, che vi mise su una villa rustica (l’equivalente della seconda casa dei giorni nostri) da cui ebbe successiva evoluzione il sobborgo.

Il risveglio del Novecento
Siana è per definizione esterna, periferica rispetto al nucleo storico, trovandosi al di fuori (e anche a notevole distanza) della cinta muraria romana, come l’anfiteatro stesso, del resto, e via Flavia. La storia fissa i confini della sua collocazione geografica esatta nell’odierna piazza al Ponte a meridione e nella chiesa della Madonna delle Grazie a settentrione. Il Bosco Siana, che in seguito sarà chiamato Kaiserwald in onore all’imperatore asburgico, è un altro confine geografico distinto per il sobborgo che in tempi precedenti era attraversato da un corso d’acqua con foce in Riva e un ponte appunto, in piazza al Ponte. Dall’ottica “longue durée” della storiografia che predilige la lenta evoluzione dei fenomeni nel tempo ai singoli eventi di brusco dissesto, questa periferia orientale di Pola era scarsamente popolata per secoli. In pratica tra Roma e l’Austria, quando Pola venne designata principale porto bellico dell’Impero, Siana non sembra incidere minimamente sugli eventi della Bassa Istria: è come se non esistesse. Una carta catastale del 1820 – la più antica di cui abbiamo notizie sull’area rurale a settentrione dalle mure cittadine – mostra una territorio praticamente immutato durante il Medioevo, disseminato da proprietà rurali e produttive che raggiungeranno i posteri col nome di stanzie. Ma poi le cose cambiano in fretta. Dal secondo Ottocento al primo Novecento il borgo è in continuo fermento in funzione del porto e dell’arsenale. Nel 1904 parte il primo tram, che farà la corsa da viale Barsan (l’odierna via degli Statuti vecchi) al Bosco Siana. Più tardi guadagnerà ancora qualche metro di strada ferrata suburbana fino alla chiesa della Madonna delle Grazie nel 1911. La via principale che taglia il sobborgo e costituisce l’ossatura dei trasporti tranviari si chiamava allora semplicemente via Siana. Sotto l’Italia assumerà il nome di via XX settembre mentre nel 1947 le sarà attribuito il nome attuale: via della 43ª Divisione istriana.

Le prime scuole
Una cartina del 1886 non mostra ancora alcuno sviluppo urbanistico particolare, ma quella successiva, del 1905 indica già le vie degli Operai, delle Vigne che esistono tutt’oggi. Non solo, ma nel primo Novecento il sobborgo vanta ben due scuole, una fabbrica del ghiaccio (diretta da Karl Kupelwieser), impianti militari e abitazioni private. Nel 1912 il quadro è completo con tanto di ferrovia, mercato degli animali e mulino a vapore. La scuola croata è stata fondata nel 1898 dalla Družba Svetog Ćirila i Metoda e oggi non ne rimane traccia. La Scuola popolare di Siana venne fondata nel 1905 ed era una scuola italiana fondata dalla Lega nazionale. Negli anni Trenta porterà il nome di Francesco Petrarca, dal ‘47 quello di Neven Kirac. Dopo gli anni Novanta tornerà a portare soltanto il nome del quartiere urbano.

È mancata un’integrazione naturale
La caserma era in origine un magazzino di vettovaglie. Sotto l’Italia sarà la Caserma Fabio Filzi del Quinto reggimento, per cui i posteri italiani indicheranno la zona col nome di “Quinto” praticamente fino ai giorni nostri. Dal 1947 al 1990 passerà in mano all’Armata popolare jugoslava e si chiamerà “Vladimir Gortan”. Il resto è storia dei giorni nostri: negozi, uffici, palestre e birrerie occupano uno dei due edifici gemelli, mentre l’altro è finito in rovina e non si trova ancora nessuno disposto a rilevarlo e riqualificarlo. Dagli anni Novanta in qua l’area più prossima al Ponte ospita la nuova Stazione degli autobus delle tratte urbane, interurbane e internazionali. L’intera piazza porta il nome della Prima Divisione Istriana, ma secondo il giudizio di Orlović, degli urbanisti e di gran parte dei residenti, alla smilitarizzazione non è seguito un percorso di naturale integrazione dell’area nel tessuto urbano. La piazza è di fatto recintata sul lato di via Capodistria e sul lato di via della 43ª Divisione istriana la sua “permeabilità” è tutt’altro che eccellente. Inoltre gli edifici dell’ex complesso militare sono stati ristrutturati poco e male nell’arco degli ultimi trent’anni. La collocazione del parco autobus della società dei trasporti pubblici, situata a metà strada tra le due vie principali, è una soluzione urbanistica che può andare bene per l’azienda, ma non per il rione in quanto tale. Sia come sia, l’ex Quinto rimane ancora tutto da ripensare.
Nel frattempo la zona industriale è stata deindustrializzata e terziarizzata: le fabbriche di mattoni, di mobili, porte, finestre e rivestimenti in legno e lo stesso impianto di produzione del gas si sono estinti per lasciare campo ai centri commerciali di nuovo conio. L’intera zona industriale degli anni Sessanta si è di colpo terziarizzata e oggi la tangenziale nord è in pratica un viale delle concessionarie di automobili, delle filiali bancarie, delle case assicuratrici, dei centri revisioni auto, dei saloni di sanitari e naturalmente dei supermercati. Un’ampia zona ancora non edificata corre tra le vie Altura e Capodistria ma è riservata all’istruzione e ai servizi socio-sanitari: scuole, istituti di cura e riabilitazione, Case di riposo. Siana ha i confini chiaramente definiti da un bosco urbano e dalle vie di comunicazione moderne, ma il suo cuore storico è ancora oppresso da una sofferta pianificazione ambientale, dalla carenza di capitale, dalla mancanza di idee e sicuramente dalle costrizioni di una burocrazia quantomeno letargica se non completamente inerte. Insomma, senza un piano di riqualifica per il Quinto, Siana resterà sempre una “periferia senza centro”, una macchina senza cuore.

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