Musil: un’area che non finisce di sorprendere

L’ex zona militare che dal 1820 al 1990 aveva ospitato gli eserciti dei Paesi che si sono succeduti nel tempo è nota soprattutto per le sue fortezze e per i chilometri di trincee. Ma chi l’ha studiata a fondo, come il collega Paolo Gregorović, sottolinea l’esistenza di strutture interrate, di teatrini a cielo aperto ormai inghiottiti dal verde e persino di un tumulo dell’età del ferro

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Musil: un’area che non finisce di sorprendere
Chilometri di trincee a secco e in cemento. Foto: DARIA DEGHENGHI

Correva l’anno di grazia 1991. A metà dicembre di 31 anni fa l’Armata popolare jugoslava, ormai apertamente nemica, lasciava gli impianti militari di Musil e Pola. La penisola che per un secolo e mezzo era stata posseduta esclusivamente dalle forze militari, divenne così accessibile ai civili. O perlomeno in parte. All’epoca un ragazzo curioso e impavido era solito vagare per la zona militare di Stignano, ancora off limits, quando finì per imbattersi in una trincea sulla quale s’ergeva un’enorme fortezza militare mai vista prima. L’impatto fu galeotto perché da quell’incontro il ragazzo, oggi giornalista, avrebbe sviluppato una passione inestinguibile per la storia locale e la valorizzazione del territorio. Quel giovane è il giornalista Paolo Gregorović che oggi intervistiamo nel ruolo di ricercatore e storico amatore, collaboratore della Società istriana di storia.
”Dopo l’esperienza giovanile di Stignano – ci racconta – mi sono messo in cammino e nell’arco di sei anni ho setacciato tutti i colli di Pola e dell’anello con le rispettive fortezze abbandonate all’oblio. Quando poi venni chiamato io stesso al servizio di leva, nel 1998, finii proprio nella caserma di Musil che in realtà conoscevo già bene per i miei pellegrinaggi di fanciullezza. È ovvio che Musil è diversa da tutti gli altri siti militari della storia di Pola. La sua architettura bellica abbraccia un lasso di tempo piuttosto esteso, che va dal 1820 al 1990, mentre in tutti gli altri casi il ventaglio temporale delle opere militari non supera i cent’anni. Inoltre Musil è rimasta sbarrata ai civili per quasi due secoli. Si capisce che due secoli di divieto d’ingresso agli archeologi, agli storici e agli esperti di conservazione dei beni culturali rappresentano due secoli di amnesia collettiva difficili da recuperare”.

Una storia poco conosciuta
L’urbanista e storico dell’architettura Attilio Krizmanić dedicò gran parte del suo interesse di ricercatore alle opere fortificate dell’Austria, del Regno d’Italia e della RSFJ, ma ha omesso qualsiasi accenno alle epoche anteriori. Alcune informazioni si trovano invece nello Studio su Musil del 2009 a firma di un gruppo di architetti. Una campagna archeologica del 2011 è stata veloce, parziale e quindi sommaria, mentre l’anno successivo la Soprintendenza dei beni culturali della Repubblica ha avviato una propria ricerca finalizzata a catalogare le opere degne di conservazione. Ebbene Gregorović si è dato la pena di mettere a confronto i risultati di tutte queste ricerche settoriali per finire col notare un certo grado di incongruenze e imprecisioni che sarebbe stato il caso di rettificare. Ne è emersa una serie di contatti e scambi di informazioni con gli storici dei due musei (Archeologico e Storico), ma anche una collaborazione più stretta con l’Associazione regionale di storia. Con la sua ricerca, che potrebbe avere un seguito editoriale, lo storico amatore ha inteso mostrare ai polesi che la zona demilitarizzata di Musil non si esaurisce con le sue tre opere fortificate maggiori, l’edificio del Comando militare del periodo italiano e i quattro dormitori di caserma dell’epoca jugoslava. Tra la sua fitta vegetazione che ha ormai il sopravvento sugli echi di civiltà urbana e militare, Musil nasconde anche costruzioni per modo di dire minori, molto spesso solo ruderi, che in paragone con le opere monumentali finiscono sempre nel dimenticato.

Poche certezze, tanti dubbi
In primo luogo, a Musil si trova un tumulo dell’età del ferro, situato sull’altura che sovrasta il porto di Fisella. Per forma e per dimensioni associa a una costruzione affine rinvenuta a Barbariga, quella però studiata con dovizia di dettagli da Anton Gnirs nel 1906. Gran parte delle sue descrizioni sembrano calzare a pennello per il tumulo di Musil ed è un vero peccato che Gnirs ai suoi tempi non abbia avuto l’opportunità di studiare anche la penisola a meridione del porto di Pola. Nel corso della campagna archeologica del 2011 i ricercatori hanno descritto un forno che secondo il nostro interlocutore uguaglia il forno del periodo imperiale romano rinvenuto a Visola presso Medolino. Il De Franceschi nel 1719 cita il toponimo di Monte della Torre e Klara Buršić-Matijašić attribuisce al luogo un presumibile insediamento preistorico. “E questo è tutto ciò che ho trovato negli archivi a proposito del basamento a pianta semicircolare che si trova nel luogo indicato nella profondità inaccessibile della vegetazione di Musil”: che sia la pianta della torre del toponimo? Poche le certezze, tanti i dubbi. Niente che ci vieti di indagare, comunque.

La fortezza Maria Luisa
Delle tre opere fortificate austriache la più nota è Maria Luisa del 1859, che conserva al suo interno la costruzione del periodo fortificatorio precedente: il 1838. È questa la maggiore delle fortezze a pianta circolare di Pola e dell’anello, con la bellezza di 110 metri di diametro. Sia detto di passaggio che Pola conserva anche i resti di una fortezza intitolata al marito di Maria Luisa, Napoleone, sull’Isolotto di Sant’Andrea, e una intitolata al padre, Francesco I, sempre sul medesimo scoglio, ma anche quella intitolata al cugino, Francesco Giuseppe I, sull’Isola di Brioni maggiore. Dalla vetta di Maria Luisa si vedono benissimo le altre tre costruzioni inferiori (per altitudine, se non per importanza genealogica nella famiglia imperiale e regia). A Musil si trova anche la fortezza omonima, che sovrasta la penisola e svetta all’altezza di 80 metri sul mare. Quello che la rende unica è anche il fatto di essere stata usata, ricostruita e aggiornata da quattro eserciti diversi che l’hanno via via estesa in larghezza e in altezza a seconda delle proprie necessità. Nel periodo imperiale austriaco è stata edificata la fortezza a pianta circolare, nel periodo monarchico austro-ungarico le hanno affiancato una batteria a pianta semicircolare e, successivamente, una casamatta a protezione delle artiglierie. Attilio Krizmanić ricorda che durante il Regno d’Italia questa costruzione venne ribattezzata e chiamata Batteria Giovanni Vigliole. Una barriera protettiva completa è stata edificata verso ponente per una lunghezza di 400 e passa metri con una serie di bunker, magazzini e postazioni d’artiglieria collegati da una lunga catena di trincee. L’Armata popolare jugoslava ha aggiunto alle opere antecedenti un’altra costruzione d’artiglieria sotterranea, di imponente aspetto e dimensioni: si parla di bunker che scendono in profondità a 11 livelli, in collegamento con 178 gradini, in pratica l’equivalente di un grattacielo, solo che non si sale, ma si scende nelle viscere della terra. Un’altra costruzione caratteristica è la grande batteria casamatta di Fisella. In paragone a tutte queste opere fortificate, l’edificio del Comando militare è già un’opera moderna e infatti la sua costruzione risale solo al 1940.

I locali sotterranei
Piuttosto, che cosa rimane di Musil da scoprire, svelare, descrivere e far conoscere al vasto pubblico? Secondo Gregorović, certamente la bellezza di 22 locali sotterranei usati nella maggior parte come magazzini, rifugi, dormitori di fortuna o semplicemente come canali di comunicazione. Suscita un certo interesse anche l’elevato numero di caminetti da cottura all’aperto: ve ne troviamo cinque, più uno d’epoca romana e un altro ancora al chiuso ma recente (del periodo jugoslavo). Tra gli arnesi rinvenuti su siti diversi anche un certo numero di manubri per allenamenti. Ovviamente troviamo anche resti di tegole rosse del Regno d’Italia. Per i polesi una scoperta singolare è quella di un insediamento in parte interrato e nascosto dalle strutture fortificate circostanti, a pochi passi dalla costa. Nell’Ottocento dev’essere servito come polveriera, mentre nel Novecento dev’essere stato adattato ad uso abitativo, come si evince dai resti di materassi all’interno e dai camini sui tetti. Naturalmente la penisola è attraversata da chilometri e chilometri di trincee. Le più antiche sono state costruite nella tecnica del muro a secco, le altre, più recenti, sono costruite in cemento. A difesa della città e del suo porto, Musil non ebbe solo le sue fortezze e i suoi rifugi. La penisola intera è stata circondata da fil di ferro e da cavalli di frisia a protezione delle spiagge contro le navi nemiche. Uno della serie si trova ancora alloggiato sulla costa occidentale, altri sono rimasti abbandonati sulla costa orientale e ormai sono divorati dalla vegetazione.

Un passato culturale
Possibile che un complesso militare storico come quello di Musil abbia avuto anche una sua “scena culturale”? Non solo è possibile, ma è anche verosimile, ci assicura Gregorović. Lo stanno a indicare i due teatrini a cielo aperto invasi da un folto manto d’edera: uno è stato ricavato dalla foiba in cui vennero gettati i militari uccisi della Wehrmacht e l’altro è più antico, come si evince dalle tecniche di costruzione. Ma è probabile che Musil nasconda ancora qualche segreto che attende di essere svelato. Attenderemo.

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