Referendum. Le firme al Sabor Bošnjaković: «Quesiti inaccettabili»

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Referendum. Le firme al Sabor Bošnjaković: «Quesiti inaccettabili»

ZAGABRIA | A Zagabria l’Iniziativa civica “Il popolo decide” ha consegnato nella sede del Parlamento le firme raccolte a sostegno dell’iniziativa referendaria tesa a modificare il sistema elettorale e in particolare a ridurre il numero e le prerogative dei deputati delle minoranze nazionali. Il ministro della Giustizia, Dražen Bošnjaković, ha sottolineato a questo proposito che dopo la consegna delle firme a sostegno dell’iniziativa referendaria scatta il procedimento teso ad accertare il numero esatto delle sottoscrizioni valide. Il ministro ha rilevato inoltre che molto probabilmente spetterà alla Corte costituzionale il compito di appurare se i quesiti referendari siano in linea con i dettami della Costituzione. In quest’ambito Dražen Bošnjaković si è detto convinto che entrambi i quesiti siano assolutamente inaccettabili. Il ministro della Giustizia ha dunque ribadito il parere negativo sul referendum lesivo dei diritti minoritari, già espresso dal premier Andrej Plenković e da altri esponenti della maggioranza di governo.

Come puntualizzato dal ministro della Giustizia spetta al governo il compito di verificare la validità delle firme raccolte dall’Iniziativa civica. Poi dovrebbe essere il Sabor a inviare al vaglio della Corte costituzionale i due quesiti referendari. Oltre all’opposizione di centrosinistra, anche i principali esponenti della maggioranza di governo hanno già ribadito di considerare dannosi e incostituzionali i quesiti sulla modifica del sistema elettorale.

Decine di scatoloni

Ha avuto anche un sapore folcloristico la “cerimonia” di consegna delle firme al Sabor, in quanto a reggere gli scatoloni c’erano anche attivisti in costumi nazionali e altri con palloncini colorati. I rappresentanti dell’Iniziativa civica hanno consegnato al segretario del Sabor Davor Orlović, 38 scatoloni contenenti 405.342 firme per il primo quesito riguardante le modifiche al sistema elettorale e 407.469 firme per il secondo quesito relativo ai deputati delle minoranze nazionali, che si prefigge di togliere ai parlamentari minoritari la possibilità di votare la fiducia al governo e la Finanziaria. Natalija Kanački del Comitato organizzatore ha dichiarato che “Il popolo decide” si aspetta che le firme vengano contate nelle stesso lasso di tempo che i promotori della consultazione hanno speso per conteggiarle, ovvero due settimane. Alla domanda su come sia possibile che, una volta terminata la raccolta delle firme, il numero annunciato inizialmente sia stato di molto inferiore a questo finale, l’attivista ha risposto: “Semplice, per ricevere i quaderni contenenti le firme da Ragusa (Dubrovnik) o da Meleda (Mljet), ci vogliono diversi giorni. Una volta raccolti tutti gli scatoloni abbiamo contato ogni quaderno, ogni firma e le statistiche le abbiamo fatte da soli”, ha tentato di chiarire la Kanački, la quale a voluto ribadire che “i quesiti referendari sono stati studiati insieme a esperti costituzionali e quindi sono in perfetta sintonia con la Costituzione”.

Minoranze nazionali

Alla domanda se il secondo quesito referendario violi il principio di uguaglianza, Dominik Knezović, del Comitato organizzatore, ha affermato che “la sentenza della Corte Costituzionale del 2011, ha ribadito che è il legislatore a decidere se i mandati delle minoranze nazionali debbano essere messi sullo stesso piano dei mandati degli altri deputati. Pertanto non si tratta di una questione predeterminata, ma è il Sabor, in questo caso i cittadini attraverso quest’iniziativa, che hanno la facoltà di decidere”. A chi li accusa di volere dividere i deputati in parlamentari di serie A e di serie B, Knezović ha negato. “Riteniamo necessario distinguere tra i deputati ai seggi specifici delle etnie e i parlamentari che hanno ottenuto una maggiore legittimità da parte dei cittadini dal momento che sono eletti nella lista generale e hanno ricevuto un numero di voti di gran lunga superiore indipendentemente dalla loro nazionalità. Per quanto riguarda la legittimità dei deputati delle minoranze nazionali fanno fede i loro risultati alle elezioni. Quasi l’80 p.c. degli appartenenti alle minoranze nazionali non esprime il voto etnico, per i propri rappresentanti minoritari, ma il voto politico per i partiti. Questo è l’indicatore migliore per capire cosa le minoranze pensino dei loro rappresentanti al Sabor”, ha dichiarato l’attivista. La sua collega Sanja Bilač ha sottolineato che “lo Stato deve avere cura delle questioni nazionali e garantire alle minoranze tutti i diritti”.

Il nemico numero 1

Sanja Bilač ha poi puntato l’indice contro il leader dell’SDSS Milorad Pupovac. “Egli rappresenta meno del 14 p.c. dei serbi che vivono in Croazia. La domanda sorge spontanea: come può essere il loro legittimo rappresentante?. Come può essere un rappresentante dello Stato se pone condizioni allo stesso dicendo che se viene indetto il referendum lui esce dal governo?. Pupovac è il nemico n.1 delle minoranze nazionali e grazie al referendum le minoranze torneranno a respirare a pieni polmoni”, ha concluso.

Il Sabor spaccato

Tra i deputati al Sabor si sono potute registrare ieri opinioni contrastanti sulla costituzionalità dei quesiti referendari proposti da “Il popolo decide”. Robert Podolnjak (Most), uno degli esperti consultati dall’Iniziativa civica, ha ribadito che a suo avviso “i quesiti sono conformi alla Costituzione”. 

«Regolare lo status dei deputati»

Per quanto riguarda il secondo quesito, secondo Podolnjak non si tratta di ridurre i diritti delle minoranze nazionali “ma di regolare lo status dei loro deputati”. “I diritti delle minoranze che sono regolati dalla Costituzione e dalla Legge costituzionale sui diritti delle comunità nazionali e altre leggi non vengono lesi in alcun modo. L’unica cosa che cambia è l’introduzione della limitazione, per questi otto parlamentari, di decidere su due sole questioni ovvero la fiducia al governo e il voto sul bilancio, perché questi due punti sono strettamente legati alle elezioni anticipate”, ha dichiarato Podolnjak
Il deputato socialdemocratico Peđa Grbin ha rilevato che già la prossima settimana si riunirà la Commissione per la Costituzione per discutere dei quesiti referendari. Per il deputato polese la questione è chiara: “La Costituzione afferma che la Croazia è lo Stato del popolo croato e delle minoranze etniche che vivono sul suo territorio”. 

Un quesito discriminatorio

“Se la Repubblica di Croazia è anche lo Stato delle minoranze nazionali, allora io non vedo come, in conformità con la Costituzione, una parte dei cittadini che vivono e pagano le tasse nella Repubblica di Croazia, per il solo fatto di essere di un’altra nazionalità, possa perdere i propri diritti, come il diritto di decidere su chi sarà a capo del governo e sul bilancio”, ha dichiarato Grbin, secondo il quale “un quesito che punta a togliere i diritti ai cittadini in base alla loro nazionalità è chiaramente discriminatorio”. “E inoltre non è conforme a una serie di atti internazionali, come la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e nemmeno alla Costituzione della Croazia e, come tale, in uno Stato moderno e democratico non può essere accettabile. Non vedo in che modo la Corte costituzionale possa decidere diversamente”, ha concluso il parlamentare dell’SDP.

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