L’arte femminile a Zagabria dall’Ottocento ai giorni nostri

Esposte le opere di 54 autrici, che coprono tutti i generi di tecniche artistiche, selezionate dalle storiche d’arte Ljerka Dulibić, Ivana Mance e Radmila Iva Janković

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L’arte femminile a Zagabria dall’Ottocento ai giorni nostri

Al Padiglione artistico della capitale è in visione la mostra “Zagabria, la città delle artiste”, che annovera opere d’arte realizzate tra il 1899 e il 2019 da donne che in un modo o nell’altro furono o sono legate a Zagabria. Alcune di loro vi sono nate, altre vi sono giunte per studiare all’Accademia delle Belle arti e in seguito vi sono rimaste per vivere e lavorare. Un altro gruppo è composto da artiste nate nella capitale, diplomatesi all’Accademia, che un periodo della loro vita hanno lavorato a Zagabria, ma che successivamente se ne sono andate per lavoro o per scelta personale in altre città o Paesi.
Pittura, scultura, video e installazioni
Il percorso espositivo presenta le opere di 54 artiste selezionate dalle storiche d’arte Ljerka Dulibić, Ivana Mance e Radmila Iva Janković, con l’obiettivo di offrire uno spaccato storico e critico dell’opus di artiste visive che hanno lasciato un’importante traccia nella vita culturale di Zagabria.
L’allestimento, che si può visitare fino al 12 aprile, è suddiviso in tre unità: la prima comprende le generazioni di artiste attive fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale; la seconda presenta le opere di autrici che hanno iniziato la propria attività artistica dopo il secondo conflitto mondiale, mentre la terza è entrata in scena all’inizio degli anni Settanta e molte di loro sono attive ancora oggi. L’esposizione si compone di 73 opere e copre tutte le tecniche artistiche, dalle classiche pittura e scultura ai metodi contemporanei di espressione quali videoperformance e installazioni sonore e quelle video.
L’inclusione delle donne
Sono centinaia le artiste che operarono a Zagabria dalla seconda metà del XIX secolo a oggi, di cui molte sono rinomate e valorizzate, mentre un numero non indifferente di loro è caduto nel dimenticatoio, non è valorizzato come merita o è stato messo in disparte.
L’attività artistica delle donne nel XIX e nei primi decenni del XX secolo è definita in particolar modo da una relazione asimmetrica tra la sfera pubblica e quella privata, come rilevato da Ljerka Dulibić. L’inclusione delle donne nell’espressione creativa e la loro partecipazione attiva nella storia della creatività artistica, non soltanto come artiste bensì pure come sostenitrici e finanziatrici, nonché collezioniste di opere d’arte, è impossibile da analizzare senza prendere in considerazione la distinzione tra le categorie di pubblico e privato.
Meritano più visibilità
“Tradizionalmente, alla sfera pubblica vengono attribuiti i termini come razionale, logico, attivo, oggettivo, il principio maschile, mentre la categoria del privato è definita come irrazionale, emotiva e passionale, passiva, soggettiva e femminile – spiega Dulibić –. Questa dicotomia si evidenzia e concretizza nelle opere selezionate di artiste attive a cavallo tra il XIX e il XX secolo, indicando gli elementi essenziali del processo di instituzionalizzazione e professionalizzazione dell’attività artistica delle donne e l’incremento della loro visibilità in pubblico, dall’espressione creativa attraverso il ricamo e altre forme di manufatti tessili come forme artistiche ‘femminili’ nella privacy della propria casa fino alla presentazione della propria personalità pittorica o scultorea a un vasto pubblico. Le opere presentate alla mostra dimostrano diversi aspetti e sfumature in questo processo, in cui si disgregano non soltanto i limiti, bensì pure l’apertura della sfera pubblica nella quale le artiste vivevano, lavoravano e agivano”.
Apprezzate dai contemporanei
La città di Zagabria è la cornice sociale, spaziale e culturale in cui le artiste operavano e si presentavano. La possibilità di istruirsi e l’apertura degli spazi espositivi zagabresi, in particolare del Padiglione artistico, alla presentazione della recente produzione artistica delle donne erano delle condizioni elementari per l’affermazione delle artiste.
“Questo percorso espositivo propone le opere di artiste attive alla fine del XIX e nei primi decenni del XX secolo il cui opus era apprezzato e conosciuto già dai loro contemporanei – rileva la storica d’arte –. Zagabria e i suoi cittadini, i visitatori di mostre e gli acquirenti delle loro opere, i critici e il pubblico, seguivano attivamente l’attività artistica di queste donne, hanno contribuito alla loro affermazione e hanno reso celebri alcune di loro”.
Tra avanguardia e modernismo
Questa sezione della mostra propone opere di Anka Bestall, Slava Raškaj, Lina Crnčić Virant, Nasta Rojc, Mila Wod, Sonja Kovačić-Tajčević, Anka Krizmanić, Vera Nikolić Podrinska, Zdenka Ostović Pexidr Srića, Nevenka Đorđević e Ivana Tomljenović Meller. Dal punto di vista dell’espressione artistica, si tratta di opere che riflettono un gusto accademico, caratteristico dell’arte visiva croata dell’epoca, in cui generalmente non si riscontrano, salvo in qualche particolare, gli elementi caratteristici dei movimenti d’avanguardia (l’espressionismo, il fauvismo, il cubismo, ecc.) che si diffondevano in Europa nello stesso periodo.
Nel secondo dopoguerra, invece, la situazione cambia e la scena artistica negli anni Cinquanta e Sessanta abbraccia il modernismo, che permetteva un vasto raggio di possibilità stilistiche e concetti estetici – da diversi tipi di espressione figurativa a vari tipi di astrattismo. Come spiega Ivana Mance, la generazione di artiste del secondo dopoguerra formerà la propria mentalità artistica in un ambiente culturale definito da due paradigmi ideologici: il modernismo e il socialismo, i quali non prenderanno in considerazione le differenze di genere. Dopo un breve periodo in cui lo stile artistico della nuova società viene modellato sui principi del realismo socialista, all’inizio degli anni Cinquanta il modernismo diventa l’unico campo stilistico in cui si svolgerà la produzione artistica.
Emancipazione culturale
“L’universalità del modernismo, basato sulla sovranità del soggetto creativo e sulla proclamazione stilistica dell’opera d’arte, corrispondeva all’universalità dell’emancipazione di classe nel socialismo – rileva Ivana Mance –. Nel campo della cultura e dell’arte la parità dei sessi era sottintesa. Questa era particolarmente apprezzata nel campo dell’arte visiva, in cui le donne dell’epoca moderna hanno dovuto attendere davvero a lungo per poter occuparsi professionalmente di arte. Nel periodo tra il 1950 e il 1970, le donne diplomate all’Accademia di Belle arti di Zagabria componevano il 30 per cento del numero complessivo di diplomati. Le artiste hanno ora la possibilità di perfezionarsi in laboratori specialistici o all’estero, di partecipare alle mostre e a concorsi pubblici, di usufruire di diritti sociali e materiali in base alla loro attività artistica (l’assicurazione sanitaria e pensionistica, il sistema di ottenimento di uno studio, agevolazioni per l’acquisto del materiale di lavoro, la prassi dell’acquisto delle opere da parte dello Stato, i premi, ecc.), fattori che erano senza dubbio motivo di soddisfazione”.
Il mondo della scultura
Le artiste attive nel secondo dopoguerra si inseriscono in un campo artistico fino a quel momento quasi esclusivamente riservato agli uomini: la scultura. Il merito principale per lo sviluppo della forma scultorea moderna va a Ksenija Kantoci (1909 – 1995), che continuerà a elaborare questa sua visione durante tutta la sua carriera. Le pittrici, invece, si allontaneranno gradualmente dal figurativo per dedicarsi alle diverse forme di arte astratta.
A questa generazione appartengono Marta Ehrlich, Mila Kumbatović, Melita Bošnjak, Miranda Morić, Milena Lah, Vera Josipović, Vesna Sokolić, Borka Avramova, Vera Fischer, Vera Dajht Kralj, Tonka Petrić, Biserka Baretić, Marija Ujević, Goranka Vrus Murtić, Nives Kavurić Kurtović, Zdenka Pozaić e Nevenka Arbanas.
Nonostante lo status di maggiore parità nella sfera pubblica del quale godevano le donne nell’ex Jugoslavia, è un dato di fatto – come rilevato da Radmila Iva Janković – che i gruppi della neoavanguardia, nati a Zagabria negli anni Cinquanta e Sessanta (tra questi il rinomato gruppo Gorgona) non annoveravano nemmeno una donna tra le loro file.
Il 1968, un anno spartiacque
“Il rivoluzionario 1968 viene di solito considerato l’anno spartiacque in cui gli eventi social politici su scala globale, segnati dalle rivolte studentesche, portarono anche nell’arte un taglio radicale con i valori estetici tradizionali dell’alto modernismo – rileva Radmila Iva Janković -. Nell’arte si fa sempre più strada la tendenza di mettere sullo stesso piano l’atto artistico e la vita reale. A questo fine, le artiste utilizzano la fotografia e il video, i film e i testi, il proprio corpo nelle performance, i media nei quali parlano della loro posizione nella società, della repressione sociale, dei loro desideri, traumi, ricordi e, per la prima volta, della lotta per la parità dei sessi”. Anche se il movimento femminista inizia negli anni Sessanta, soltanto all’inizio degli anni Settanta nell’arte si osservano i primi segni di consapevolezza femminista. Nel 1972 il numero di artiste che si identificano come femministe subisce un notevole aumento.
Ljerka Šibenik e la new wave
“Ma bisogna fare un passo indietro – prosegue Radmila Iva Janković –. L’evento svolta nell’arte croata sono la mostra ‘Hit-parada’ e l’happening che si è tenuto in maniera spontanea nella Galleria del centro studentesco nel 1967. Tra gli artisti, che all’epoca venivano definiti ‘novi plastičari’, c’è anche una donna, Ljerka Šibenik. Questa artista innovativa, che si è formata nell’ambito del movimento Nuove tendenze (1961-1973), rimarrà segnata nella storia dell’arte croata come precursore della new wave, in quanto nella sua breve ma intensa attività ha compiuto due passi radicali: è passata dal dipinto al dipinto-oggetto tridimensionale e, come culminazione del suo opus, nel 1968 nella Galleria di arte contemporanea ha esposto due ambienti nei quali elimina lo spazio illuminandoli con luce ultravioletta dalla quale emergono oggetti bianchi che indirizzano il movimento dei visitatori”.
Oltre a Ljerka Šibenik, a questo gruppo di artiste appartengono anche Sanja Iveković, Jadranka Fatur, Vesna Popržan, Breda Beban, Nina Ivančić, Zvjezdana Fio, Dubravka Rakoci, Vlasta Delimar, Vesna Pokas, Kata Mijatović, Amela Frankl, Ksenija Turčić, Mirjana Vodopija, Vlasta Žanić, Kristina Leko, Božena Končić Badurina, Edita Schubert, Marijana Muljević, Magdalena Pederin, Nika Radić, Ivana Franke, Martina Mezak, Ana Hušman e Andreja Kulunčić con il collettivo ISTE.

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