Cissa, l’Atlantide di Pago

Sebastian non stava nella pelle. Fresco di laurea, era diventato parte di un team di archeologi che avrebbero effettuato una serie di ricerche in quella che in tempi antichi era la più ricca e potente cittadina dell’isola

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Cissa, l’Atlantide di Pago
Il team di archeologi greci impegnati negli scavi a Caska. Foto: Filip Brala/PIXSELL

Sebastian era immerso nei suoi pensieri, mentre si trovava alla guida della sua vecchia Land Rover dacappottabile ereditata dal nonno paterno. Aveva deciso di non unirsi al suo team, ma di raggiungere la loro destinazione per conto proprio. Così poteva riflettere in tutta tranquillità e prepararsi psicologicamente per il suo primo vero impegno lavorativo. Aveva ventisette anni ed era uno spirito libero, a cui non piacevano “catene” di alcun tipo. Era forse questo il motivo per cui aveva scelto di studiare archeologia e diventare professionista del mestiere, potenzialmente viaggiare per il mondo e fare ricerche, scoprire magari cose nuove, che sarebbero entrate nella bibliografia relativa a quella che lui considerava una scienza meravigliosa. Chissà dove lo avrebbe portato, un giorno, il suo lavoro. Per il momento, ora che aveva una fresca laurea in mano, non troppo lontano da casa sua. Dopo averla conseguita, Sebastian si era messo subito alla ricerca di un’occupazione. Si sa che nella vita, tutto (o quasi) dipende spesso dalla fortuna, dal trovarsi nel luogo giusto al momento giusto, e lui in quel caso ne aveva avuta parecchia. Non per nulla i suoi amici d’infanzia sostenevano fosse nato con la camicia. La sua fortuna era stata l’aver trovato un lavoro al primo tentativo, ma era stato il particolare periodo in cui aveva risposto a quell’annuncio trovato in Rete, ad avergli favorito la sorte. Era estate e un team di geologi greci stava cercando professionisti nel campo dell’archeologia, preferibilmente originari del Paese, ancor meglio se nativi del posto, per effettuare una serie di ricerche relative a potenziali nuove scoperte su Cissa, antica cittadina romana, affondata nel IV secolo presumibilmente in seguito a un terremoto e poggiante tuttora sui fondali marini di quella che oggi è nota come Caska, piccola località del versante settentrionale dell’isola di Pago.

Sebastian aveva studiato in Italia, ma era originario di Fiume. Dalla parte della madre, però, proveniva proprio da quest’isola dell’Adriatico, la cui specificità geologica lo aveva sempre molto affascinato. Amministrativamente parlando, oggi appartiene in parte alla Regione zaratina e in parte a quella della Lika e di Segna. Era forse questo il motivo per cui le località settentrionali in rapporto a quelle meridionali dell’isola si stavano sviluppando in maniera diversa, soprattutto dal punto di vista turistico: le prime di più e le seconde un po’ meno. Erano dati di fatto a cui il giovane archeologo fresco di laurea aveva pensato più volte, mentre trascorreva lì le sue estati, prima da bambino, poi da ragazzo e ora da uomo appena affacciato al mondo adulto. I suoi erano di Novalja, località che doveva la sua fortuna allo stabilimento di Zrće, noto ormai in tutto il mondo per i festival di musica rave e i party estivi in spiaggia al ritmo dei beat. Gli stessi avevano favorito negli anni un repentino sviluppo turistico della cittadina, con conseguente (esagerata) cementificazione volta a venire incontro ai sempre più numerosi affittacamere, che dal canto loro, tentavano di soddisfare la crescente richiesta di posti letto. Se prima questo non gli dispiaceva affatto e assieme ai suoi amici era un habitué dei pary in spiaggia, oggi Sebastian si rendeva conto di quanto tutto questo stava diventando dannoso, soprattutto per la natura circostante, così meravigliosa.
Nonostante si trovasse a due passi da Novalja, Caska (in passato appunto Cissa), era invece tutto un’altra storia. La piccola località aveva infatti saputo mantenere, almeno fino a quel momento, un ambiente naturale quasi intatto, soprattutto nella sua parte affacciata al mare, con quel suo vecchio porticciolo situato nel cuore dell’omonima baia, il quale sembrava uscito dagli affascinanti racconti di sua nonna, che da piccolo ascoltava rapito. Sebastian se li ricordava a uno a uno.
Era forse grazie a quelli che aveva amato sin da subito quel pezzo di isola, la cui spiaggia di ciottoli attirava, come in passato e così ancora al giorno d’oggi, tantissimi bagnanti. Una delle storie preferite, che da bambino si era fatto raccontare più volte, riguardava proprio Cissa, che nel suo immaginario aveva l’aspetto di una piccola Atlantide, leggenda a cui era appassionato da sempre. Ancora adesso non gli era chiaro se tutti quei racconti erano stati soltanto frutto dell’immaginazione di sua nonna, che era venuta a mancare quando lui era ancora adolescente. Sta di fatto, che erano stati decisivi nella scelta dei suoi studi universitari. Oggi, dopo aver esaminato tutto quanto c’era a disposizione sia in Internet che sugli scaffali bibliotecari, riguardo al territorio, aveva capito quanta verità c’era in ciò che gli raccontava sua nonna.
Grazie al suo ricco passato, la baia di Caska era particolarmente attraente per gli appassionati di archeologia, storia e fenomeni legati a epoche lontane. Al posto dell’odierna località una volta sorgeva appunto Cissa, cittadina romana, affondata secondo i ricercatori, nel IV secolo in seguito a un devastante sisma. Immergendosi, è possibile tuttora scorgerne i resti, poggianti sul fondale marino. Leggenda racconta che Cissa, nota anche come Kisa, ai tempi ricca e celebre località di Pago, affondò dopo che un angelo, mandato in terra da Dio per trovarvi una buona anima, incontrò Bona, alla quale ordinò di fuggire immediatamente da quella cittadina che stava per essere colpita da un potentissimo terremoto.
Sebastian si era ricordato di quel racconto trasmessogli dalla sua amata nonna, mentre stava parcheggiando in riva al mare, dove avrebbe atteso l’arrivo dei suoi colleghi ricercatori. I loro studi si sarebbero concentrati sui resti della chiesetta medievale di San Giorgio, che sovrastavano il posto, e in seguito su quelli di una villa romana, individuati per puro caso da alcuni operai impegnati in alcuni lavori di scavo.
Non stava nella pelle…

Uno dei ricercatori.
Foto: Filip Brala/PIXSELL
La documentazione usata durante gli scavi archeologici.
Foto: Filip Brala/PIXSELL

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